Pochi giorni fa si è consumato il nuovo, ennesimo capitolo dell’ormai abituale guerra italiana alle Ong. Il gip di Catania Carlo Cannella, su richiesta del procuratore Carmelo Zuccaro, ha ordinato il sequestro della nave Aquarius di Medici Senza Frontiere e Sos Mediterranée. Secondo l’accusa, il personale avrebbe condiviso, pianificato ed eseguito un progetto illegale di smaltimento di rifiuti pericolosi a rischio infettivo derivanti dalle attività di soccorso dei migranti. “Scabbia, tubercolosi, meningite, HIV, questo il variegato elenco di malattie infettive portate dai migranti soccorsi dalla Aquarius che non avrebbe smaltito come rifiuti pericolosi gli indumenti dismessi e i materiali utilizzati a bordo per il primo soccorso delle persone”, si legge nell’atto.
La questione delle malattie portate dai migranti è un espediente molto utilizzato dalle forze populiste per parlare alla pancia delle persone, ecco perché la notizia è stata vissuta come un’epifania da molti. Questo, nonostante la letteratura scientifica sottolinei come non ci siano pericoli di trasmissione legati al vestiario.
Il sequestro del 20 novembre dell’Aquarius è solo l’ultima tornata di una crociata contro le Ong che da tempo coinvolge media, procuratori e politici italiani. Già a inizio 2017 la procura di Catania aveva dato il via a un’indagine conoscitiva sugli interventi nel mar di Sicilia per soccorrere i migranti. “Vogliamo capire chi c’è dietro tutte queste organizzazioni umanitarie che sono proliferate in questi ultimi anni, da dove vengono tutti questi soldi che hanno a disposizione e soprattutto che gioco fanno”, diceva il procuratore Zuccaro. “Insieme a Frontex e alla Marina militare stiamo cercando di monitorare queste Ong che hanno dimostrato di avere una grande disponibilità finanziaria”. Fu la legittimazione a livello istituzionale dell’espressione “taxi del mare”, usata fino allo sfinimento da Luigi Di Maio e da altri esponenti del futuro governo giallo-verde per descrivere il presunto business delle Ong sul viaggio trans-mediterraneo dei migranti. Era il 2017, ma il peggio ancora doveva arrivare.
Prima, nel marzo del 2018, il sequestro della nave della Ong spagnola Proactiva Open Arms, con l’accusa di associazione a delinquere. Poi, nel giugno del 2018, la “chiusura dei porti” da parte del ministro dell’Interno Matteo Salvini, con la nave Aquarius ferma per diversi giorni davanti alle coste italiane, con a bordo 177 migranti, tra cui donne e bambini. Nel luglio 2018 è stata poi la volta della nave Sea Watch 3, sequestrata in assenza di atti ufficiali e spiegazioni chiare nel porto di Malta, con il tacito consenso italiano. Nel settembre 2018 è arrivata la scelta a sorpresa di Panama di ritirare la sua bandiera dalla nave Aquarius, in seguito a pressioni da parte del governo italiano per fermare i salvataggi. Ora un nuovo episodio, quello dello smaltimento illecito di rifiuti infetti, accusa che riguarda sempre l’Aquarius. Questo, dopo che due anni di indagini sulle presunte complicità tra le Ong e i trafficanti di uomini non hanno portato ad alcun risultato. Lo scorso giugno, infatti, la procura di Palermo ha ottenuto l’archiviazione di un’indagine relativa a diverse Ong, sintomo, spiega Il Post, “Che i magistrati non solo non hanno trovato nessuna prova a sostegno della tesi iniziale, cioè una presunta collaborazione delle suddette Ong con i trafficanti di esseri umani, ma anche che più in generale l’attività delle Ong risulta essere in linea con le leggi italiane, nonostante i dubbi sollevati in questi mesi da diversi politici e magistrati italiani”.
Verificata l’inesistenza di una collusione tra trafficanti e operatori umanitari, quella che era nata come un’indagine sul “business delle Ong” si è trasformata, d’improvviso, in un’inchiesta sanitario-ambientale sullo smaltimento dei rifiuti da parte delle navi di soccorso. “In 44 sbarchi, negli ultimi due anni e mezzo, secondo il procuratore Zuccaro, sarebbero state smaltite illecitamente 24 tonnellate di rifiuti pericolosi, con un risparmio di costi di 460mila euro”, spiega Repubblica. Secondo l’accusa, che ha scandagliato intercettazioni telefoniche e ambientali, le persone indagate erano consapevoli della pericolosità degli indumenti indossati dai migranti in quanto fonte di trasmissione di virus o agenti patogeni contratti durante il viaggio. I vestiti, gli scarti alimentari e i materiali sanitari utilizzati a bordo, venivano “sistematicamente qualificati, conferiti e smaltiti come rifiuti solidi urbani o speciali non pericolosi, eludendo i rigidi trattamenti imposti dalla loro natura infettiva”, si legge nell’ordinanza. Il motivo per cui si operava in questo modo, secondo l’accusa, era di tipo economico. Medici Senza Frontiere risparmiava sulle spese di smaltimento dei rifiuti, mentre gli agenti marittimi che si occupavano dello smaltimento potevano ampliare il proprio parco clienti, offrendo prezzi più vantaggiosi della norma.
Davanti a queste accuse, la reazione di Medici Senza Frontiere non si è fatta attendere. “Dopo due anni di indagini giudiziarie, ostacoli burocratici, infamanti e mai confermate accuse di collusione con i trafficanti di uomini ora veniamo accusati di far parte di un’organizzazione criminale finalizzata al traffico di rifiuti. È l’estremo inquietante e strumentale tentativo di fermare a qualunque costo la nostra attività di ricerca e soccorso in mare”, ha tuonato Karline Klejer, responsabile delle emergenze per Msf. “Siamo in mare dalla primavera del 2015, in questi tre anni le nostre cinque navi hanno portato soccorso a 80 mila persone. Sappiamo che il momento dello sbarco è particolare, tra i più controllati dalle forze dell’ordine. È assurdo dunque immaginare un traffico illegale di rifiuti, sotto gli occhi delle autorità, che per oltre 200 volte sono salite a bordo delle nostre navi”, ha ribadito il direttore generale Gabriele Eminente.
Chi non ha aspettato a farsi sentire, ovviamente, è stato anche Matteo Salvini. Troppo ghiotta l’occasione di mettere insieme temi a lui cari come l’invasione di migranti, la conseguente emergenza sanitaria e la speculazione delle Ong sulla vita degli italiani. “Ho fatto bene a bloccare le navi delle Ong, ho fermato non solo il traffico di immigrati ma da quanto emerge anche quello di rifiuti. #Portichiusi”, ha scritto su Twitter. Il suo alter-ego, Luca Morisi, ha rincarato la dose: “PAZZESCO! Altro che vaccini! Smaltiti illegalmente nei porti italiani 24mila chili di rifiuti a rischio infettivo”. Sul Giornale si è poi trovato il modo di tirare in mezzo Laura Boldrini, colpevole di aver negato in passato i rischi sanitari legati ai flussi migratori. Tra grassetti e punti esclamativi sui social, titoli allarmanti su alcuni media e diapositive al limite del comico, la notizia del sequestro dell’Aquarius si è trasformata in poche ore nel preludio dell’apocalisse. Un’emergenza sanitaria alle porte, una popolazione in pericolo e un altro popolo, quello dei “buonisti”, colpevole di aver spianato la strada alla catastrofe infettiva.
La questione delle malattie è stata già usata di frequente per criminalizzare i migranti. Dal titolo di Libero del 2017, “Dopo la miseria portano le malattie”, all’allarme di Salvini sul ritorno della tubercolosi in Italia, fino alle dichiarazioni di qualche anno fa di Beppe Grillo, “Tbc, no grazie. I migranti portano malattie infettive”, da tempo la strumentalizzazione sanitaria è diventata l’arma preferita nelle mani dei sovranisti. Non poteva non essere così anche ora. E anche stavolta, come in passato, diverse fonti hanno sottolineato l’inconsistenza di queste tesi.
“Come spiegano il ministero della Salute e l’Istituto Superiore di Sanità, l’HIV non si trasmette tramite gli indumenti (e nemmeno attraverso abbracci, strette di mano, baci come ricordava quasi 20 anni fa un video che mostrava il dottor Fernando Aiuti baciare una ragazza ammalata di AIDS), perché la condivisione di ambienti di vita, il contatto sociale ordinario, lo scambio di vestiti, la stretta di mano, non comportano alcun rischio di contagio”, spiega Angelo Romano su Valigia Blu. Su Quotidiano Sanità la presidentessa del Network Persone Sieropositive, Margherita Enrico, smonta altri aspetti della vicenda. “Scrivere che l’HIV si può trasmettere anche attraverso gli indumenti è qualcosa di inaudito, nonché di scientificamente errato, che ci fa sprofondare nel baratro dell’ignoranza e della discriminazione verso noi persone con Hiv mai visto in trent’anni di storia di questa infezione”. Enrico sottolinea poi il fatto che “questa speculazione strumentale in ambito di HIV non trova altro fine se non quello di aumentare il pregiudizio già esistente sull’infezione da HIV per di più associandola alla questione migranti, tanto calda in Italia, criminalizzandoli al solo scopo populistico, creando così un doppio stigma. Tutto ciò è assolutamente inaccettabile”. Il tema dell’HIV è in effetti già coperto da profondo stigma e disinformazione, criminalizzare i migranti diffondendo ulteriori false notizie sul tema è dunque doppiamente pericoloso. A essere vittima delle nuove dicerie non sarebbero soltanto i migranti stessi, ma anche le persone immunodepresse già presenti in Italia – discriminate dalle nuove, ennesime, bufale sulle modalità di trasmissione del virus. Discorsi simili valgono anche per la meningite, che come sottolinea l’Istituto Superiore di Sanità viene trasmessa attraverso le secrezioni respiratorie, e la tubercolosi, trasmessa attraverso la tosse e gli starnuti.
Per ridimensionare l’immagine dei migranti untori di malattie infettive, Valigia Blu cita un saggio uscito sulla rivista scientifica “Epidemiologia e Prevenzione”, a commento di un lavoro effettuato negli hotspot di Lampedusa e Trapani Milo. “Su circa 6mila visite effettuate, nel periodo tra maggio 2015 e ottobre 2016 non sono state evidenziate gravi malattie infettive, ma solo dermatologiche facilmente curabili come scabbia, prurito, varicella, dermatite da contatto”, si legge. “Dati analoghi sono emersi dalla sorveglianza delle sindromi condotta dall’Istituto Superiore di Sanità in 21 centri per immigrati in Sicilia nel 2015. Su oltre 5mila persone presenti, ci sono state in tutto 48 allerte statistiche, 33 infestazioni (scabbia), 7 sindromi respiratorie febbrili, 7 malattie febbrili con rash cutaneo (morbillo e varicella) e 1 caso di sospetta tubercolosi polmonare”. Insomma, numeri statisticamente molto lontani dall’apocalisse sanitaria, costruita ad hoc dai Salvini di turno per alimentare la paranoia securitaria dei cittadini. Il motivo è spiegato da Cristina da Rold su l’Espresso: “Gli stranieri arrivano in Italia sani, perché chi è malato non riesce ad affrontare il viaggio né ha la forza di investire in un progetto migratorio che si nutre essenzialmente di buona salute e attitudine al lavoro. A conferma di ciò, si registra a tutt’oggi una bassissima prevalenza delle patologie infettive di importazione, oltretutto con rischi minimi di trasmissione alla popolazione ospite, in assenza di vettori o comunque di condizioni favorenti il contagio”.
Per quanto riguarda la specifica indagine dell’Aquarius, infine, il sequestro della nave è stato deciso senza la prova della sussistenza degli indizi di colpevolezza, né quindi della loro gravità. Insomma, se da un punto di vista ambientale è ancora tutto da verificare l’eventuale illecito di Medici senza Frontiere, dal lato sanitario non esiste alcun rischio contaminazione. Un paradosso, se si pensa al modo in cui l’opinione pubblica e la politica hanno affrontato la questione, proiettandoci in un clima emergenziale che nella realtà dei fatti non solo non esiste, ma non potrà mai esistere. L’inchiesta nei confronti dell’Aquarius è solo l’ennesimo filone di una crociata ormai biennale che sta colpendo in modo indiscriminato le Ong. Indagini che fino a ora hanno portato solo a buchi nell’acqua e che rendono sempre più legittimo parlare di accanimento. Ma che hanno svuotato il Mediterraneo di chi aiutava le persone e, non a caso, negli ultimi mesi le morti in mare sono drasticamente aumentate, nonostante un calo degli sbarchi.
Non stupisce che proprio in questi giorni sia arrivato il monito dell’Alto Commissariato per i diritti umani, che esprime preoccupazione “Per le continue campagne diffamatorie contro le organizzazioni della società civile impegnate in operazioni di ricerca e salvataggio nel Mediterraneo, così come la criminalizzazione del lavoro dei difensori dei diritti dei migranti”. Una dichiarazione che segue l’iniziativa di fine agosto, quando sempre l’Onu aveva detto di voler mandare osservatori in Italia per verificare il proliferare di episodi di razzismo. Anche all’estero, dunque, tra le cause di questo clima tesa, si indicano anche l’atteggiamento e le politiche del governo.
L’indagine sui rifiuti dell’Aquarius si inserisce in questo trend. Ed è una storia già vista: a ogni tornata abbiamo assistito ai post giallo-verdi esultanti, poi smentiti dalle varie archiviazioni del caso. Non è dato sapere come si concluderà questa inchiesta giudiziaria. L’unica certezza è che comunque andrà, sarà poco importante. L’ennesimo capitolo della criminalizzazione di chi aiuta persone in mare si è ormai consumato, la notizia della bomba sanitaria in arrivo sull’Italia è già entrata nelle case delle persone e quando ci sarà da elencare i motivi per cui è importante chiudere i porti e ostacolare i “taxi del mare”, ci sarà una nuova bufala a cui aggrapparsi. Quella delle Ong incubatori di malattie infettive.