L’ex sindaco di Riace Mimmo Lucano è stato condannato in primo grado a 13 anni e 2 mesi di carcere dal tribunale di Locri. È sempre rischioso commentare le sentenze, ma in un Paese dove chi scende in strada e spara a tutte le persone di colore che incontra riceve una pena inferiore di questa; in cui trattare con la mafia non costituisce reato; dove, a seconda della convenienza, chi ha problemi con la droga è “un amico da aiutare” o un tossico che deve marcire in galera; e dove esistono i corrotti ma quasi mai i corruttori, la vicenda di Lucano risulta surreale.
Si è arrivati alla sentenza del processo Xenia dopo che l’accusa, tramite il pm Michele Permunian, aveva chiesto per Lucano 7 anni e 11 mesi di carcere per una serie di reati che si possono riassumere con “speculazione sulla gestione dei migranti”. In particolare Lucano è accusato di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, abuso d’ufficio, truffa, falsità ideologica, turbativa d’asta, peculato e malversazione a danno dello Stato. Non sono state ancora depositate le motivazioni alla base dell’inflizione di una pena pari quasi al doppio rispetto a quella chiesta dal pm, quindi si possono commentare soltanto i fatti fino ad ora accertati. Il primo, incontestabile, è che il “modello Riace” da creato da Lucano funzionava in modo positivo e questo dava fastidio a molti.
Nel 1998 Riace era un paese fantasma, uno dei tanti borghi del Sud svuotati per l’esodo dei giovani in cerca di fortuna. Quell’anno sbarcò a pochi chilometri da Riace un barcone pieno di curdi, soprattutto donne e bambini, in fuga dalla devastazione delle loro terre. Lucano, all’epoca libero cittadino, si adoperò per accoglierli. Queste furono le basi per la nascita di Città Futura, associazione nata con l’intento di ridare vita a Riace, ospitando i migranti nelle case abbandonate e riqualificando il territorio attraverso la dignità del lavoro e dell’accoglienza. L’esperimento andò a buon fine: riaprirono infatti le botteghe e i migranti e i riacesi riuscirono a convivere condividendo spazi e attività. Spinto da questo successo, Lucano nel 2004 fu eletto sindaco di Riace.
In pochi anni, i 900 abitanti del 1998 diventarono più di 2mila, e non solo per la presenza dei migranti: tornarono anche diversi giovani dal Nord, vennero organizzate iniziative per favorire il turismo e l’integrazione. I migranti non erano sfruttati ma stipendiati grazie a modalità virtuose sull’utilizzo dei fondi stanziati dal governo. Riace si allacciò al sistema Sprar (Sistema nazionale per richiedenti asilo e rifugiati), legato all’accoglienza sul territorio – in seguito smantellato dai decreti sicurezza di Matteo Salvini durante il primo governo Conte. Gli ostacoli per Lucano, però, arrivarono anche da una parte della sinistra, in particolar modo ai tempi di Marco Minniti ministro dell’Interno, che bloccò i fondi governativi per Riace e contemporaneamente siglò degli accordi abominevoli con la Libia sul tema dell’immigrazione. I lager libici andavano bene, l’integrazione di Riace no.
Lucano, confermato sindaco in altre due tornate elettorali, iniziò a ricevere attenzioni da tutto il mondo e nel 2010 si classificò terzo al World Mayor, la lista dei migliori sindaci del pianeta. Nel mentre il celebre regista Wim Wenders si interessò al progetto di Riace e nel cortometraggio Il volo inserì un personaggio proprio ispirato a Lucano, interpretato da Ben Gazzara. Lucano ricevette parole di elogio da parte di Papa Francesco per il suo “operato intelligente e coraggioso a favore dei nostri fratelli e sorelle rifugiati” e vennero realizzati diversi servizi e reportage dai media internazionali, colpiti dall’efficienza del modello Riace. Lucano strinse anche una sincera amicizia con Roberto Saviano, sostenitore del progetto e in qualche modo megafono di un’idea diversa di accoglienza, che contrastava le storture della legge Bossi-Fini, la disumanità dell’ideologia salviniana e degli accordi di Minniti – e quindi destinata sin dal principio a venire ostacolata.
Nell’ottobre del 2018 Lucano venne posto agli arresti domiciliari in seguito alla già citata operazione Xenia. Dopo pochi giorni gli vennero revocati, ma fu sancito il divieto di dimora a Riace. Il suo modello collassò e il paese finì in mano a un sindaco leghista che fece rimuovere il cartello con la scritta “Città dell’accoglienza”, la RAI non trasmise la fiction a lui dedicata con protagonista Beppe Fiorello e iniziò l’iter giudiziario arrivato ieri alla sentenza di primo grado.
Secondo l’accusa Lucano ha creato il modello Riace per un “tornaconto politico-elettorale”. Viene da chiedersi allora come mai abbia rifiutato qualsiasi candidatura dal 2004 al 2018, anno dell’arresto e che vantaggio politico potesse avere nelle elezioni di un paesino di 2mila anime da lui stesso ripopolato. Inoltre, secondo le stesse testimonianze dei riacesi, Lucano ha sempre vissuto quasi in povertà e non c’è alcuna prova che abbia lucrato sul sistema per fini economici. Questo non vuol dire costruirgli attorno un processo di santificazione: Lucano pagherà le sue eventuali colpe, ma ci sono ancora due gradi di giudizio. La sensazione è che abbia più che altro aggirato delle leggi considerate sbagliate e che quindi, nel caso, le sue azioni si avvicinino di più a una disobbedienza civile che a un sistema criminale.
Per “eventuali colpe” si parla di irregolarità di vario genere legate a una velocizzazione burocratica per offrire ai migranti l’integrazione sul territorio. L’accusa menziona matrimoni di convenienza fra migranti e riacesi per ottenere il permesso di soggiorno, oppure l’affidamento della raccolta dei rifiuti a delle cooperative sociali (Ecoriace e L’Aquilone) saltando alcuni passaggi obbligati per la legge. Eppure, un anno dopo l’arresto, la Cassazione ha smentito l’accusa scrivendo che non risultavano prove sufficienti per i reati, sia per la questione dei matrimoni di comodo che per gli appalti alle cooperative. Siamo dunque rimasti tutti sbigottiti di fronte a una sentenza del genere, che non solo non annulla la richiesta dei pm, ma ne raddoppia la pena.
Le reazioni dei politici non si sono fatte attendere. Salvini – che indossa le vesti del giustizialista a giorni alterni – ha gongolato sui social scagliandosi subito contro Lucano, mentre farebbe meglio a pensare ai problemi in casa propria e possibilmente trarne una lezione di umanità. Il centrosinistra si è indignato, ma in passato ha contribuito a distruggere il modello Riace. Non a caso lo stesso Lucano dichiarò nel 2018: “I problemi per Riace e per l’Italia, per quello che riguarda il tema dell’accoglienza e dell’immigrazione, iniziano proprio con Minniti, con quel governo che non ha fatto altro che aprire la strada a questa onda del fascismo, che sull’immigrazione costruisce il proprio consenso elettorale e apre la strada a questa società della barbarie”.
Certamente Lucano potrebbe aver commesso delle ingenuità amministrative, persino degli illeciti, e questo sarà la magistratura a valutarlo. Non può però essere svilito e accantonato un sistema di accoglienza che stava dando i suoi frutti e, proprio per il suo successo, è stato distrutto. Alla destra conviene che i migranti stiano in giro per le città per poterli identificare come nemici pericolosi. Alla criminalità organizzata e ad alcune cooperative ad essa collegata servono come schiavi nei campi, manodopera da spolpare fino all’ultimo. La sinistra, come al solito, fa finta di niente, sfruttando Lucano come uomo-immagine ma pugnalandolo poi alle spalle. C’è qualcosa, però, che travalica le sentenze e i giudizi ed è la dignità. Lucano ha dovuto sovrastare normative farraginose e un sistema fondato sulla paura dello straniero; ha fatto capire che accoglienza e integrazione non sono parole di cui aver paura – pensando alla destra – o slogan che restano a invecchiare sui manifesti elettorali – pensando alla sinistra; e senza essere un santo o un eroe sta pagando sulla sua pelle l’arretratezza culturale e legislativa di un intero Paese.