Elon Musk può comprarsi tutto quello che vuole, tranne la vita dei suoi dipendenti - THE VISION
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Mentre, tra la giornata di giovedì 17 e venerdì 18 novembre, si moltiplicavano le dimissioni dei dipendenti di Twitter dopo l’ultimatum di Elon Musk, con cui si  imponeva a tutti i lavoratori di scegliere se concedersi “fino in fondo, incondizionatamente”, lavorando “lunghe ore e ad alta intensità” o “andarsene”, sul social sono finiti in tendenza hashtag come #TwitterOFF, #TwitterMigration, #TwitterDown, #RIPTwitter, per paura che l’assenza di alcuni tecnici o ingegneri dimissionari potesse compromettere il funzionamento della piattaforma, mandandola offline. Fra i dipendenti licenziati in questi giorni, infatti, ci sono figure chiave – sviluppatori, ingegneri, esperti di privacy e dirigenti – che hanno lasciato scoperte intere aree e servizi essenziali, rendendo difficile la gestione del sistema e sempre più incerta la sopravvivenza del social. La grande quantità di dimissioni – Fortune parla di almeno mille dipendenti dei 3.500 circa rimasti, già dimezzati dopo il licenziamento predisposto da Musk – ha così spinto la società a optare per la chiusura degli uffici e la sospensione di tutti i sistemi di accesso agli edifici aziendali fino a oggi.  

Nella email inviata a mezzanotte di mercoledì scorso, 16 novembre, Musk spiegava ai dipendenti che “per costruire un innovativo Twitter 2.0 e avere successo in un mondo sempre più competitivo, dovremo essere instancabili. […] Solo le prestazioni eccezionali consentiranno di accedere agli avanzamenti di carriera”. La lettera si concludeva con la possibilità di rispondere “Sì” alla richiesta di adesione al nuovo piano. In assenza di risposta affermativa, il lavoratore sarebbe stato licenziato, con tre mesi di stipendio pagati come liquidazione. Ogni dipendente aveva tempo fino alle 17 di giovedì 17 novembre per rispondere al sondaggio. Meno di 20 ore dopo, già centinaia di loro avevano deciso di non rispondere e quindi, implicitamente, di licenziarsi. In molti hanno utilizzato proprio Twitter per dare l’annuncio. “Potrei essere eccezionale, ma non sono disposto a tutto”, ha twittato Andrea Horst, ex supply chain manager di Twitter.

“Le persone migliori hanno scelto di rimanere, quindi non sono così preoccupato”, ha scritto Musk in un tweet. Peccato che lui stesso, negli ultimi giorni, dopo aver licenziato quasi la metà dei dipendenti totali, sia stato costretto a richiamare alcuni di loro licenziati – a detta sua – “per errore” o perché rivelatisi, quando ormai era tardi, insostituibili. Inoltre, secondo fonti interne all’azienda, sembra che Musk sia rimasto sorpreso dalla decisione di un numero così elevato di dipendenti di lasciare l’azienda. Per questo, giovedì scorso, il nuovo proprietario di Twitter ha inviato un’ulteriore email in cui ritrattava sull’obbligo di lavorare solo in presenza, che aveva reintrodotto poco dopo il suo arrivo e con pochissimo preavviso: “Tutto ciò che è richiesto per l’approvazione – dello smart working – è che un dirigente si assuma la responsabilità di assicurare che stiate dando un contributo eccellente all’azienda”. Solo una settimana fa aveva invece dichiarato che tutte le richieste di lavoro da remoto sarebbero dovute passare da lui per essere autorizzate. 

Tutto questo accade in una delle aziende più all’avanguardia dal punto di vista del lavoro agile: nel maggio 2020, infatti, la notizia della possibilità, per chi volesse, di lavorare “per sempre” da casa, lanciata dal fondatore ed ex CEO di Twitter, Jack Dorsey fece il giro del mondo. Il suo successore, Parag Agrawal aveva poi ridimensionato la portata della decisione, lasciando comunque la possibilità ai dipendenti di decidere se e con quale frequenza tornare in ufficio, ma sottolineando le difficoltà e le sfide che attendevano l’azienda, che avrebbero reso la modalità 100% smart working più complicata da attuare.

Jack Dorsey

I problemi che deve affrontare ora Musk non vengono però solo dall’interno: sempre giovedì 17 un gruppo di senatori Democratici ha chiesto alla Federal Trade Commission (FTC), di indagare su eventuali violazioni degli accordi, firmati da Twitter con l’agenzia nel 2011, sulla tutela dei dati degli utenti. La richiesta è arrivata dopo gli ultimi sviluppi interni che, secondo esperti ed ex dipendenti, potrebbero compromettere la sicurezza del sistema e la privacy degli utenti. La settimana precedente la FTC era già intervenuta, affermando che “Nessun amministratore delegato o azienda è al di sopra della legge” e che nel caso in cui il modo in cui Elon Musk intende modificare Twitter dovesse violare l’ordine dell’agenzia, potrebbe dover affrontare gravi conseguenze.

Che Musk sia un personaggio imprevedibile e che il suo social – acquistato per 44 miliardi di dollari – sia attualmente nel caos, è dimostrato anche dal fatto che nell’arco di una sola settimana l’imprenditore statunitense ha rivisto o rinviato l’integrazione di alcune nuove funzionalità, come la possibilità per chiunque di ottenere la spunta blu per i profili certificati pagando 8 dollari al mese. Dopo l’attivazione nei Paesi anglofoni dell’abbonamento Twitter Blue si sono creati però diversi problemi e inconvenienti, fra cui la pubblicazione di tweet insensati o contenenti informazioni false da parte di finti account aziendali o istituzionali, che hanno scatenato il panico per diverse ore. Si andava da George W. Bush che twittava “Mi manca uccidere in Iraq” a Nintendo che postava una foto di Super Mario che fa il dito medio, fino all’affermazione della casa farmaceutica Eli Lilly and Company che ha scritto di avere iniziato a distribuire insulina gratis, destando grande scalpore. Alla fine è stato lo stesso Musk a intervenire sulla questione, dichiarando che l’abbonamento dovrebbe essere rilanciato ufficialmente il 29 novembre, ma le dimissioni di massa degli ultimi giorni rendono tutto di nuovo incerto.

Non contento, il multimiliardario ha deciso di riabilitare alcuni account sospesi dalla precedente proprietà, in nome della libertà di parola. Tra gli altri, venerdì scorso sono stati riattivati i profili dell’autore Jordan Peterson, che era stato sospeso a luglio per una serie di tweet transfobici indirizzati all’attore Elliot Page, e quello del sito di satira The Babylon Bee, disabilitato sempre per un tweet transfobico nei confronti di Rachel Levine, sottosegretaria per la Salute degli Stati Uniti. La decisione più controversa e sensazionale è stata però la riammissione sulla piattaforma dell’ex presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, a seguito dell’esito positivo (51,8% dei votanti) di un sondaggio indetto da Musk in persona sul suo profilo, a cui hanno preso parte oltre 15 milioni di utenti. “Il popolo ha parlato”, ha scritto il CEO per commentare il risultato e giustificare la sua scelta. Trump, che ha annunciato pochi giorni fa la sua ricandidatura alla Casa Bianca, e che è passato in poche ore dalla sua riammissione sul social da 25 a oltre 85 milioni di follower, ha dichiarato che, al di là dell’esito, non tornerà su Twitter e rimarrà sulla sua piattaforma TRUTH Social. Trump era stato bannato da Twitter, YouTube, Facebook e Instagram a gennaio del 2021, dopo l’assalto al Congresso degli Stati Uniti compiuto dai suoi sostenitori. A distanza di quasi due anni, solo Twitter, sotto il controllo di Musk, ha riammesso l’ex presidente sulla propria piattaforma.

Nonostante sia stato eletto da Forbes come l’uomo più ricco del mondo e sia considerato da molti un genio, la reputazione di Musk come datore di lavoro non è sempre positiva, soprattutto per il suo carattere accentratore. Nove ex dipendenti di Tesla, la multinazionale statunitense specializzata nella produzione di auto elettriche di sua proprietà, hanno rivelato a Insider quanto le condizioni di lavoro nell’azienda siano influenzate dal carattere irascibile e lunatico dell’imprenditore. I testimoni hanno raccontato come molti lavoratori non osassero mai contraddire Musk e alcuni dirigenti senior hanno accusato il loro ex capo di dare loro un’autonomia di lavoro “praticamente pari a zero” e di fissare obiettivi irrealistici, senza piani concreti per raggiungerli”. 

Donald Trump

Non se la passano meglio i dipendenti di SpaceX, la sua azienda aerospaziale che punta alla colonizzazione di Marte: all’inizio di quest’anno nove dipendenti sono stati licenziati per aver criticato il loro datore di lavoro in una lettera aperta scritta a giugno scorso, stando a quanto emerso dalle accuse di presunte pratiche di lavoro sleali depositate da otto di loro presso lo US National Relations Bord, la Commissione nazionale dei rapporti di lavoro. “Il comportamento di Elon nella sfera pubblica è una frequente fonte di distrazione e imbarazzo per noi”, si legge nella lettera, o ancora, “I commenti di Elon su Twitter sono sessisti, inappropriati, dispregiativi”. Un approccio, quello di Musk, che non sembra essere cambiato nel corso del tempo: la scorsa settimana ha licenziato in tronco un ingegnere di Twitter che lavorava lì da otto anni per aver osato correggere pubblicamente il suo nuovo capo. Un trattamento non molto diverso da quello riservato alla deputata Democratica degli Stati Uniti Alexandria Ocasio-Cortez, che, dopo aver avuto un acceso scambio su Twitter con Musk, si è vista limitare le funzioni base del social. In generale, dalle testimonianze di chi ha lavorato a stretto contatto con l’imprenditore, emerge il ritratto di una figura brillante, intelligente, ma anche egoista e dispotica. Non è un caso che nel 2019 Musk sia uscito dalla classifica – basata sui feedback dei dipendenti – di Glassdoor dei 100 migliori amministratori delegati del mondo, in cui era entrato nel 2017, posizionandosi all’ottavo posto.

Alexandria Ocasio-Cortez

Musk con i suoi soldi può permettersi di comprare tutto quello che vuole, tra cui Twitter, ma forse non considera che al mondo ci sono qualità, come la lealtà e  la fiducia che non si possono comprare, e altre, come il rispetto e la dignità degli altri, che dovrebbero costituire le fondamenta di ogni rapporto, soprattutto lavorativo. Come dimostrano studi recenti i dipendenti non sono più disposti a lavorare fino allo stremo per garantire il successo dell’azienda o alimentare l’ego del proprio capo. Le persone, in particolare i più giovani, cercano aziende che mettano al centro valori come la flessibilità, la sostenibilità e la salute mentale. Il lavoro non è più l’unica ragione di vita e non importa quanto audaci e lungimiranti possano essere i  progetti di Elon Musk, perché se proseguirà su questa linea, è destinato a vederli fallire uno dopo l’altro.

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