Gli uomini possono essere femministi?

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Una domanda ha attraversato il femminismo sin dalla sua nascita: Gli uomini possono essere femministi? “La relazione tra gli uomini e il femminismo è impossibile”, scriveva Stephen Heath nel 1983 nel libro Men in Feminism. “Le donne sono i soggetti del femminismo, coloro che l’hanno iniziato e che lo portano avanti, la sua forza. Gli uomini sono l’oggetto di analisi, agenti di quella struttura che deve essere modificata, rappresentanti, portatori della modalità patriarcale. Ciò non significa, ovviamente, che non posso fare niente nella mia vita, che non posso rispondere e cambiare per il femminismo”. 

Anche agli albori del movimento esistevano uomini che vi partecipavano: John Stuart Mill, ad esempio, che oggi in molti conoscono come uno dei padri del liberalismo, era un femminista convinto e il suo saggio del 1869 La servitù delle donne ricostruiva con una prospettiva storica e filosofica le cause dell’oppressione femminile. Questo lavoro gli fu ispirato dalla moglie, la suffragetta Harriet Taylor, che oggi si pensa anche che sia l’autrice di molti passaggi dei suoi libri. Oggi però molti uomini si sentono esclusi, se non osteggiati, dal femminismo.

C’è stata infatti un’epoca in cui i maschi sono stati categoricamente esclusi dal movimento. Negli anni Sessanta si parlava di “separatismo”, un termine che la filosofa Marilyn Frye definisce “separazione di vario ordine e modalità dagli uomini e dalle istituzioni, dai rapporti, dai ruoli e dalle attività che sono definiti o dominati dall’uomo e che operino a favore degli uomini e del mantenimento del privilegio maschile – separazione iniziata e sostenuta dalla volontà delle donne”. La volontà delle donne, in quell’epoca, era quella di riconoscere e portare finalmente alla luce quello che veniva definito il “problema inespresso”, come lo chiamava l’autrice de La mistica della femminilità Betty Friedan. Il “problema inespresso”, la repressione sessuale delle donne, veniva condiviso all’interno dei circoli di autocoscienza e self help, dei gruppi in cui donne di ogni età ed estrazione sociale si riunivano per parlare del proprio corpo, della propria coscienza e soprattutto delle relazioni con l’altro sesso. Come potevano le donne spogliarsi e parlare di orgasmo clitorideo alla presenza di uomini? In quel momento, ammettere i maschi nei circoli di self help significava legittimare la presenza di dinamiche patriarcali che pregiudicavano la condivisione delle esperienze tra le donne.

Oggi il separatismo è stato in parte superato, e sempre più uomini si avvicinano al femminismo con fiducia e interesse. Dal premier canadese Justin Trudeau a Terry Crews, ex-giocatore di football e attore, vittima di violenza sessuale, sono sempre più i maschi orgogliosi nel definirsi femministi. Dall’altra parte della barricata, però, ci sono coloro che credono erroneamente che “femminismo” sia il contrario di “maschilismo”: sentendosi esclusi perché è “cosa da femmine” e attaccati “in quanto maschi”, spesso si avvicinano a posizioni misogine. Ma il femminismo ovviamente non esprime odio verso i maschi o la mascolinità, ma auspica una presa di coscienza del proprio privilegio, come diceva Stephen Heath. Spesso è proprio la resistenza degli uomini l’ostacolo più difficile per la loro inclusione: basti pensare alle polemiche dello scorso gennaio suscitate dallo spot di Gilette “The Best A Man Can Get”, che cercava di abbattere gli stereotipi legati all’universo maschile della violenza e della sopraffazione. Anziché accoglierlo come il messaggio positivo e incoraggiante qual è, molti uomini (e molte donne) hanno accusato l’azienda di essere poco virile, troppo femminista e politically correct. Come se mostrare un bambino che piange o un papà che tiene per mano il figlio fosse un attacco alla propria identità. 

Il femminismo non mira a cancellare la mascolinità, così come non ha mai negato la femminilità, ma vuole favorire altre possibilità di esistenza rispetto a quelle degli stereotipi. Come ha detto l’autrice Kelley Temple, “Gli uomini che vogliono essere femministi non hanno bisogno di ricevere spazio nel femminismo. Devono prendere lo spazio che hanno nella società e renderlo femminista”. 

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