È uscita la terza puntata di AntiCorpi, Com’è nato il femminismo italiano? Gli anni Settanta. Puoi ascoltarla su Apple Podcasts, Google Podcasts e Spotify:
Alla manifestazione dell’8 marzo 1972 a Roma, a Campo de’ Fiori, c’erano migliaia di donne, tra cui Jane Fonda. Erano “femministe”, una parola che in Italia si usava ancora poco. Una di loro, Alma Sabatini, era stata negli Stati Uniti, dove aveva conosciuto Angela Davis e letto un libro che diceva le avesse cambiato la vita, Il mito dell’orgasmo vaginale di Anne Koedt. Tornata in Italia aveva fondato il Movimento di liberazione della donna. All’inizio degli anni Settanta, c’erano già alcune leggi di tutela per le donne, come la legge sulla parità di stipendio, la pensione per le casalinghe e il divieto di licenziamento in caso di matrimonio, l’accesso alle cariche pubbliche, gli asili nido e soprattutto la legge sul divorzio, che permetteva a molte donne di poter finalmente uscire dall’incubo dei matrimoni imposti dalla famiglia.
Eppure queste leggi di tutela, che sembravano aver portato tanti benefici, non facevano altro che rafforzare lo stereotipo di donne come mogli e madri. Le donne contestavano le leggi sulla conciliazione vita-lavoro perché, secondo loro, anziché aiutarle a scegliere imponevano loro un doppio carico di lavoro: ora non solo dovevano essere casalinghe e madri perfette, ma anche lavoratrici indefesse. In quegli stessi anni, intanto, erano nati i movimenti operai e autonomi. Questi gruppi vedevano una grande partecipazione femminile e femminista, perché ci si era convinte che l’anticapitalismo e l’antisessismo fossero un’unica lotta. Ben presto, però, le donne si accorsero che questa “doppia militanza” funzionava male: essere femministe e comuniste era mal visto dai “compagni”, che ritenevano quella contro il sessismo una lotta meno urgente rispetto a quella di classe. Bisognava quindi creare un nuovo spazio politico per le donne. Sull’esempio dei primi due gruppi femministi, Demau (Demistificazione dell’autoritarismo patriarcale) e Rivolta femminile, alle soglie degli anni Settanta nacquero moltissime sigle: Tribunale 8 marzo, Casa della donna, Noi donne, Cerchio spezzato, Movimento femminista romano, Fronte italiano di liberazione femminile.
Cominciò la grande battaglia per l’aborto. Gigliola Pierobon, contadina veneta di 17 anni, nel 1973 venne arrestata per aver abortito, e al suo fianco si schierarono moltissime donne e il Partito Radicale. Nel 1975, Emma Bonino e gli altri militanti vennero arrestati per le loro attività nel Centro d’informazione sulla sterilizzazione e sull’aborto di Firenze. Le donne e le loro battaglie avevano monopolizzato l’opinione pubblica. La legge 194 arrivò nel 1978, anno spartiacque del femminismo italiano. Quello stesso anno, l’omicidio Moro obbligò tutto il panorama politico italiano a ripensarsi profondamente.
Le enormi manifestazioni che coinvolsero le donne negli anni Settanta sono un unicum nella storia del nostro Paese ed è stato osservato dagli storici che quello italiano fu il movimento femminista più coinvolgente e diffuso. Quello degli anni Settanta è noto come femminismo storico o femminismo della seconda ondata, ma la sua eredità è viva ancora oggi in attività come l’ormai leggendaria Libreria delle Donne di Milano e nei numerosi gruppi che ancora oggi fanno della pratica femminista la loro ragion d’essere. Ma ha davvero senso parlare di ondate se il femminismo non è un semplice movimento ma una prassi politica?
Foto copertina di Luisa Festa (Archivio delle memorie delle donne di Napoli)