Il Covid rischia di condannarci a una vita da soli. Ora stringere nuovi legami sembra un’impresa. - THE VISION
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Una volta ho chiesto a un’amica come fare a incontrare ragazzi in una città come Milano, che è stata dichiarata la capitale dei single, e lei mi ha risposto: “Hai mai provato ad andare a bere da sola in un bar?”. Sosteneva che funzionasse alla grande. Il problema è che non tutti – e sicuramente non io, che sono pure astemia – hanno il coraggio di farlo. Per questo ho sempre sfruttato le dating app. 

Sex and the City prima e How I Met Your Mother poi ci hanno mostrato innumerevoli volte il paradigma analogico del flirt al bancone del bar. Ma questa non è (più?) la realtà e col Covid men che meno. Il problema dell’incontrare nuove persone in tempo di pandemia non riguarda solo il sesso, ma anche chi è in cerca di una relazione duratura. Aprirsi a nuovi incontri in questa situazione particolare significa capire quanti rischi vogliamo correre e quanto possiamo scendere a compromessi.

Già prima del Covid, con le dating app, la dinamica del corteggiamento era mutata. Il dating coach Evan Marc Katz in un TED Talk spiega che con Internet abbiamo assistito a un cambio di paradigma negli appuntamenti: prima due persone si vedevano e si piacevano nella vita reale, nasceva un interesse, si innescava l’attrazione e si decideva così di fissare un appuntamento. Ora, invece, prima si cerca di fissare l’appuntamento e solo in un secondo momento, dal vivo, si scopre se l’interesse e l’attrazione scattano davvero.

Col Covid sono sorte inevitabilmente nuove paure legate agli appuntamenti. Se prima si poteva pensare a cuor leggero di gettarsi nella mischia degli incontri e il problema maggiore era l’ansia da prestazione per l’incontro al buio, o il timore del rifiuto, ora ci sono dei rischi di salute tangibili con cui fare i conti. Alcune nostre paure ancestrali si sono materializzate o acuite, come quella tipica verso gli sconosciuti. Come scrive la giornalista Marisa Bate sull’Independent: “Stiamo vivendo con una minaccia invisibile e la principale fonte di tale minaccia sono le altre persone”. L’altro, la persona sconosciuta, è diventata il nostro potenziale nemico numero uno, anche se è la persona che ci manca o quella verso cui vorremmo avvicinarci per soddisfare il nostro desiderio. È molto difficile quindi pensare di conoscere qualcuno quando l’evitamento è diventato la nostra primaria strategia di sopravvivenza.

Il cambiamento a livello relazionale è così profondo che si è cominciato a parlare di pandating. Se prima della pandemia avere un appuntamento dal vivo solo dopo mesi di chat poteva essere una libera scelta, volendo attendere il tempo necessario per sentirsi a proprio agio nell’incontrare l’altro, adesso aspettare è diventata un’opzione quasi forzata. Interrogando la mia community Match and the City, diverse persone mi hanno raccontato di aver cambiato strategia, preferendo trascorrere più tempo in chat o in videochiamate prima di incontrarsi. Secondo una ricerca della dating app OkCupid, le persone apprezzano le videochiamate prima degli incontri perché permettono di abbassare l’ansia da prestazione (38%) e danno l’impressione di conoscere meglio l’altra persona (37%), quindi in questo approccio lento ci possono essere anche dei benefici.

In fase lockdown e ancora adesso, in corso di pandemia, la dinamica degli appuntamenti ha dovuto quindi trovare una strategia adattiva, così come le dating app hanno dovuto cambiare i loro modelli di business, la cui fortuna si fondava proprio sugli incontri dal vivo. Zoom, Skype, FaceTime e le funzioni di videochiamata implementate in fretta e furia per stare al passo coi casi di contagio sono diventati i nuovi luoghi del primo appuntamento, modificando di fatto i primi contatti. Come dice la stand up comedian Ginny Hogan su The Atlantic, su FaceTime peraltro hai il vantaggio di poter far durare un appuntamento solo 45 minuti e di ottimizzare quindi il tuo tempo e le occasioni di incontrare persone più adatte a te, organizzando più call in una sola serata, cosa che dal vivo sarebbe quasi impossibile. Il flirting tramite videochiamata fa riflettere anche su quanto possa essere strano vedersi riflessi sullo schermo e dunque confrontarsi anche con la propria stessa immagine durante un appuntamento, prosegue Hogan. Considerando come cambia la nostra postura mentale durante un incontro mediato da uno schermo, il paragone con lo smart working sorge spontaneo, e forse dovremmo cominciare a parlare di “smart dating”. Anche se, come nel lavoro, anche in questo caso è ancora da capire a che condizioni tutto ciò diventi effettivamente “smart”.

Il lockdown ha certamente segnato molti punti a favore del virtuale. E in generale, le dating app hanno beneficiato di questo fermo: Tinder ha dichiarato un aumento del numero di conversazioni del 39% e, dato ancora più interessante, l’aumento del 28% della lunghezza media delle conversazione: le persone hanno approfondito di più la loro conoscenza in chat rispetto al pre-lockdown. Anche OkCupid ha riportato un incremento di utilizzo del 30-40% nello stesso periodo. Allo stesso tempo pare che il lockdown abbia fatto sorgere un bisogno di relazioni più impegnate, come confermato dal sito d’incontri Meetic, che in un comunicato  ha annunciato che, rispetto alle aspettative dei suoi iscritti italiani per gli appuntamenti post-lockdown, il 57% avrebbe cercato autenticità e serietà nelle relazioni. Parimenti, il 55% degli utenti di Bumble ha affermato di voler cercare relazioni “più significative”. Secondo una recente ricerca SWG, poi, con la quarantena gli italiani non avrebbero comunque abbandonato la voglia di conoscere persone: il 14% ha infatti iniziato una nuova relazione in lockdown, di cui il 58% con una persona conosciuta in quel periodo e il 42% con una persona già nota. Questo fa pensare che nonostante le paure legittime, la condivisione di un trauma di proporzioni così estese abbia spinto le persone a cercare un legame emotivo profondo con l’altro, dimostrando di essere disposte a trovarlo anche da un balcone all’altro.

Il Covid ha poi avuto un forte impatto anche sulla sessualità, sia dei single che delle coppie. Le indicazioni dagli organi sanitari vanno inevitabilmente contro i rapporti occasionali. La direttrice della Sanità canadese Theresa Tam ha consigliato di evitare i baci e di indossare la mascherina durante i rapporti sessuali con persone al di fuori della propria cerchia più stretta; “l’attività sessuale con minor rischio in tempo di Covid è quella con se stessi”, ha affermato Tam; fino ad arrivare a quello che è stato chiamato il “sex ban” del Governo britannico, che vietava a partner non conviventi di incontrarsi – come è successo in tanti altri Paesi. Scaduto questo divieto, il primo ministro britannico, Boris Johnson, ha annunciato l’introduzione della “support bubble”, ossia la possibilità per due persone che vivevano da sole di incontrarsi in una delle due case senza dover rispettare il distanziamento di due metri. Il Dipartimento della Salute di New York è sceso addirittura nei dettagli: “Rendete il sesso meno convenzionale. Siate creativi con posizioni sessuali e barriere fisiche, come muri, che permettono il contatto sessuale senza il contatto face-to-face”. Ovviamente questa affermazione è stata sufficiente a far circolare dei tweet secondo cui il Dipartimento stesse consigliando di rispolverare i “glory hole”. In Italia abbiamo vissuto una situazione simile, con tante coppie non conviventi impossibilitate a incontrarsi durante il lockdown, divieto che poi ha dato vita all’infuocata polemica dei “congiunti” mostrando la totale confusione nel riuscire a definire che cosa fosse un “affetto stabile” e lasciando di fatto fuori da questo insieme i contatti che non si potevano definire partner, ma che erano comunque di supporto affettivo nella propria rete sociale (ad esempio amici molto intimi) – e anche Francia e Spagna hanno seguito regole simili a queste. Le coppie di tutto il mondo si sono quindi trovate a dover scegliere se andare a convivere in fretta e furia – con tutti i rischi del caso – o rimanere separate per un po’.

Pur con tutto l’ottimismo del caso, non possiamo dare torto a chi dice che i rapporti occasionali siano più rischiosi a livello sanitario dei rapporti stabili con una persona di cui conosciamo le abitudini magari da tempo. È una semplice questione numerica: aumenta il numero dei partner sessuali e aumenterai le probabilità di esposizione al contagio, poiché non sai quanti contatti hanno avuto con altre persone. I rischi così si moltiplicano. Questo non vuol dire che incontrare amici o avere un solo partner non comporti dei rischi, poiché anche amici, familiari e partner hanno diversi contatti nelle loro cerchie, ma è un semplice incrocio di fattori e di precauzioni. Le indicazioni della Società Italiana di Contraccezione (SIC), pubblicate dopo il lockdown, ricordano che “il partner più sicuro è qualcuno con cui si vive o si è convissuto prima dell’isolamento” e segnalano che “è bene comunque evitare rapporti occasionali non protetti”. Secondo Salvo Caruso, Presidente della Federazione Italiana di Sessuologia Scientifica (FISS), “la mascherina è il nuovo condom”.

Al tempo stesso possiamo dirci con tutta franchezza che l’astinenza non è la soluzione. Ci sono escamotage come il sexting e il virtual sex, è vero, ma per quanto possano essere un diversivo, non soppiantano per molti la necessità di un rapporto fisico. Indicazioni più realistiche sono arrivate dalla comunità sex positive e ad esempio dal consulente sessuale Kenneth Play, che insieme a Zhana Vrangalova, Chelsey Fasano e Karen Ambert ha creato la guida Smarter Hookups in the Time of COVID-19 (“Appuntamenti più furbi al tempo del Covid-19”). La guida suggerisce tre domande preliminari da porsi se si vogliono avere rapporti non monogami: “Quali sono i rischi reali? (tasso di contagi nella propria comunità, esposizione al contagio, probabilità di sviluppare sintomi gravi)”; “Qual è il tuo livello di ansia verso questi rischi?”; “Quanto ti attieni ai protocolli di riduzione dei rischi?”. Dai rapporti ad alto rischio con partner, fino ai colleghi e alle persone che si incrociano sul marciapiede, la guida invita a considerare sempre il consenso dei membri delle nostre cerchie e l’impatto che il nostro comportamento può avere sulla nostra salute e su quella degli altri che ci sono vicini.

Se già ci eravamo resi conto di non vivere in Sex and the City e le dating app si erano rivelate la nuova frontiera degli appuntamenti, con la pandemia le cose sono cambiate ancora. Come abbiamo visto, incontrare qualcuno significa chiederci qual è la nostra tolleranza del rischio possibile che porta con sé e che impatto potrebbe avere non solo su di noi, ma sulla nostra intera rete di contatti. Purtroppo non esiste un manuale del perfetto appuntamento in pandemia, sta a ciascuno di noi capire cosa è meglio per sé, rispettando le regole. Quel che emerge chiaramente da tutte queste considerazioni, però, è che conoscere qualcuno significherà irrimediabilmente attuare un compromesso soggettivo tra rischio e desiderio.

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