È uscita la sesta puntata di AntiCorpi, Com’è nato il femminismo italiano? Il femminismo oggi. Puoi ascoltarla su Apple Podcasts, Google Podcasts e Spotify.
Il 14 gennaio 2011 i pm cominciarono a perquisire il residence di via Olgettina, di proprietà di Silvio Berlusconi, dando il via allo scandalo noto come “Bunga bunga”. Un mese dopo, il movimento femminista Se non ora quando? portò in piazza a Roma più di un milione di persone per protestare contro il maschilismo della politica italiana. Molte persone in Italia salutarono quei momenti come una rinascita del femminismo nel nostro Paese.
A otto anni di distanza, Se non ora quando? non è riuscito a tenere assieme la rete dei numerosi comitati e il movimento si è spaccato, anche per via della discussione sulla maternità surrogata. C’è anche da dire che il suo successo era favorito da quel sentimento antiberlusconiano che riuniva tutta la sinistra e che, come si è visto anche per altre questioni, con la caduta del Cavaliere è venuto meno. Questo però non significa che sia stato un movimento di poco conto, anzi. In un certo senso, ha anticipato un risveglio dei movimenti delle donne in tutto il mondo, quello che prende il nome di “quarta ondata femminista”.
La quarta ondata femminista ha due caratteristiche: una vocazione intersezionale e l’uso di internet come strumento di mobilitazione. L’idea che il femminismo sia intersezionale ribadisce l’esistenza di una sovrapposizione tra le varie forme di oppressione, cioè tra genere, orientamento sessuale, razza, classe sociale e normoabilità. Per quanto riguarda il web è indubbio che, a partire dal 2014, il femminismo abbia conosciuto una vera e propria esplosione grazie alle potenzialità di connessione offerte dalla rete, e in particolar modo dei social network.
Tra il 2014 e il 2018 sono successe molte cose importanti che hanno riguardato in prima persona le donne: il primo attacco di terrorismo misogino da parte di Eliot Rodger, il Gamergate, il rapimento delle studentesse di Boko Haram, le campagne HeForShe e “Free the Nipples”. Sempre in quell’anno sono emerse le accuse di stupro contro Bill Cosby ed è stato pubblicato il famoso video 10 Hours of Walking in NYC as a Woman, in cui una donna si è filmata mente camminava per la città ricevendo continue molestie e catcalling. La spinta più importante al movimento femminista l’ha però data l’elezione di Donald Trump nel 2016, e la successiva Women’s March di Washington del 21 gennaio 2017. Proprio il 2017 è stato caratterizzato da vari movimenti antimolestie, come gli statunitensi #MeToo e Time’s Up e #quellavoltache in Italia.
Tornando al 2015, questo è stato un anno importante anche per quello che è successo in Sudamerica, con il femminicidio della quattordicenne Chiara Paez, in Argentina. Centinaia di migliaia di persone sono scese in piazza a Buenos Aires e in altre città per protestare contro la violenza machista, al grido di “Ni una menos”, Non una di meno. Il 19 ottobre hanno indetto uno sciopero generale, al grido dello slogan: “Se non valiamo, allora non produciamo”. Le donne hanno incrociato le braccia per un’ora al giorno contro il fenomeno del femminicidio che, a detta loro, è “il punto più alto di una trama di violenze che include lo sfruttamento, la crudeltà e l’odio per le diverse forme di autonomia femminile”. Non una di meno è poi arrivato anche in Italia, dopo la morte di Sara di Pietrantonio, una studentessa di 22 anni bruciata viva dal compagno a Roma. Il 26 novembre, a ridosso della giornata mondiale contro la violenza sulle donne del 25 novembre, Non una di meno ha organizzato una manifestazione a Roma, riunendo più di 250mila persone.
Oggi, Non una di meno, con il suo femminismo intersezionale, militante e col pugno alzato, rappresenta la miglior risposta possibile a chi accusa il movimento femminista di essere ormai superato. In un Paese in cui quasi 7 milioni di donne hanno subìto una qualche forma di violenza fisica o sessuale nel corso della propria vita, questo è più che mai necessario.