Joe Biden ha più volte ribadito che uno degli obiettivi prioritari del suo governo sarà contrastare la crisi climatica. Per questo ha scelto come segretaria degli Affari interni Debra Haaland, prima donna nativa americana a ricoprire un incarico nel governo federale. Secondo le fonti del New York Times in realtà Haaland non sarebbe stata la prima scelta del Presidente, più propenso ad affidare l’incarico al senatore Tom Udall. Queste voci hanno portato a una campagna social a favore di Haaland, lanciata dall’attore e ambientalista Mark Ruffalo con il supporto di alcuni esponenti del Partito Democratico e delle maggiori tribù native del Paese. La sua nomina ha turbato anche parte del Partito Repubblicano, rendendo così più incerta la conferma da parte del Senato, per via delle posizioni radicali di Haaland sulle energie fossili e per la sua appartenenza alla tribù nativa Laguna Pueblo. Gli Affari interni hanno infatti avuto un ruolo storico nell’opera di sottrazione delle terre alle tribù native ordinando gli spostamenti coatti degli “indiani”, oltre a essere stati spesso soggetti al lobbismo delle compagnie di estrazione di combustibili fossili per la concessione di diritti per lo sfruttamento energetico su territori protetti. La nomina di una nativa in questa posizione potrebbe quindi ribaltare totalmente questo dipartimento federale, portando a ricucire le relazioni tra il governo statunitense e le tribù autoctone, ma allo stesso tempo rompendo i legami con le grandi compagnie di shale oil and gas.
Debra Haaland viene da una famiglia di militari e di tradizione repubblicana. Suo padre ha prestato servizio in Vietnam e sua madre, nativa della tribù Laguna Pueblo, ha fatto parte della marina statunitense. Nonostante lo schieramento politico dei suoi genitori, a 18 anni Haaland si è registrata come indipendente per poi entrare successivamente nel Partito Democratico. A causa dei continui trasferimenti della sua famiglia ha dovuto frequentare ben 13 scuole diverse (tutte pubbliche) prima di riuscire a diplomarsi e si è poi laureata in legge indiana alla University of New Mexico School of Law nel 2006, contraendo un prestito studentesco che ha gravato sulle sue spalle per diversi anni. Ha cresciuto da sola sua figlia che ha poi fatto coming out dopo le superiori, avvicinando Haaland alle tematiche LGBTQ+. Dal 2013 al 2015 ha ricoperto la carica di amministratrice tribale a San Felipe Pueblo in New Mexico, uno degli insediamenti indiani a cui il governo federale ha riconosciuto una forma di amministrazione comunale, e nel 2014 ha corso al fianco del democratico Gary King all’ufficio di governatore del New Mexico. E nel 2017, in pieno trumpismo, Haaland è stata la prima donna nativa americana, insieme a Sharice Davids, a ottenere un seggio al Congresso.
Durante l’amministrazione Trump il dipartimento degli Affari interni, guidato prima da Ryan Zinke e poi da David Bernhardt, ha incoraggiato la produzione di petrolio e gas in territori protetti attraverso la tecnica del fracking. Questa tecnica consiste nello sfruttare la pressione dell’acqua per fratturare lo strato roccioso nel sottosuolo e permettere così l’estrazione di idrocarburi. Questa tecnologia è stata utilizzata per la prima volta alla fine degli anni Quaranta proprio negli Stati Uniti, ma i massicci investimenti nel settore arrivarono dopo gli shock petroliferi che, insieme all’esaurimento dei pozzi tradizionali dell’oro nero, avevano reso evidente l’incapacità del Paese di raggiungere l’indipendenza energetica. Il fracking è stato determinante per riportare gli Stati Uniti tra i più grandi produttori di petrolio e gas a livello globale, incoraggiando la proliferazione di shale oil and gas companies. Questa crescita del settore fossile ha avuto ricadute climatiche sia a livello globale, incoraggiando in generale l’estrazione, il commercio e l’utilizzo di idrocarburi, sia a livello locale, per via della contaminazione chimica delle falde acquifere e dell’aria e per via degli effetti della fratturazione sulla fragilità del suolo e sul rischio idrogeologico. Per questo la pratica è stata subito proibita in molti Paesi, soprattutto in Europa.
Nello stesso anno in cui Haaland entrava al Congresso, Zinke ha ridimensionato la superficie dei monumenti nazionali naturali di Bears Ears e Grand Staircase-Escalante nello Utah. Il valore storico e culturale di questi territori per le tribù del luogo era stato riconosciuto prima da Clinton e poi da Obama, che avevano così impedito lo sfruttamento delle risorse naturali dell’area. Secondo Trump, invece, i suoi predecessori avevano indebitamente scavalcato il governo dello Stato, che avrebbe invece voluto incoraggiare uno sviluppo industriale del territorio per risollevare l’occupazione. L’ex-presidente Trump era infatti intervenuto in merito alla questione dicendo: “alcune persone credono che le risorse naturali dello Utah debbano essere gestite da pochi potenti burocrati che stanno a Washington, ma hanno torto”. L’obiettivo della riduzione dei confini di Bears Ears e Grand Staircase-Escalante era ovviamente quello di facilitare l’accesso all’area per le compagnie petrolifere statunitensi che praticano fracking, grandi alleate dell’amministrazione Trump, non certo sostenere la popolazione autoctona.
In un’intervista di qualche anno fa, Haaland è stata molto dura rispetto alle responsabilità del governo federale sul fracking e sui suoi effetti che danneggiano le tribù native dei territori interessati. “Il futuro del Pianeta dipende da quello che stiamo facendo ora. E invece di dare un trilione e mezzo di dollari ai più ricchi attraverso il taglio delle tasse, credo avremmo dovuto investire in infrastrutture per le energie rinnovabili”, ha dichiarato. Le decisioni che riguardano i territori protetti riconosciuti ai nativi americani dovrebbero coinvolgere i capi delle varie tribù, ha specificato Haaland in più occasioni, evidenziando come il tema climatico si leghi a quello della giustizia sociale. Sono le popolazioni più deboli infatti a subire per prime gli effetti dell’inquinamento, perché i loro sono i territori più depredati e sfruttati, che sembrano non essere difesi da nessuna istituzione.
Nella persona di Haaland è evidente come la storia di colonizzazione da cui gli Stati Uniti sono nati si intrecci al problema dell’emergenza climatica. Nel 1830 il Presidente Andrew Jackson firmò l’Atto di rimozione degli indiani, un vero e proprio atto legislativo di pulizia etnica, con l’obiettivo di deportare le tribù che abitavano un vasto territorio tra l’attuale Mississippi e l’attuale Georgia per avviare lo sfruttamento agricolo e lo sviluppo industriale dell’area. Tutto l’Ottocento è stato poi caratterizzato da operazioni analoghe che hanno portato i soldati federali a entrare più volte in conflitto con i nativi. Queste guerre provocarono lo sterminio di migliaia di comunità autoctone e del loro complesso culturale e valoriale. E anche il successivo confinamento dei nativi nelle riserve ha avuto in realtà uno scopo analogo: ridurre lo spazio vitale di queste popolazioni, con la giustificazione che si trattasse di persone “incivili” e violente.
Per nazioni indigene come Cherokee, Apache e Navajo il rapporto con la terra è sacro. Non solo per via della loro religione animista, ma anche perché la natura è tutto ciò che consente la vita in queste comunità che si fondano sul lavoro agricolo e sulla condivisione. Le deportazioni forzate degli indiani avevano come scopo quello di contrastare uno stile di vita basato sulla comunione del patrimonio piuttosto che sul suo sfruttamento, cercando di sottomettere i nativi agli usi e ai valori della civiltà euro-americana. Private del loro spazio vitale le tribù venivano costrette a sopravvivere in territori piccoli e non abbastanza accoglienti. Nel frattempo il mito del colonizzatore-imprenditore spingeva gli europei a continuare l’espansione per costruire la propria fortuna a scapito delle tribù autoctone.
Haaland ha già lavorato sul rapporto tra nazioni indigene, terra e inquinamento durante il suo mandato al Congresso, portando avanti un progetto di legge per la protezione di alcuni territori abitati dai nativi. “C’è una connessione unica tra i popoli nativi e il territorio che devono gestire, per secoli gli è stato impedito l’accesso alla loro acqua e al loro suolo, impedendo la loro economia basata sull’agricoltura,” ha dichiarato. “Oggi, mentre vediamo sempre di più le conseguenze del cambiamento climatico, dobbiamo comprendere la protezione delle pratiche agricole di questi popoli nell’amministrazione delle terre pubbliche”. Dopo essere stata scelta da Joe Biden come segretaria degli Affari interni, Haaland avrà ancora più strumenti per portare avanti la battaglia contro lo sfruttamento e l’inquinamento delle terre pubbliche, tutelate dalla quotidiana attività dei popoli nativi. La nomina di Debra Haaland va quindi oltre il simbolico traguardo di essere la prima nativa americana a ricoprire un ruolo nel governo statunitense, perché potrebbe portare a un cambiamento radicale nei confronti del modello di vita sostenibile delle nazioni indigene d’America.