Aggiornato il 22 luglio 2019, ore 11.32
Nel film del 1972 di Marco Bellocchio, Sbatti il mostro in prima pagina, il redattore capo de Il Giornale spiega a un giovane giornalista quella che considera una regola aurea: non si può far sentire il lettore “colpevole di ciò che di brutto accade nel mondo”, bisogna sollevarlo dal peso della devianza umana e dargli piuttosto qualcuno da incolpare, chiunque, basta che sia qualcun altro. In quel caso il capro espiatorio era “l’immigrato” calabrese. Oggi è cambiato il soggetto, ma il meccanismo sembra lo stesso.
Giovedì 27 giugno si è diffusa la notizia che i Carabinieri di Reggio Emilia hanno arrestato sei persone e notificato misure cautelari ad altre dieci, tra assistenti sociali, psicologi e amministratori. L’accusa è raccapricciante: aver messo in piedi un’organizzazione criminale con lo scopo di sottrarre i bambini a famiglie in difficoltà, per poi affidarli ad amici o conoscenti in affido e sottoporli a un programma di cure per un giro di affari di centinaia di migliaia di euro. I professionisti avrebbero manipolato i bambini fino a convincerli che i genitori sono dei violenti criminali, e che con loro non sarebbero stati al sicuro. L’indagine è cominciata la scorsa estate, quando i Carabinieri hanno ricevuto una serie di segnalazioni di abusi compiuti proprio dai servizi sociali.
È un inquietante dejà-vu, specialmente in quei territori, teatro negli anni Novanta di quella che sembra oggi una storia molto simile. Tra il 1997 e il 1998, infatti, 16 bambini vennero allontanati dalle proprie famiglie, tutte residenti nei comuni di Massa Finalese e Mirandola, perché i genitori erano sospettati di compiere atti satanici, sacrifici umani e violenze sessuali nei confronti dei minori. Alcuni degli accusati sono morti in carcere, mentre il prete del paese, anche lui coinvolto nei racconti dei bambini, è morto di infarto. Molti di questi genitori non hanno mai più rivisto i propri figli. La vicenda è tornata a galla grazie all’inchiesta di Pablo Trincia Veleno, e lo scorso aprile, dopo vent’anni, è stato riaperto il caso anche dalla magistratura.
Nonostante ci siano alcune connessioni – l’Hansel e Gretel di Torino, è lo stesso da cui provenivano le psicologhe accusate di aver manipolato i bambini della Bassa e lo stesso responsabile della struttura, Claudio Foti, è stato arrestato e poi scagionato dall’accusa di aver manipolato una ragazza – è presto per accostare questa vicenda a quella di Bibbiano. Specialmente, è presto per farlo con termini assolutisti e criminalizzanti, come avviene da giovedì 27 giugno, su alcuni giornali e nei commenti di diversi esponenti politici. Tanta è stata la fretta di strumentalizzare l’episodio, che addirittura sono state diffuse notizie che riportavano errori grossolani e pericolosi. Primo fra tutti, quello dell’ipotetico utilizzo dell’elettroshock per manipolare i ricordi dei bambini e torturarli affinché confessassero le presunte atrocità commesse dai genitori. Questo metodo non viene però citato da nessuna parte nelle carte dell’inchiesta, tant’è che solo qualche ora dopo è emerso di cosa si trattasse veramente: terapia EMDR, un approccio psicoterapico riconosciuto e utilizzato su pazienti che hanno subito dei traumi, introdotto nel 1989 dalla psicologa statunitense Francine Shapiro. I “fili” di cui hanno parlato molti giornali, come spiegaIl Post, non erano collegati ai pazienti, bensì a delle manopole vibranti che avevano lo scopo di mandare ai bambini stimoli acustici e tattili in grado di fare riemergere in loro il ricordo. Non sono stati in molti, però, ad ammettere l’errore e diffondere la notizia rettificata e veritiera.
Forse erano troppo impegnati a cercare un colpevole, un mostro da mandare in pasto agli indignati della rete. Il primo di questi, per posizione politica, è stato il sindaco di Bibbiano, Andrea Carletti – ora autosospesosi dal Partito democratico. Appena è stato posto ai domiciliari, infatti, Carletti ha dominato i quotidiani, dipinto come il peggiore degli accusati e una diabolica mente criminale. Il suo volto era ovunque, associato ai titoli più terribili. Dopo soli quattro giorni è stato il procuratore stesso di Reggio Emilia, Marco Mescolini, a ridimensionare il tutto: “Risponde solo di abuso d’ufficio e falso. Gli viene contestato di aver violato le norme sull’affidamento dei locali dove si svolgevano le sedute terapeutiche, ma non è coinvolto nei crimini contro i minori.” Lo stesso vale per gli altri due sindaci Pd, indagati per falso ideologico. Un reato grave e in molti casi sufficiente a decretare l’inopportunità politica di una persona a ricoprire una carica, siamo d’accordo, ma non certo comparabile a ciò che gli è stato contestato dai media: essere la copertura politica consapevole di un sistema deviato con lo scopo di manipolare dei bambini.
Nonostante le dichiarazioni dei magistrati, gli avversari politici di Carletti sono rimasti sul carro di quelli che non solo scagliano la prima pietra, ma provano anche gusto nel sotterrare il nemico sotto un tumulo di sassi. Per primo il M5S. “Che voi siate maledetti. Carcere a vita e buttare la chiave,” ha dichiarato subito la vicepresidente della Camera Maria Edera Spadoni. Il sottosegretario all’Interno Carlo Sibilia – probabilmente impegnato ad alleviare qualche grana del suo capo – quasi non parla d’altro da allora, sempre stabilendo surreali collegamenti con il partito di Zingaretti e gli orrori del mondo.
Luigi Di Maio ha pubblicato giovedì stesso una foto di Carletti recante la scritta, rigorosamente bianco su rosso e in caps lock, “ARRESTATO” e sotto “AFFARI CON I BIMBI TOLTI A GENITORI”, che nemmeno in un film di Sergio Leone. Il vicepremier non ha perso tempo ad accostare l’avversario a “una galleria di atrocità assolute”, di cui ovviamente era indirettamente responsabile chiunque abbia mai fatto parte del Partito democratico. La cosa è talmente sfuggita di mano che sono partite campagne su change.org per “cancellare” il Partito democratico, colpevole, nell’ordine, di: “peculato, furto, estorsione, corruzione, falso, ‘ndrangheta, truffa, mafia capitale, stupro” ed è diventato virale su Twitter l’hashtag #pdofili. Di Maio non si è dedicato con la stessa passione a diffondere la notizia della smentita da parte degli inquirenti, anzi ha continuato a cavalcare l’onda: a distanza di un mese ha dichiarato di non voler avere nulla a che fare con “il partito di Bibbiano” (per chi non parla la lingua del vicepremier, il Partito democratico, ndr) – una vera e propria campagna di diffamazione per la quale il Pd ha annuciato querela.
In tutto questo tempo, tuttavia, Di Maio si è però dimenticato di dire che il Movimento 5 Stelle Piemonte, solo il 23 maggio scorso, si faceva fotografare con fierezza mentre teneva in mano un assegno gigante, come quelli che si vincono alla lotteria nei film statunitensi. 195mila euro sottratti agli stipendi dei consiglieri regionali e dati in donazione a varie realtà locali, una notizia meravigliosa. Tra queste però figura anche la Onlus Hansel e Gretel, descritta dai fieri Cinque Stelle come un centro “Dalla parte dei bambini” che offre “Sostegno e ascolto per i bambini abusati, maltrattati, vittime di violenza anche assistita, formazione operatori, sportelli di ascolto e sostegno a maltrattanti.” Ma come, non erano dei mostri amici del Piddì?
Capo stellato delle strumentalizzazioni però, spiace comunicarlo a Di Maio, è l’amico Alessandro Di Battista, che non solo ne approfitta per gettare fango sull’avversario politico, ma spera anche di guadagnarci qualcosa per sé direttamente. “Ci è sembrato doveroso approfondire questo scandalo,” ha scritto il riscoperto Bob Woodward, “anche perché abbiamo registrato un silenzio assordante da parte del 90% del sistema mediatico nazionale. Tuttavia il libro su l’inferno di Bibbiano sarà solo l’inizio.” E infatti, non ne parla proprio nessuno, tant’é che, nel frattempo, la parola “Bibbiano”, ha doppiato le ricerche su Google di quelle su Moscopoli. E dev’essere proprio per quello che il diretto interessato, Matteo Salvini, ha deciso alla fine anche lui di saltare sul carro di quelli che lanciano pietre a destra e a manca e recarsi a Bibbiano. Come nel suo stile, però, ha voluto rilanciare e puntare molto in alto: non il Pd è colpevole, ma La Sinistra – quella cosa che quando serve respingere le accuse di fascismo non esiste, appartiene al passato, ma che quando si cerca un nemico è sempre presente.
Ancora più grave della strumentalizzazione politica è la battaglia portata avanti dalle testate e dai politici della destra conservatrice. Da Il Primato Nazionale a Il Giornale, condivisi e diffusi dai vari Claudio Borghi e Giorgia Meloni, in molti hanno politicizzato la vicenda non attaccando l’avversario politico, ma direttamente una parte della cittadinanza, la comunità LGBTQ+. Secondo loro, infatti, che hanno già emanato la loro personale sentenza, dietro tutto questo ci sarebbe la nota “lobby gay”, che sottrae i bambini ai genitori etero per indottrinarli con le teorie gender. Nel giro di qualche ora, un’inchiesta seria e dai risvolti drammatici è stata trasformata in un caso politico – “un colpo alla famiglia naturale”, come lo ha definito lo psichiatra Alessandro Meluzzi su Notizie ProVita. Questo perché tra le famiglie affidatarie ci sarebbe stata anche una coppia di donne lesbiche. Il primo a farne una questione di genere è stato Il Giornale, che ha subito trovato il motivo per cui l’imputata, già giudicata colpevole, doveva per forza essere una deviata e pervertita criminale: Federica Anghinolfi, una delle psicologhe coinvolte, è omosessuale. Ah, ecco. E “guarda caso” è un’attivista per i diritti LGBTQ+, favorevole alla genitorialità non eterosessuale. Due indizi che per Il Giornale sembrano bastare a costituire una prova: Anghinolfi è un mostro.
In un lungo articolo si parla di lei non perché coinvolta in un caso drammatico e, se vero, agghiacciante, ma perché ha partecipato a dibattiti sulle famiglie arcobaleno e sui nuclei omogenitoriali e perché lesbica lei stessa. Lo stesso quotidiano ha poi pubblicato un’intervista a uno dei padri coinvolti nell’inchiesta a cui sarebbero stati tolti i figli perché “omofobo”, motivazione che risulta difficile credere possa essere stata accettata da qualsiasi tribunale dei Minori. In un altro pezzo, in cui si parla delle intercettazioni che proverebbero che Daniela Bedogni e Fadia Bassmaji – le due donne lesbiche a cui è stata affidata una bambina sottratta ai genitori – sono violente e inadatte alla genitorialità, la giornalista non si chiede: “Come è stato possibile che la piccola sia finita a vivere con due genitori inadatti?” bensì :“Come è stato possibile che la piccola sia finita a vivere con le due donne?”
Peraltro, proprio parlando di Anghinolfi emerge un’altra delle contraddizioni del M5S sul caso Bibbiano: l’avvocata che la difende è un’esponente dei Cinque Stelle, candidata sindaca nel comune di Reggio Emilia proprio con il Movimento ed ex consigliera regionale. Ognibene si è dimessa proprio per evitare di confondere piano professionale e politico, e per questo è stata raggiunta dalla solita sequela di insulti sui social.
Tutto questo mostra anche lo scarso interesse che i paladini delle vittime e dei bambini hanno realmente nei confronti di questi ultimi. Tutto ciò che interessa è rendere questa vicenda un’arma politica contro i loro avversari, civili e politici che siano, e sviare l’attenzione da vicende ben più problematiche sul piano politico. Trasformare un avvenimento in “un caso mediatico” in certi casi può aiutare, com’è successo con Federico Aldrovandi o Stefano Cucchi. Altra cosa però è rendere lo spazio pubblico un tribunale dell’Inquisizione. A dimostrarlo sono molti casi, da Enzo Tortora, presentatore messo in croce per delle accuse poi rivelatesi false, o il caso Montesi, mai risolto ma diventato una sorta di telenovela per il pubblico ludibrio. Quando l’informazione o la politica si mettono a fare il lavoro di chi amministra la giustizia, si genera un cortocircuito per cui la “sete di verità” diventa brama di trovare un nemico da mettere alla gogna. Questo non aiuta le indagini in alcun modo e non tutela le vittime – come dicono di voler fare coloro che si indignano perché, nel frattempo, un’altra parte di Italia si interessava alle sorti di Carola Rackete e dei 42 migranti che ha tratto in salvo. Serve solo a fare il gioco di chi vuole usare la magistratura come un’arma politica e questo, in un Paese democratico, non dovrebbe succedere.
Se oggi il Roveda di Bellocchio dovesse scrivere un pezzo sui fatti di Bibbiano, si guarderebbe bene dal titolare “Affidi illeciti, psicologa arrestata e sindaco indagato per abuso d’ufficio”, ma opterebbe per qualcosa di più simile a “La ‘paladina’ delle coppie gay ‘regista’ degli affidi dell’orrore”, oppure “Orrore in Emilia, lavaggio del cervello ai bambini per strapparli alle famiglie. Arrestato sindaco Pd”. Roveda avrebbe quindi imparato la lezione. Sembra che, insieme a lui, l’abbiano imparata in molti, politici e giornalisti.