Il background check avrebbe evitato San Donato, non “cacciare gli stranieri”
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La scorsa settimana, la polizia ha bloccato un bus di linea in partenza per una gita scolastica da Troina, in provincia di Enna. Gli agenti hanno accertato la manomissione del cronotachigrafo, lo strumento che registra i tempi di guida e di riposo dei conducenti e la velocità di marcia del veicolo. Il mezzo è stato sequestrato e all’autista è stata ritirata la patente. Grazie a questo controllo, si è evitata una grave violazione del codice della strada per quel che riguarda la sicurezza e si è salvaguardata l’incolumità dei minorenni in partenza. 

Poche ore prima, un autobus con a bordo 51 studenti di una scuola media di Crema è stato dirottato dall’autista che, dopo un inseguimento dei carabinieri, ha incendiato il mezzo nei pressi di San Donato Milanese. La vicenda si è conclusa con l’arresto dell’autista Ousseynou Sy e alcuni ricoveri in codice verde per intossicazione, ma il bilancio poteva essere molto più grave. Per quanto si tratti di due episodi molto diversi tra loro per dinamiche e gravità, nel caso di Troina i controlli preventivi delle autorità hanno permesso di fermare l’autista prima che violasse la legge, mentre a San Donato Milanese è stata proprio la mancanza di accertamenti preliminari ad aver messo a repentaglio la vita dei ragazzi. Ousseynou Sy aveva infatti precedenti penali per guida in stato di ebbrezza e abuso su minore e nel 2007 gli era stata sospesa la patente. “Negli anni non ha mai dato segnali di squilibrio, né avevamo mai ricevuto reclami sulla sua condotta come autista. A livello di compartimento aziendale, Crema e zone limitrofe, non eravamo a conoscenza dei suoi precedenti penali,” ha dichiarato in un comunicato Autoguidovie Crema, l’azienda dove l’autista era assunto. Le cose sembrano stare così, a causa di alcuni buchi normativi che si aggiungono a particolari coincidenze temporali.

Ci sono una serie di requisiti da rispettare per poter fare l’autista di autobus: bisogna aver compiuto 21 anni, essere in possesso della patenti di categoria B e D, oltre ad aver ottenuto la Carta di qualificazione del conducente professionale per il trasporto di persone, che attesta la formazione dell’autista. Prima di venire assunti dall’azienda è anche necessario superare una visita medica, come previsto dal decreto ministeriale 88 del 1999 sull’idoneità psicofisica. I controlli proseguono a campione durante gli anni di lavoro, con nuove visite mediche programmate dall’azienda e test tossicologici per verificare che il dipendente non faccia uso di alcool e droghe. Da nessuna parte però compare l’obbligo di vigilare sul casellario giudiziario dell’autista: questo vuol dire che l’azienda potrà, su esplicita richiesta, venire a conoscenza degli eventuali reati commessi dal dipendente prima della sua assunzione mentre per quelli eventualmente commessi dopo tutto dipenderà dalla spontaneità dei controlli del datore di lavoro o dalla volontà del dipendente di comunicarli.

In realtà le cose sono cambiate negli ultimi anni, ma senza effetto retroattivo, permettendo a Ousseynou Sy di continuare a lavorare per Autoguidovie Crema. Nel 2007 gli è stata sospesa la patente per guida in stato di ebbrezza, ma era riuscito a nascondere al datore di lavoro l’accaduto. Solo dal 2010 la sospensione per questo tipo di sanzioni non è più prevista, passando direttamente alla revoca. Con la nuova normativa l’azienda sarebbe venuta a sapere della condanna, ma la legge è cambiata solo tre anni dopo e non ha valore retroattivo. Allo stesso tempo, come ricostruisce Simone Cosimi su Wired, “Il decreto legislativo n. 39 del 4 marzo 2014 consente di poter chiedere il certificato del casellario per l’assunzione di persone che lavoreranno a diretto contatto con minori. Sul sito del ministero della Giustizia quella richiesta appare come obbligatoria, è vero, ma non per i dipendenti già assunti”. Come spiega la norma stessa, l’obbligo di richiedere il certificato sorge solo quando si intende stipulare un contratto di lavoro e non quando ci si avvale di semplici forme di collaborazione. La richiesta non va ripetuta alla scadenza della validità del certificato e non va presentata per le persone già impiegate alla data di entrata in vigore della normativa. Ousseynou Sy era in regola sotto tutti i punti di vista, tanto per la patente sospesa e non revocata, quanto per i controlli facoltativi e non obbligatori sul suo conto da parte della società.

Tutto ciò prova che il sistema italiano di background check sulle persone assunte nell’ambito dei trasporti di persone e, in particolare, di minori è fallace. Qualcuno ha puntato il dito contro la sindaca di Crema, Stefania Bonaldi, del Partito democratico. La sua colpa sarebbe quella di aver scelto Autoguidovie come fornitore dei servizi di trasporto in città, oltre che aver osteggiato pubblicamente il decreto sicurezza di Salvini. Quanto avvenuto a San Donato Milanese sarebbe il risultato della combinazione di questi due fattori, secondo gli haters che online sono arrivati perfino a minacciare di morte la sindaca. In realtà la scelta di Autoguidovie Crema come fornitore non dipende dall’attuale consiglio comunale, ma è frutto di un bando provinciale. Come si è visto, non si può neanche parlare di imperizia da parte della società, dal momento che a oggi nessuna legge richiede controlli costanti sulla fedina penale dei propri dipendenti, come avviene in molti Paesi.

Il comune di Crema non ha responsabilità, mentre la società di trasporti invece non ha vigilato, ma non era neanche obbligata a farlo per legge. Mancano doveri dal lato dei dipendenti e di chi li assume, ma vi è anche scarsa comunicazione tra autorità, motorizzazione civile e le aziende di trasporti. In fondo, l’informazione della patente sospesa per guida in stato di ebbrezza era di dominio della motorizzazione, ma non è stata trasmessa ad Autoguidovie. Allo stesso modo, la condanna a un anno con pena sospesa per abuso su minore si trovava negli archivi del tribunale competente, ma nessuno ha informato l’azienda dove Ousseynou Sy lavorava, proprio a contatto con i bambini. “Tra ministero e chi svolge un servizio pubblico ci dovrebbe essere uno scambio continuo di informazioni che invece manca”, ha dichiarato Corrado Bianchessi, direttore del personale di Autoguidovie.

Se si vuole trovare un responsabile di quanto avvenuto a San Donato milanese è inutile individuarlo nel sindaco o nel dirigente dell’azienda di turno. La colpa è a monte, nell’assenza di un coordinamento tra autorità e fornitori di servizi di trasporto, che ostacola la circolazione di informazioni sensibili ma fondamentali per stabilire l’idoneità professionale dei dipendenti. Più in generale, la responsabilità è di un sistema di background check inefficiente e che solo dopo una tragedia sfiorata manifesta l’urgenza di una sua riforma. Il Pd ha presentato un’interrogazione parlamentare al ministro dell’Interno Salvini e a quello dei Trasporti Toninelli, per chiedere l’eliminazione delle lacune sui controlli e che il background check diventi effettivo sugli autisti dipendenti non solo al momento dell’assunzione, ma lungo tutto il corso del rapporto di lavoro. Salvini, subito dopo la scampata tragedia, ha detto: “Già domani manderò una circolare a tutti i Sindaci perché chi lavora con il pubblico, specie con ragazzini, porti la fedina penale obbligatoria”. Nella circolare spedita il 22 marzo dal Ministero alle Prefetture si richiede di “Intensificare i controlli sui documenti necessari per lo svolgimento dell’attività di autista”, “attivare le opportune interlocuzioni con gli uffici provinciali della motorizzazione civile” e applicare “in modo scrupoloso le disposizioni sull’accertamento e il controllo dell’idoneità fisica e psico-attitudinale del personale addetto ai pubblici servizi di trasporto”. Salvini non ha fatto altro che ribadire quanto già previsto dalla legislazione attuale, che ha permesso a Ousseynou Sy di continuare a lavorare nonostante i suoi precedenti. 

Nella circolare è anche scritto che è in corso una valutazione per modificare la normativa vigente. Magari si guarderà all’estero, dove il background check è la norma. Ad esempio negli Stati Uniti, dove gli autisti di scuolabus sono obbligati a presentare in maniera continuativa la documentazione relativa alla propria fedina penale, un report aggiornato su eventuali abusi su minori commessi, oltre che le proprie impronte digitali. In Italia il sistema dei controlli è invece ancora deficitario e quanto avvenuto a San Donato milanese è solo la punta dell’iceberg di un problema molto più vasto, come hanno dimostrato i casi dell’autista che guidava ubriaco in servizio a Como,  di quello arrestato a Lecce per molestie su minorenni, o del conducente di uno scuolabus di Benevento sorpreso alla guida in preda ai fumi dell’alcool.

Conoscere a fondo  i precedenti penali e le sanzioni amministrative relative alla guida di veicoli di chi ha la responsabilità di portare ogni giorno decine di ragazzini sulle strade italiane non è sempre possibile. Rendere obbligatorio un sistema di controlli costanti e continuativi è però un primo passo per evitare che si ripetano notizie simili. La tentata strage di San Donato Milanese deve essere un monito per l’irrigidimento della normativa italiana sul background check, senza che tutto finisca nel dimenticatoio quando la bolla mediatica sul caso si sarà sgonfiata.

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