Gli ultimi mesi ci hanno ricordato quanto siano importanti i servizi pubblici e i beni comuni. Le scuole, gli ospedali e i luoghi di cultura sono stati i protagonisti del dibattito durante e dopo le fasi più acute della pandemia. Il Covid ci ha fatto riscoprire la centralità di alcuni articoli della nostra Costituzione che sembravano ormai dimenticati. L’articolo 9, per esempio, assegna alla Repubblica il compito di salvaguardare il paesaggio e il patrimonio artistico della nazione. Da un punto di vista economico, abbiamo rivalutato i limiti previsti dall’articolo 41, secondo cui l’iniziativa imprenditoriale privata non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale, e quindi non deve danneggiare la sicurezza, la libertà e la dignità umana. Si tratta di principi basilari che devono essere tradotti in azioni concrete dai governi, ma sempre più anche dagli investitori. Per ripartire non possiamo infatti prescindere da una collaborazione tra attori pubblici e privati in grado di portare a una crescita sostenibile nel lungo periodo, attenta ai profili ambientali e sociali di ogni investimento.
Gli investitori privati possono contribuire in maniera determinante alla creazione di un’economia diversa, più attenta alle esigenze del Pianeta. Un’economia in cui le imprese non si sottraggono al dovere di pagare tasse eque per finanziare i servizi pubblici di cui tutti abbiamo bisogno. La scelta dell’intermediario (banca, società di gestione del risparmio) cui affidare il proprio risparmio non dovrebbe basarsi solo sulle logiche del profitto e del costo. Senza informazioni trasparenti, infatti, i risparmiatori e gli investitori corrono il rischio di affidare il proprio denaro a intermediari che premiano aziende che, attraverso pratiche fiscali elusive, cercano di ottenere vantaggi competitivi generando dei profitti alterati da condotte opportunistiche e sottraendo risorse preziose alla spesa pubblica per salute, scuola, ambiente. Si tratta di investimenti rischiosi anche da un punto di vista economico. Infatti, le imprese aggressive da un punto di vista fiscale corrono il rischio di trovarsi in grosse difficoltà finanziarie quando lo Stato decide di introdurre controlli e norme più stringenti. La scelta di affidarsi a intermediari finanziari che investono in società che adottano condotte in regola con fisco è una scelta meno rischiosa anche da un punto di vista economico e contribuisce ad aumentare il benessere della comunità nel suo complesso. Ogni euro versato nelle casse dello Stato, se poi speso da amministratori capaci, aiuta la pubblica amministrazione a garantire servizi pubblici di qualità a tutti noi, dalla scuola al Sistema Sanitario Nazionale.
Per garantire un sistema fiscale internazionale più equo, l’Ocse insieme agli operatori della finanza etica, tra cui spicca la Global Alliance for Banking on Values, chiedono da tempo la pubblicazione dei cosiddetti report country-by-country delle grandi società multinazionali. Mentre nel nostro Paese esiste già una normativa che impone alle grandi aziende con sede legale in Italia la pubblicazione di questi report, l’Unione europea non si è ancora dotata di questo strumento e sta ancora discutendo sulle modalità di attuazione. Un accordo preliminare è stato raggiunto a giugno tra una delegazione del Parlamento europeo e la squadra negoziale della presidenza portoghese di turno del Consiglio europeo. L’accordo, già definito come poco ambizioso da Oxfam, vuole obbligare le grandi aziende a comunicare il fatturato e i profitti generati in ogni Paese dove operano così da garantire maggiore trasparenza ed equità fiscale. Attraverso queste informazioni gli investitori sarebbero messi nelle condizioni di valutare con precisione quali sono i progetti imprenditoriali più responsabili. I governi, inoltre, potrebbero adottare legislazioni più efficaci per contrastare i fenomeni elusivi che troppo spesso si verificano in Europa. Dozzine di altre multinazionali che fatturano dentro i confini dell’Unione stabilendo però la loro sede legale in Stati che adottano una legislazione fiscale di favore nei loro confronti. Queste pratiche consentono a Paesi come l’Olanda di assorbire ogni anno 72 miliardi di euro di profitti ottenuti in altri Stati dell’Unione europea. Una ripresa economica sostenibile non può prescindere da investimenti che combattano le pratiche predatorie delle grandi imprese.
L’equità fiscale è una condizione necessaria ma non sufficiente per raggiungere un cambiamento effettivo nella direzione di una società più inclusiva. Secondo una pubblicazione accademica firmata anche dal premio Nobel per l’economia Joseph Stiglitz esistono oltre 20 piani di sviluppo in grado di coniugare la crescita con il rispetto del Pianeta e delle persone. Tra le politiche economiche più efficaci nel coniugare il profitto con i temi ambientali e sociali, secondo lo studio, vi sono sicuramente gli investimenti per la creazione di strumenti per la connettività, la spesa in ricerca e sviluppo, il finanziamento di fonti di energia pulita e gli investimenti nell’istruzione e nella cultura. Al contrario il risanamento di aziende appartenenti a settori altamente inquinanti, non ha alcun effetto positivo nel lungo periodo. La creazione di spazi verdi e infrastrutture ecologiche, se unite a una maggiore efficienza energetica delle abitazioni, rappresentano obiettivi molto importanti per la sostenibilità ambientale, ma difficili da raggiungere in breve tempo su larga scala.
Un’economia più attenta alle esigenze delle persone deve guardare al mondo del lavoro con occhi diversi rispetto a oggi. In questi mesi sono stati i giovani e le donne a pagare il prezzo più alto della pandemia: centinaia di migliaia di persone con contratti a scadenza che hanno visto interrompere i loro rapporti di lavoro a fronte di pochissime tutele su cui fare affidamento. Il progressivo superamento del blocco dei licenziamenti esporrà anche i dipendenti con contratti di lavoro a tempo indeterminato al rischio di perdere l’unica fonte di reddito che gli ha permesso di superare i mesi del lockdown. In questa fase di ripresa le aziende sono chiamate ad avere un approccio responsabile per evitare di aumentare le diseguaglianze sociali già gravi prima della pandemia. Questa è la base della richiesta di molti investitori attivi nel settore della finanza etica che hanno sollecitato le imprese ad adottare dei comportamenti maggiormente rispettosi nei confronti dei dipendenti.
Tra i vari suggerimenti, il più importante riguarda il mantenimento dei livelli occupazionali, che vuole scoraggiare il ricorso a licenziamenti economici motivati esclusivamente dalla volontà di risparmiare per ottenere maggiori profitti. Un altro punto significativo riguarda l’aumento della spesa relativa alla salute e alla sicurezza nei luoghi di lavoro. Nei primi sei mesi del 2021 l’Inail ha registrato oltre 500 morti sul lavoro in Italia, con una media di 3 decessi al giorno. Delle cifre che richiedono interventi rapidi ed efficaci. Infine, i datori di lavoro devono avere la capacità di garantire ai dipendenti un sano equilibrio tra le attività in azienda e la vita privata fuori dall’orario di lavoro. Per raggiungere questo obiettivo deve essere assicurata la possibilità di utilizzare le ferie e i permessi previsti dalla legge e dalla contrattazione collettiva. Ormai è evidente che non si può raggiungere l’equità sociale senza il rispetto dei diritti e della dignità di chi lavora.
Tutti abbiamo visto quanto può essere pesante l’impatto del Covid nelle nostre comunità. Come ha riassunto il professor Alessandro Barbero, le persone nate in Occidente negli anni Novanta non si sono mai trovate ad affrontare eventi di portata storica prima della pandemia, con l’unica eccezione degli attacchi terroristici dell’11 settembre 2001. Lasciarci alle spalle questo periodo eccezionale significa prendere delle decisioni importanti che avranno un impatto significativo sul nostro futuro per i decenni a venire. I provvedimenti dei governi stabiliranno i parametri del nostro futuro. Anche gli investitori privati giocano una partita importantissima. Ogni euro indirizzato a progetti solidi e sostenibili contribuirà a creare comunità più unite e in grado di garantire un benessere diffuso. La responsabilità fiscale, ambientale e sociale delle imprese deve essere il criterio prioritario attraverso cui valutare le attività da finanziare. La finanza etica da sempre seleziona le società su cui investire considerando anche la loro correttezza e trasparenza sul piano fiscale, per questo è un modello attraverso cui creare le condizioni per ripartire dall’ambiente e dalle persone. Tutti noi possiamo dare il nostro contributo per sostenere il successo delle realtà attente alla sostenibilità delle risorse sociali e ambientali per ricostruire un mondo dove non esiste dignità delle persone o della natura, ma un solo grande concetto che le riunisce tutte.
Questo articolo nasce in collaborazione con Gruppo Banca Etica, banca popolare costituita in forma di società cooperativa per azioni che opera in Italia e in Spagna, nel rispetto delle finalità di cooperazione e solidarietà. Impegnata su temi come cambiamento climatico, mobilità sostenibile, accoglienza, inclusione e molti altri, il Gruppo Banca Etica si impegna a misurare in modo accurato e credibile gli impatti delle attività finanziarie sull’ambiente, la società e la vita delle persone con metodologie proprietarie innovative, per permettere a tutte le persone e organizzazioni socie e clienti, e a chi desidera diventarlo, di scegliere consapevolmente gli intermediari finanziari cui affidare i propri risparmi e investimenti.
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