Invece di giudicare chi bacia i propri figli sulla bocca smettiamola di essere ottusi e sessuofobici - THE VISION

Recentemente la foto di un bacio sulle labbra tra David Beckham e sua figlia, Harper Seven, ha riacceso una vecchia querelle, se sia appunto “giusto” o “sbagliato” baciare sulla bocca i propri figli, così come chiamarli “amore” o dir loro “ti amo”. La lista di cosa debba fare e cosa assolutamente no una madre per essere considerata dall’Oms e dalla società tutta una buona madre è pressoché infinita, così come quella dei manuali che insegnano appunto come esserlo, seguendo regole molto precise, che se intersecate e portate nel mondo reale nella migliore delle ipotesi portano all’esaurimento nervoso della mamma, cosa che di solito non ha ottimi effetti sulla prole.

Alberto Pellai, psicoterapeuta dell’età evolutiva e ricercatore presso il dipartimento di Scienze biomediche dell’Università degli Studi di Milano, medico e scrittore, ha criticato duramente questo gesto con un post sui social, sollevando critiche da parte di diversi genitori, soprattutto mamme. “Un bacio sulle labbra del proprio figlio vale come un bacio sulla guancia, sul naso, sulla spalla. Esula da un qualsiasi erotismo”, ha commentato una di queste. Secondo alcuni psicoterapeuti, e non solo, però, il bacio sulla bocca sarebbe sempre e comunque fonte di eccitazione o di sensazioni intense per i bambini, e quindi da evitare per non dar adito a confusione o sensazioni di pericolo in futuro. Mi chiedo se i figli con madri che hanno pedissequamente rispettato questo vagone di regole più o meno fondamentali per il benessere dei bambini siano effettivamente felici, o se come tutti abbiano i loro problemi. Intuitivamente propendo per la seconda.

C’è tutto un filone di professionisti che vede nella sessualità del bambino, e della sua relazione fisica con la madre, qualcosa di profondamente preoccupante, come se il bambino non fosse stato parte della madre e non fosse uscito dal suo stesso corpo. Certo, il bacio sulle labbra riduce notevolmente le distanze, e il senso di separazione, quindi tra madri e figli in particolare può rappresentare un modo per riavvicinarsi, come nei primi mesi dopo la nascita, quando il neonato dipendeva in tutto dalla madre, o anche per costruire un legame fisico altrettanto intimo col padre (non a caso il bonding non si fa solo con il seno e la pancia delle mamme, ma anche con la pelle e il torace dei papà). Ricordo ancora chiaramente quando a una conferenza organizzata gratuitamente dall’ospedale in cui avevo scelto di partorire, un sessuologo ci fece una capa tanta sul fatto che noi donne vogliamo allattare così a lungo i bambini perché la cosa ci eccita, dato che succhiano i nostri capezzoli, e quindi lo facciamo per un nostro tornaconto personale inconscio in termini di piacere (era lo stesso che invitava le presenti a garantire almeno tre rapporti sessuali alla settimana per mantenere una buona relazione col partner, nonostante le notti insonni, la totale mancanza di tempo per la cura di sé, e il corpo a pezzi). Peccato che da un lato per moltissime donne l’allattamento sia doloroso, vissuto come un obbligo imposto dalla società, o comunque un sacrificio; e dall’altro la gioia che può derivarne può essere molto preziosa in termini di qualità della relazione tra la madre e il bambino, quasi come un rimedio rigenerante, che ripaga dalle tante fatiche e da quella che può essere la brutalità di alcuni cambiamenti. Parlare di eccitazione sessuale, solo perché la suzione fa produrre ossitocina (il cosiddetto ormone dell’amore), è assurdo e assolutamente fuorviante. Come ciò che tuona dall’alto della propria cattedra chi dice che l’allattamento a richiesta è vizio.

I contatti fisici che abbiamo con gli altri esseri umani sono influenzati e dettati dalla cultura. In India uomini e donne che non hanno una relazione non si abbracciano, in Italia sì. Pellai sostiene che tra amici non ci si bacia, come se fosse una legge di natura, quando invece è semplicemente un’usanza. In Russia, infatti, il bacio sulle labbra è parte della tradizione sovietica – passò alla storia quello di Brezhnev a Honecker – ed è tuttora diffuso tra i russi per salutarsi o congratularsi in maniera affettuosa. Così come hanno fatto le due atlete russe Tatyana Firova e Kseniya Ryzhova che hanno festeggiato la vittoria della medaglia d’oro nella 4×400 ai mondiali di atletica leggera di Mosca del 2019 baciandosi sulle labbra. Gli eschimesi invece si strofinano naso contro naso.

Il neuroscienziato Eric Haseltine, ha specificato su Psychology Today che il bacio sulla bocca come gesto amoroso non è universale, soprattutto quando non si usa la lingua. Ciononostante, tra adulti ha sicuramente una valenza passionale. Haseltine, per studiare il gesto del bacio sulle labbra, ha sfruttato il modello dell’Homunculus di Penfield, la rappresentazione gerarchica della sensibilità e del movimento del corpo umano. È così arrivato a spiegare perché è proprio la bocca ad essere il “luogo elettivo” per il contatto.

Leonid Brezhnev e Erich Honecker, 1979

Quando il cervello sensoriale dedica molto tessuto neurale a una particolare parte del corpo, come appunto possono essere le labbra, l’acuità tattile – ovvero la capacità di percepire piccoli dettagli degli oggetti a contatto con la pelle – diventa molto più elevata. Al contrario, quando il cervello dedica poco tessuto cerebrale a una parte del corpo, come ad esempio il braccio o una gamba, la pelle su quella parte del corpo sarà insensibile ai piccoli dettagli degli oggetti con cui entra in contatto. Le labbra, a cui è dedicato molto tessuto, riescono quindi a percepire molti più dettagli di un avambraccio, e molto più facilmente. Per questo motivo, quando due persone si baciano sulla bocca ha luogo una grande attivazione neurologica, determinata da un ampio coinvolgimento del tessuto cerebrale di entrambe. Il bacio sulle labbra appare allora come un modo molto efficace per massimizzare l’intimità tra due cervelli. Al tempo stesso, nel modello di Penfield, le mani dell’Homunculus – sia per quanto riguarda la parte sensoriale del cervello che quella motoria – sono incredibilmente grandi rispetto al resto, del tutto sproporzionate. Questo per via dell’enorme acutezza tattile e delle precise e raffinate capacità motorie delle nostre dita. Secondo Haseltine, quindi, per massimizzare il contatto tra i nostri tessuti cerebrali, non solo ci baciamo, ma ci teniamo anche per mano. Alla luce di queste conoscenze, giudicare questo comportamento con una visione che sembra sottratta alla mentalità vittoriana, sembra a dir poco riduttivo.

Dice Pellai “Se diciamo [ai bambini] ‘Ti amo’ e li baciamo sulle labbra, come faranno a capire che altri adulti, diversi dalle mamme e dai papà, non devono farlo?”. Ma questo forse è un altro discorso. Una madre dovrebbe quindi ridurre e limitare le sue dimostrazioni d’affetto e l’intimità nei confronti dei figli per paura del malaugurato rischio che possano diventare vittime di pedofilia? Lo psicoterapeuta sostiene anche che i genitori devono volere bene ai figli, non amarli. Ma l’amore filiale è tra i più forti, forse il più forte, che l’essere umano possa provare. E se Pellai svaluta una lingua come l’inglese, che non prevede una distinzione linguistica tra i tipi d’amore, a favore della precisione dell’italiano, forse bisognerebbe che facesse un rapido ripasso di greco antico. I greci infatti distinguevano tra almeno sette tipi di affetto.

Agape (αγάπη) è amore di ragione, incondizionato, oblativo, anche non ricambiato, spesso con riferimenti religiosi; philia (φιλία), l’amore di affetto e piacere, di cui ci si aspetta un ritorno, ad esempio tra amici; eros (έρως) che definisce l’amore sessuale, ma non solo – deriva infatti da eramai (ëραμαι) che vuol dire “amare ardentemente”, “bramare”, “desiderare”, e non si riferisce soltanto a una persona ma anche ai bisogni primari, come bere e mangiare, a concetti astratti e alla conoscenza; c’è poi himeros (Iμερος), la passione irrefrenabile del momento, il desiderio fisico, presente e immediato, che chiede di essere soddisfatto; thélema (θέλημα), l’amore per quel che si fa, il voler fare; pothos (Πόθος), il desiderio verso cui tendiamo, ciò che sogniamo, alla base della nostra intenzionalità e infine stοrgé (στοργή), l’amore parentale-familiare, che viene dal verbo stergo (Στέργω) che significa “amare teneramente” e viene usato soprattutto in riferimento all’amore filiale: è l’amore d’appartenenza, tra parenti e consanguinei, l’affetto naturale fra intimi e specialmente fra genitori e i figli, ma anche tra fratelli e sorelle.

Molte persone hanno criticato proprio questa parte del suo lungo commento social. Una mamma ha scritto per esempio che la differenza tra ‘Ti voglio bene’ e ‘Ti amo’ non esiste in tutte le lingue. Un’altra che rifletterà se baciare ancora o meno i figli sulla bocca, dopo la sua spiegazione, ma non rinuncerà a dire loro ‘Ti amo’ perché non è solo ‘bene’ quello che prova. “È vero che ad esempio in inglese ti amo e ti voglio bene si dicono nello stesso modo, ma noi abbiamo una ricchezza di parole ed espressioni che ci permette di fare chiarezza con i nostri bambini” spiega Pellai. “È chiaro che ciascuno è libero di pensare e fare con il proprio figlio quello che ritiene opportuno. Ma credo che nessuno psicoterapeuta o psicologo dell’età evolutiva direbbe, ad esempio, che faccia bene baciare i propri figli sulle labbra. L’amore per il figlio è diverso da quello per il partner di vita. Un adulto lo ha chiaro, ma un bambino no. Sono due forme d’amore differenti e il bambino, se gli viene detto ‘Ti amo’ e lo si bacerà sulle labbra, non lo avrà così chiaro”.

Secondo un’intervista rilasciata da Pellai a Repubblica sembrerebbe che la ragione principale per condannare il bacio sulle labbra tra madre e figli, o tra padre e figli, “è che, nel caso in cui un altro adulto, malintenzionato, dovesse [dir loro] ‘Ti amo’ e provare a baciarl[i] sulla bocca, il bambino o la bambina potrebbero non capire che si tratti di qualcosa di sbagliato, perché potrebbero percepirlo come un gesto spontaneo e naturale”. “Come psicoterapeuta,” continua Pellai, “non mi è mai capitato che un paziente o una paziente mi dicesse di aver sentito la mancanza dei baci sulle labbra da parte dei genitori. Al contrario, mi è capitato più volte di pazienti che mi confidassero il loro disagio nell’aver subito, quando erano bambini, dei baci sulle labbra da parte dei genitori”.

Ovviamente c’è sempre modo e modo. I bambini vanno rispettati, anche quando sono figli nostri e quindi in un certo senso percepiti quasi come parte di noi. Il tema del consenso, fin dalla tenera età, è fondamentale e necessita di un’educazione attenta e specifica, ma in questo contesto un bambino può vivere come un’invasione del suo spazio intimo un bacio sulla bocca così come un bacio sulla guancia, o sulla testa, una carezza o un abbraccio. Invece che osservare rigidamente teorie e manuali, in un ambito così delicato e mutevole, come l’evoluzione degli individui e i rapporti che la influenzano e la regolano, invece di condannare la cosa più utile resta l’osservazione, libera da dogmi, ideologie e pregiudizi. E chissà se a forza di osservare con attenzione comportamenti che riteniamo sbagliati, o immorali, non si scopra qualcosa che smentisca alcune radicate convinzioni, come spesso è successo nella storia della ricerca scientifica.

 

Segui Lucia su The Vision | Facebook