Le più grandi compagnie del mondo stanno abbandonando gli accordi con la Russia. Eni cosa fa? - THE VISION
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Aggiornamento del 02/03/2022, 16:03: Un portavoce di Eni ha dichiarato che la società intende procedere alla cessione della propria quota della partecipazione congiunta e paritaria con Gazprom nel gasdotto Blue Stream. 

Shell ha annunciato che abbandonerà tutte le sue operazioni russe, interrompendo le joint venture con Gazprom e il coinvolgimento nel progetto Nord Stream 2. È solo l’ultima delle compagnie energetiche occidentali che dopo l’invasione dell’Ucraina da parte delle truppe russe ha deciso di rispondere a Putin troncando i rapporti con Mosca.

A dare i primi segnali sono stati BP, una delle quattro più grandi multinazionali dell’energia al mondo, e il fondo sovrano norvegese, che hanno deciso rispettivamente di abbandonare la partecipazione azionaria in Rosneft, compagnia energetica russa, e di disinvestire dalla Russia. Le due aziende sono state seguite a stretto giro da Equinor, colosso statale norvegese dell’energia, che ha dichiarato che cesserà i propri investimenti in territorio russo e si ritirerà dalle joint venture nel Paese.

La maggior parte delle esportazioni russe dipendono infatti dal gas e dal petrolio, e ed è proprio in ambito energetico che le imprese occidentali cercano di accodarsi alle sanzioni imposte dall’Unione europea e da altri Paesi alla Russia, ma non è facile.

In Italia Eni, che non ha ancora espresso alcuna posizione riguardo a una possibile interruzione dei rapporti con la Russia, opera per esempio nel Paese dagli anni Sessanta e partecipa con il 50% al gasdotto sottomarino Blue Stream, con una capacità di trasporto di 16 miliardi di metri cubi all’anno. La società importa il 30% di gas naturale da Gazprom. Accompagnato dall’ad di Eni, ieri il ministro degli Esteri Luigi di Maio ha svolto una visita in Algeria per contrattare l’aumento della fornitura di gas dal Paese.

L’Italia importa circa il 95% del gas che consuma e oltre il 40% proviene dalla Russia. Stando alle parole del premier Mario Draghi, il Paese “ha ancora 2,5 miliardi di metri cubi di gas negli stoccaggi e l’arrivo di temperature più miti dovrebbe comportare una significativa riduzione dei consumi da parte delle famiglie”. Eppure questa dipendenza cronica, frutto di decenni di una strategia di accordi commerciali con la Russia di Putin, lascia non solo Eni ma l’intero Paese in una posizione difficile. 

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