Le scene di folle che si azzuffano in un centro commerciale per acquistare un televisore a metà prezzo, fino a una decina di anni fa, si vedevano soltanto nei servizi di Studio Aperto in cui Maria Luisa Rossi Hawkins ci parlava sconvolta della follia del Black Friday americano. Noi italiani guardavamo quelle immagini con la convinzione che mai ci saremmo ridotti così, che quella era la solita esagerazione tipica degli Stati Uniti, che saremmo scampati all’ingordigia consumista. E invece no, il Black Friday è arrivato anche da noi, in modo più graduale e subdolo, complice soprattutto Amazon e l’esplosione dello shopping online: secondo le stime, gli italiani spenderanno 1,3 miliardi di euro questo fine settimana, con un aumento del 25% rispetto allo scorso anno. Visto che per noi si tratta di un fenomeno recente, e quindi arginabile, è meglio mettere in chiaro una cosa: durante il Black Friday sarebbe meglio non comprare niente.
Se anche voi in questo momento avete un carrello pieno su tutti i vostri e-commerce preferiti in attesa che vi arrivi per mail il codice promozionale, non siete i soli: soltanto negli Stati Uniti, circa 137 milioni di persone all’anno approfittano del Black Friday Weekend, che ormai si estende dal classico “venerdì nero” che segue il giorno del Ringraziamento, a tutto il fine settimana, fino al “Cyber Monday”, dedicato allo shopping online. La “tradizione” del Black Friday è sempre esistita in America: in molti stati, il venerdì dopo il Ringraziamento è un giorno festivo, per cui dagli anni Cinquanta molte persone hanno cominciato a fare compere per i regali di Natale proprio durante l’ultimo weekend di novembre. Col tempo, diversi negozi hanno approfittato di questa maggiore affluenza per estendere l’orario di apertura (a volte aprendo addirittura il giorno di Thanksgiving, con buona pace del diritto dei dipendenti di trascorrere le vacanze con le proprie famiglie) e per fare grossi sconti. Dal 2006, considerata la data di inizio del moderno Black Friday, 12 persone sono morte e 117 sono rimaste ferite perché travolte dalla calca che si forma nei negozi, investite nei parcheggi o addirittura colpite durante delle sparatorie.
Il Black Friday è un problema, ed è un problema soprattutto etico. Non solo perché è il riflesso forse più estremo della società capitalista, ma anche perché il sovraconsumo che si verifica in quei giorni ha delle conseguenze gravi sull’ambiente e sui lavoratori.
Per le persone con un potere d’acquisto basso, un giorno di sconti estremamente vantaggiosi potrebbe essere l’occasione di comprare qualcosa che in altri momenti dell’anno non ci si può permettere. Però, a ben guardare, durante il Black Friday le promozioni riguardano soprattutto oggetti di lusso non necessari, device elettronici che useremo una volta nella nostra vita e poi lasceremo a prendere polvere su una mensola, oppure capi di abbigliamento e accessori che si possono trovare scontati anche in altri periodi dell’anno. Il problema esiste nel momento in cui, in un singolo giorno, milioni di persone acquistano da pochi rivenditori milioni di prodotti, spesso superflui e non necessari, o lasciandosi prendere la mano dall’euforia dell’acquisto.
In particolare, con lo shopping online, alle problematiche già esistenti nell’acquisto di nuovi beni (cioè i costi ambientali della produzione, dell’imballaggio, del trasporto e dello smaltimento), se ne aggiungono altre: durante la cosiddetta holiday season, che inizia proprio con il Black Friday, i pacchi spediti dal servizio postale americano sono aumentati di 260 milioni in 10 anni. Se comprare online ha una carbon footprint minore rispetto al singolo consumatore che prende la macchina per andare in un negozio, questo non avviene nel caso in cui si scelgano le spedizioni rapide in uno o due giorni, sempre più diffuse. Ovviamente, se posso avere il mio pacco in 2 giorni anziché in 5, senza pagare nessuna maggiorazione, sceglierò la spedizione più veloce. Poi c’è la questione dei pacchi: il cartone utilizzato per tutte le spedizioni effettuate in America in un anno equivale a un miliardo di alberi e, anche se per i prodotti di volume ridotto ormai si preferiscono le buste, si tratta quasi sempre di imballaggi di plastica.
Elettronica e abbigliamento, due tra i settori più gettonati durante il Black Friday, sono anche i più inquinanti: ogni anno si producono circa 50 milioni di tonnellate di rifiuti elettronici, particolarmente pericolosi perché rilasciano agenti come il cadmio, il piombo e il nichel. Per quanto riguarda il tessile, il settore della fast fashion utilizza 98 milioni di tonnellate di risorse non rinnovabili, è responsabile del 20% dello spreco totale di acqua e del 10% delle emissioni di CO2.
Poi c’è la questione dei diritti dei lavoratori: anche in Italia si sta diffondendo sempre più l’usanza di prolungare l’orario di apertura dei negozi durante il Black Friday. Secondo la ricerca Workforce View in Europe condotta dall’agenzia di risorse umane ADP, a 2 italiani su 3 non vengono pagati gli straordinari, con una prevalenza nella fascia d’età tra i 25 e i 34 anni (66%). I problemi si amplificano per i retailer più grossi: negli Stati Uniti sono 4 volte più inclini a obbligare i dipendenti a lavorare il giorno di Thanksgiving, festivo. In tutta America, anche grazie al rinnovato movimento per i lavoratori, molti impiegati nel settore del commercio si stanno organizzando in scioperi per boicottare il Black Friday. Ma anche in Europa non mancano le proteste: l’anno scorso, 2.400 dipendenti nei magazzini di Amazon in Spagna, Francia e Italia hanno incrociato le braccia durante il venerdì nero. Per riuscire a evadere tutti gli ordini previsti (2 milioni), nel magazzino di Larizzate, nel piemontese, durante il Black Friday scorso i lavoratori a termine erano aumentati del 30%. Secondo la CGIL, il turnover di dipendenti nei magazzini Amazon è troppo alto e le agenzie interinali, anziché proporre un rinnovo di contratto allo stesso lavoratore, preferirebbero sostituirlo, spesso con un preavviso breve o nullo. Nei poli di smistamento di Brandizzo (Torino) e Marene (Cuneo), Uil Trasporti ha indetto 16 ore di sciopero nei giorni intorno al Black Friday per corrieri e fattorini, denunciando “carichi di lavoro estenuanti”.
Se, come diceva Walter Benjamin, il capitalismo è come una religione, il Black Friday è la sua Pasqua, una “festività” in cui si celebra la sua onnipotenza esacerbandone ogni aspetto. Se tutti noi sappiamo quali sono quelli positivi – la gratificazione dell’acquisto ma, forse, ancor quella di aver “fatto un affare” (che è poi, nel caso di beni inutili, è un affare solo per le aziende) – a quelli negativi spesso preferiamo non pensare. Il Black Friday è insostenibile, anche perché non si tratta più di un solo giorno di follia all’anno: le newsletter hanno cominciato a bombardarci di offerte, coupon e promozioni già dall’inizio del mese, poi con il Singles’ Day, poi con la Black Week, poi con il Black Weekend, poi con il Cyber Monday, e così fino a Natale. Abbiamo davvero bisogno di acquistare una lampada a forma di gatto a notte fonda o mentre siamo sulla tazza del bagno?
Ormai ci sembra così naturale comprare la qualunque durante il Black Friday (o il Prime Day, o il Boxing Day o qualsiasi altra festa reale o uscita dall’ufficio marketing di qualche mega-industria) che non riusciamo a immaginare la nostra vita senza. Ma pensare in maniera spontanea che non esista un’alternativa al consumismo e al capitalismo è proprio il trionfo del controllo che questa ideologia ha sulle nostre vite. Prima di fare binge shopping su Amazon o, ancora peggio, su Wish, basterebbe chiedersi: ne ho davvero bisogno? Lo userò nella mia quotidianità? Sono sicuro che nessun lavoratore è stato sfruttato per produrlo? Che impatto ambientale avrà? Se si romperà, sarò in grado di ripararlo o sarò costretto a buttarlo?
Se anche solo pensare a lungo termine quando si fa un acquisto è già qualcosa, alcune persone compiono scelte più radicali. Da qualche anno si è diffusa la pratica del Buy Nothing Day, che si celebra lo stesso giorno del Black Friday. Il Buy Nothing Day è nato in Canada nel 1992 e invita le persone ad astenersi da qualsiasi acquisto e, se proprio necessario, a rivolgersi a rivenditori locali e non a grandi distributori. Alcune aziende hanno deciso di trasformare il Black Friday in un Green Friday. Su iniziativa di una rete di negozi francese nata nel 2017, i partecipanti non fanno sconti e devolvono parte dei ricavati delle vendite ad associazioni ambientaliste. Haglöfs, azienda svedese di abbigliamento tecnico per la montagna, quel giorno addirittura raddoppierà il prezzo dei propri prodotti. Quest’anno, assieme alle varie iniziative anti-consumismo, il 29 novembre si svolgerà anche il quarto Sciopero globale per il clima organizzato da Fridays for Future.
Come ogni pranzo di Pasqua che si rispetti, il Black Friday è lo zio un po’ brillo che ci riempie il bicchiere di vino senza che ce ne accorgiamo. Durante questa giornata ci convinciamo di poter acquistare tutto quello che ci piace e di avere un potere d’acquisto illimitato. Poi i pacchi arrivano, c’è un momento iniziale di entusiasmo, ma alla fine siamo al punto di prima: vogliamo comprare di più. Se cambiare le proprie abitudini di consumo è un percorso lungo e faticoso, astenersi dall’acquisto per un solo giorno all’anno è un piccolo gesto, ma dalla portata enorme.