Una ricerca dell’istituto Ipsos Mori ha scoperto che 6 adulti su 10 in 38 nazioni pensano possa esistere un legame tra l’insorgenza dell’autismo e il vaccino; in Francia sono il 65%, in Gran Bretagna il 55% e in Italia il 52%. Anche per questo, secondo i dati pubblicati dall’Oms tra il 2016 e il 2017 il numero di casi di morbillo è aumentato del 31% in tutto il mondo; nella sola Europa l’incidenza è cresciuta del 400%, con quasi 4mila casi solo nel nostro Paese, dove la copertura vaccinale è scesa sotto il 90% per la prima volta in 10 anni.
A volte però lo scetticismo non è condiviso da tutti i componenti della famiglia e così si vengono a creare situazioni di contrasto. Di recente, si sono diffusi su Reddit thread in cui adolescenti figli di no-vax chiedono consigli su come potersi vaccinare senza il consenso dei genitori o di uno solo. Negli Stati Uniti, nella maggior parte degli Stati, la normativa prevede che dai 16 anni in poi un minore abbia diritto a una visita medica confidenziale, ma prima dei 18 non può acconsentire al trattamento medico senza il consenso parentale. In Inghilterra anche i minori di 16 anni possono dare il loro assenso a condizione che siano reputati Gillick competent, ovvero che siano in grado di comprendere a pieno tutte le implicazioni del caso. L’approccio è analogo anche in anche in Canada e Australia.
In Italia, la situazione non è ancora del tutto definita e occorre comunque distinguere tra trattamenti sanitari volontari, per i quali vige ora la disciplina sul consenso informato, e trattamenti obbligatori come i vaccini imposti in base all’art. 32 della Costituzione. Come spiega la professoressa di Diritto costituzionale dell’Università di Roma “Tor Vergata” Donatella Morana, autrice del saggio Diritto alla salute e vaccinazioni obbligatorie, la Costituzione non mette nero su bianco chi abbia l’ultima parola su questioni che riguardano la salute del minore e che lo mettono in una posizione di contrasto rispetto ai genitori. Tuttavia, un’indicazione importante si può ricavare ragionando sull’articolo 30, che secondo la professoressa è dominante. Tra i diritti e i doveri dei genitori nei confronti dei figli stabiliti dalla Carta, infatti, è da considerarsi prioritario quello di mantenere il figlio, inteso come il dovere di mantenerlo in vita e in salute. Dunque, se l’adulto vuole rifiutare un trattamento medico per sé, è libero di farlo, ma nel momento in cui si tratta del minore deve considerarsi prioritario il parere del medico, sulle base delle più recenti e validate acquisizioni scientifiche (le stesse che conducono il legislatore a introdurre l’obbligo vaccinale).
Anche l’ultima legge in materia di consenso informato e disposizioni anticipate di trattamento prevede all’articolo 3 la valorizzazione delle capacità di comprensione e decisione del minore, il quale deve ricevere informazioni adeguate in merito alle scelte relative alla sua salute – e in questo il medico ha un ruolo dirimente. Nella legge si dispone inoltre che i genitori debbano tenere conto della volontà del minore stesso e della tutela della sua salute psicofisica – per di più, nel caso della vaccinazione obbligatoria, si tratta di proteggere anche l’interesse della collettività alla salute. Ovviamente, bisogna sempre distinguere tra minori con e senza capacità di discernimento, come può esserlo un bambino di 2 o 3 anni. In questo senso però occorre ricordare che le 10 vaccinazioni obbligatorie sono da effettuarsi prima dei 16 anni: vi è dunque una fascia di età di almeno 4 o 5 anni in cui il ragazzo o la ragazza, pur essendo minori, possono ritenersi in grado di compiere una scelta consapevole sulla propria salute. Dunque, l’eventualità che si verifichino casi simili, in cui è il minore ad avanzare richiesta di vaccino, non è da escludere (anche, in ipotesi, attraverso il ricorso al giudice tutelare).
Anche per il professor Luigi Principato, ricercatore dell’Università della Tuscia e autore del saggio Obbligo di vaccinazione,“potestà” genitoriale e tutela del minore, il minore è soggetto giuridico al pari dell’adulto quando si tratta di diritti costituzionali, come lo è ad esempio il diritto alla salute. Inoltre, fa notare Principato, la responsabilità genitoriale non è mai diritto di decidere ciò che il genitore vuole a prescindere dell’interesse o dalla volontà del figlio. Nemmeno si può prescindere dal fatto che il bambino debba essere educato a essere componente e membro di una collettività, consapevole del fatto che tutti noi accettiamo limitazioni per la tutela degli interessi degli altri. E i vaccini sono un modo per tutelare anche e soprattutto quei soggetti più deboli che non possono ricorrere all’immunizzazione. Ci sono infatti svariati motivi per cui una persona può non essere in condizione di ricorrere al vaccino, come per esempio una patologia che debilita o azzera il suo sistema immunitario. Per questi soggetti, venire a contatto con individui malati è molto pericoloso, e può portarli anche alla morte. È da qui che nascono, per la scienza, il concetto dell’immunità di gregge (ovvero un grado di diffusione del vaccino talmente alto che protegge anche i non vaccinati), e per la legge, l’obbligo al trattamento, che di per sé è un’eccezione rispetto al principio di volontarietà dei trattamenti sanitari. Inoltre sono previsti indennizzi per chiunque possa andare incontro ai (rari) effetti collaterali negativi, anche per le vaccinazioni non obbligatorie.
Date tutte queste considerazioni, ci sono i presupposti affinché il minore con capacità di discernimento possa ritenersi in grado di decidere della sua salute. Tuttavia, lo scoglio principale resta, ed è il fatto che l’ultimo decreto in materia prevede che debba essere presentato il consenso di entrambi i genitori – anche se, per prassi, diversi centri hanno confermato che, in presenza di uno dei due, vale il silenzio assenso dell’altro. In questo senso, sia l’Ordine dei Medici di Milano che quello di Roma hanno dato indicazioni ai loro iscritti di non procedere con la vaccinazione in caso di mancato assenso dei genitori. “Giuridicamente sarebbe sbagliato,” spiega Principato. “Il medico, se esercitasse correttamente i poteri che la legge gli attribuisce, dovrebbe vaccinare il minore anche contrariamente al consenso dei genitori. Tuttavia bisogna fare i conti con la prassi. È una questione prudenziale, e una questione culturale: non è recepita nella prassi medica l’idea che il diritto costituzionale alla salute si esercita a prescindere dal compimento del diciottesimo anno di età.”
In questi casi le opzioni possono essere diverse. Il minore che volesse ottenere la vaccinazione potrebbe prima di tutto recarsi dal medico o in un consultorio. Il medico o il Servizio sociale dovrebbe segnalare il caso al Servizio sanitario, che a sua volta si dovrebbe rivolgere al giudice tutelare. Questi potrebbe adottare un provvedimento conformativo della potestà genitoriale e imporre la vaccinazione. Non sempre però questo avviene in quanto, in diversi casi, i giudici hanno ritenuto che le motivazioni dei genitori non fossero legate a una mancanza di cura del minore e quindi la legge non potesse obbligarli a provvedere alla vaccinazione del figlio. Nelle sentenze non si legge però nessun riferimento al volere dello stesso minore, dunque è probabile che non sia stato lui a manifestare la sua volontà, ma si sia trattato di una segnalazione d’ufficio.
Un’altra strada percorribile per il minore è quella di nominare un curatore speciale, che può essere chiunque abbia a cuore il suo interesse – quindi un parente, un amico capace di intendere e volere, o anche un maestro di scuola. Per fare questo sarebbe necessario recarsi in uno studio legale e da lì presentare istanza al giudice, magari con l’assistenza di un legale. Se accolta, il curatore potrebbe firmare il consenso al posto dei genitori. C’è un dibattito aperto circa la concreta possibilità del minore di presentare un’istanza, ma secondo il professor Principato dovrebbe essere riconosciuta. L’ultima possibilità è quella che coinvolge il sindaco, che è l’autorità preposta alla cura dell’igiene pubblica. Teoricamente il minore potrebbe recarsi dal sindaco ed esporre la situazione e le sue istanze. Questi potrebbe produrre un’autorizzazione sindacale, ma ovviamente i sindaci, come i medici, sono molto restii a intervenire perché rischiano un ricorso da parte dei genitori. Però, anche in questo caso, come in quello del medico e del curatore, si tratta di una via d’accesso al tribunale dei minori, che poi dovrà decidere, tenendo anche conto del parere di un esperto e ascoltando le motivazioni di minore e genitori, se autorizzare o meno la vaccinazione.
Senza passare dal giudice quindi in Italia è molto difficile che un minore riesca a esercitare il suo diritto alla salute se in contrasto con la volontà dei genitori. E il problema non è da sottovalutare in quanto lo scetticismo verso i vaccini è diffuso a livello globale. Gira in queste settimane su Twitter un meme attraverso cui gli utenti condividono i risultati della ricerca su Facebook della parola “vaccini”: quasi solo gruppi no-vax, e l’algoritmo personale non c’entra. Un’inchiesta del Guardian ha dimostrato che accade lo stesso con un nuovo account, e anche su Youtube. Da Facebook fanno notare che il problema è la mancanza di attività pro-vax a generare il “vuoto di dati”, e quindi “traviare” l’algoritmo. Ma la questione è proprio qui: i no-vax fanno più rumore, producono più materiale specialmente sui social (tant’è che Pinterest ha deciso di bloccare i post con simili contenuti) e per questo rischiano di influenzare sempre più persone.
Secondo i dati raccolti dalla Royal Society for Public Health, metà dei neogenitori britannici è sottoposta a disinformazione sul tema attraverso i social media; questo fa sì che la paura di effetti collaterali rappresenti oggi la causa più comune dell’avversione al trattamento. Sebbene una ricerca della Bocconi abbia ipotizzato un interessante collegamento con l’austerity, il ruolo delle teorie no-vax nello spingere le persone a sottovalutare la malattia e, allo stesso tempo, dubitare del vaccino, è innegabile. Uno studio pubblicato sull’European Journal of Public Health ha segnalato come, in Europa, vi sia un inquietante collegamento tra la diffusione delle suddette teorie e il consenso elettorale per i partiti populisti. “Sembra che il populismo scientifico e quello politico siano generati da sentimenti simili – la sfiducia nei confronti delle élite e degli esperti da parte di frange emarginate della popolazione,” ha spiegato l’autore del paper.
Seppure nessuna teoria in campo scientifico possa mai dirsi definitiva, i motivi per pensare che i vaccini siano un’ottima invenzione sono diversi. In uno studio dell’Istituto superiore di sanità, pubblicato sulla rivista medica Vaccine, è stato analizzato l’impatto dei vaccini in Italia sulla mortalità e la morbosità delle 10 patologie che rientrano nello spettro delle vaccinazioni obbligatorie. Il lasso di tempo analizzato è di 115 anni, dal 1900 e il 2015, e il risultato è che, se si accetta il trattamento come unica variabile, si deduce che questo ha evitato il contagio di oltre 4 milioni di persone, nel 35% dei casi bambini nei primi anni di vita.
Questo è solo uno dei tanti studi che si possono citare per sostenere come, fino a prova contraria, il vaccino risulti ad oggi il metodo meno rischioso per prevenire malattie potenzialmente mortali o debilitanti. La comunità scientifica è d’accordo su questo. Dall’altro lato della barricata ci sono pochi studi isolati che sollevano leciti – ma ancora non provati – dubbi, e le teorie pseudo-scientifiche dei no-vax, prima fra tutte quella dell’ex-medico britannico Andrew Wakefield, radiato dall’albo per aver falsificato i dati di un paper in cui collegava l’insorgenza dell’autismo con la somministrazione del vaccino trivalente. La comunità scientifica è compatta nel dire che quelle di Wakefield fossero teorie infondate, così come sentenze e inchieste giornalistiche hanno dimostrato i veri interessi dell’ex medico britannico, ma ancora oggi c’è chi, dalle aule istituzionali, paragona i vaccini a una marchiatura da bestiame, suggerisce che andare a trovare il cugino malato sia tanto efficiente quanto il trattamento medico sanitario e spinge molti genitori a rifiutarsi di portare i figli a vaccinarsi.
Ma se da una parte ci sono genitori anti vaccino, dall’altra ci sono minori che rivendicano il loro diritto a dissentire, ed è giusto discutere di come dare loro la possibilità di farlo.