Sui social sembra che ormai siano tutti attivisti – autoproclamati o definiti tali dalle rispettive platee di riferimento. Ma se prima dell’avvento di Internet l’attivismo era, dizionario alla mano, una “partecipazione attiva a un’organizzazione politica o sindacale”, oggi la partecipazione può essere anche meno attiva, più pigra, e i social concedono l’autoillusione di percepirsi attivisti anche solo per aver ricondiviso un reel sugli sfollati del Darfur o un post sulla discriminazione transfobica. Meglio di niente, si potrebbe pensare, e forse è davvero così. Resta però quel dubbio un po’ semantico e un po’ politico sulla proliferazione dei wannabe attivisti, soprattutto quando...
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