Durante una delle commemorazioni organizzate dal Quirinale in vista del Giorno della Memoria, il 24 gennaio il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha ricordato l’orrore della Shoah e ribadito l’importanza della lotta alle discriminazioni. Mattarella ha poi sottolineato anche il fatto che la nostra Costituzione è il simbolo di uguali diritti e dignità per ogni individuo, a prescindere dalla provenienza.
Eppure, nonostante le parole del Presidente fossero necessarie, urgenti e condivisibili, il suo discorso è passato in secondo piano rispetto alla – presunta – notizia di un corazziere insolito, un corazziere nero. Alla cerimonia del Quirinale ha partecipato anche il ministro dell’Interno Matteo Salvini e diverse testate hanno titolato: “Salvini accolto da un corazziere dalla pelle nera” o ancora “Salvini e il corazziere nero”. Non solo è sorprendente il fatto che il colore della pelle di qualcuno risulti tanto importante, ma è desolante vedere come questi sia stato ridotto a “corazziere nero che accoglie Salvini”, una persona priva quindi di qualsiasi identità o individualità, usata da molti come meme o baluardo dell’antirazzismo. Questo giovane ragazzo italiano di 29 anni, originario del Brasile e adottato da una famiglia siciliana, ha partecipato ai concorsi, è entrato nell’Arma ed è diventato corazziere, come chiunque altro.
Ora, è vero che è normale che, in un Paese come l’Italia, non ancora abituato al fatto che persone di origine diversa ricoprano posizioni diverse da quelle più scontate – i cosiddetti “lavori umili che gli italiani non vogliono più fare” – un corazziere di diversa origine faccia scalpore. Ma è anche vero che bisognerebbe chiedersi quando, finalmente, il colore della pelle smetterà di fare notizia. Lo stupore che i media vogliono generare nelle persone con questo genere di titoli è figlio di un modo di pensare retrogrado. Per di più, è controproducente rispetto al processo di normalizzazione che meriterebbe ogni italiano di origine straniera, o straniero all’interno della società italiana. Anche solo parlare di “processo di normalizzazione” fa intuire che il diverso, in Italia, viene ancora percepito come tale, e non come parte integrante del tessuto sociale. Se da un lato ci si può aspettare che questa diversità venga rimarcata in modo negativo da persone e partiti intolleranti, dall’altro è sconfortate vedere che la controparte fa lo stesso, sbandierando come traguardo collettivo quello che è diventato “Il nostro corazziere nero”. E chi se ne importa di chi è quella persona, o della sua storia. Addirittura, tra gli utenti del web c’è chi è arrivato a chiedersi se l’averlo messo lì sia stato una sorta di dispetto di Mattarella nei confronti di Salvini; come se fosse il Presidente a decidere i turni di guardia dei corazzieri. Ma oltre al fatto che l’eventualità che Mattarella sia a conoscenza degli orari di lavoro dei militari del Quirinale sia altamente improbabile, non è nemmeno questo il punto.
Utilizzare “Il corazziere nero” come dimostrazione del fatto che l’Italia sta cambiando, prendendolo come diretto antagonista di Salvini, non smonta la sua retorica, anzi, rende l’antirazzismo debole e fallace. Infatti, nello stesso giorno, il ministro Salvini ha pubblicato un video in cui ringrazia i tanti immigrati regolari che si trovano qui da anni, volendo quindi rimarcare la sua completa apertura e tolleranza nei confronti degli “immigrati perbene”. Di conseguenza, in questi “immigrati perbene” – o in questo caso negli “italiani di origine diversa perbene” – rientra anche il tanto discusso corazziere che avrebbe dovuto farlo innervosire e che invece è stato trasformato in un assist dei suoi avversari.
L’ipocrisia insita nelle parole del ministro e nella retorica degli “immigrati perbene” è ben evidente: si pensi alla sua totale ostilità nei confronti della riforma di cittadinanza, o al Decreto Sicurezza e a come questo abbia reso ancor più difficile ottenere la cittadinanza per gli stranieri e i loro figli nati e/o cresciuti in Italia, aumentando il prezzo e le tempistiche delle procedure burocratiche. O ancora, si pensi al suo appoggio nei confronti della sindaca di Lodi, Sara Casanova, la quale ha voluto distinguere i figli di genitori stranieri da quelli di genitori italiani, diversificando le procedure di accesso alle agevolazioni per le scuole d’infanzia come mensa e servizio scuolabus. Salvini ha perfino definito “furbetti” i genitori di questi bambini, come a voler insinuare che le difficoltà nell’ottenere i documenti richiesti del Paese d’origine fossero false e che quindi queste famiglie avessero chissà quali patrimoni da dichiarare. Quando in realtà non è così.
La retorica “salviniana” è sì smontabile, ma non possiamo sperare di farlo sottolineando il colore della pelle di un corazziere. Si ricordi che all’interno della Lega c’è anche Toni Iwobi, il senatore italiano di origine nigeriana. A questo punto sembra che anche quest’ultimo, seguendo la logica di chi voleva indispettire Salvini, possa divenire simbolo di antirazzismo e integrazione. Eppure si trova in un partito i cui membri hanno dato dell’orango all’ex ministro Cécile Kyenge o hanno espresso il loro timore per la scomparsa della “razza bianca” parlando di migrazioni. Il punto però è che Salvini può facilmente rigirare la questione usando, a sua volta, Toni Iwobi come il suo baluardo d’apertura e tolleranza, così come avrebbe potuto farsi un selfie con il corazziere. L’utilizzo di frecciatine superficiali, le ritorsioni social, il dispetto sono tipici del modo di fare di Salvini e cadere in questa trappola, senza distaccarsi da tutto ciò, affrontando la questione attraverso analisi critiche, puntuali e concrete, non farà altro che rafforzare la sua posizione.
Non sarà la foto di “un nero che ce l’ha fatta” a cambiare la mentalità di questo Paese. L’utilizzo strumentale della persona nera, da una parte o dall’altra, di fatto non normalizza la sua libertà di scelta o la sua libertà di esistenza all’interno di questa società. Pensare che quel corazziere possa “demolire” la Lega quando esistono stranieri o nuovi italiani che militano in partiti come, ad esempio, Fratelli d’Italia è un’illusione. Il punto è che bisogna anche iniziare a pensare che avere origini diverse non significa automaticamente “essere di sinistra” e che ogni individuo, a prescindere dalla sua etnia, è libero di scegliere da che parte stare e che partito votare.
Io sono una ragazza nera ben lontana dalle ideologie leghiste, non per il colore della mia pelle ma perché l’idea politica di quel partito non mi rappresenta. Tuttavia, mi rendo conto che per altre persone di diversa origine non sia necessariamente così, per quanto paradossale possa sembrare a occhi esterni. È la stessa cosa che avviene tra italiani bianchi che votano partiti di destra e italiani bianchi che votano partiti di sinistra: nessuno usa dei “testimonial” in carne e ossa per demolire la categoria opposta; si usano le idee, le leggi. Per smontare la retorica di un politico bisogna parlare di politica, di leggi, criticarne l’operato con dati oggettivi. Non si possono utilizzare le persone con l’illusione che possano rappresentare un simbolo efficace per fare opposizione. Quando tutti avranno metabolizzato questi concetti, forse non ci sarà più bisogno di trasformare un corazziere nero nella notizia del giorno. Perché nessuno ci guadagna a essere strumentalizzato.