Secondo la classifica recentemente stilata da Sensemakers, Andrea Scanzi si conferma il giornalista italiano più seguito sui social, con 7,9 milioni di interazioni e 28,5 milioni di visualizzazioni dei video da lui postati. Oltre al suo look da adolescente incompreso che gioca secondo le proprie regole (che ricorda un po’ James Hurley di Twin Peaks), non c’è dubbio che il maggior punto di forza di Scanzi sia il suo presentarsi (e venire presentato) come un paladino della libertà di informazione, che dice le cose come stanno “senza peli sulla lingua” e senza dover rendere conto a padroni, politici o editori. È così che Scanzi si è costruito una reputazione da interlocutore scomodo, controcorrente, che non ha paura di dire le verità senza cadere in faziose logiche di partito. Ben venga, dunque, che il giornalista più cliccato d’Italia sia una figura di tale spessore, avverso alle dinamiche di potere e sempre schierato dalla parte degli ultimi. Tuttavia, qualcosa non torna: non tanto perché spesso le certezze di Scanzi si rivelano errate (come ad esempio nel caso delle elezioni per il Sindaco di Roma del 2016), quanto piuttosto perché gli effetti dei suoi articoli non sembrano andare oltre l’indignazione contro il bersaglio di turno, che poi è guarda caso sempre quello preferito dagli utenti social.
Il giornalismo di Scanzi, lungi dal rivelare verità scomode, non è altro che una forma di opinionismo vago, il cui obiettivo è il clamore mediatico, le reactions su Facebook e il dissenso più che altro fine a se stesso. In questo senso, Scanzi non è affatto un nemico del potere, ma rappresenta quella controparte necessaria al potere stesso per legittimarsi e rafforzarsi. Il sensazionalismo dei suoi interventi, anziché stimolare un pensiero e una pratica politica alternativi, fa da interlocutore del potere e ne riconosce la supremazia. Non a caso, è rappresentato dall’agenzia di comunicazione Visverbi. Tra i suoi vari clienti, Visverbi gestisce anche i rapporti con i media dell’azienda di Casaleggio. Oltre al capo politico del M5S, anche altre figure note del mondo del giornalismo italiano fanno riferimento a questa stessa agenzia, che è perfino stata definita la “quarta camera”, in virtù del suo ruolo tutt’altro che marginale nell’organizzazione di eventi di natura politica per conto del M5S. Come riporta l’Espresso, la Visverbi appare quasi come un anello di congiunzione tra la galassia del M5S e il giornalismo che fa capo alla destra italiana, e vista l’altissima copertura mediatica dei suoi giornalisti, è logico dedurre che questa agenzia sia tutt’altro che avversa all’establishment politico e televisivo. Scanzi sembra appartenere a pieno titolo a questa élite e ciò lo collocherebbe di per sé ben lontano dalla figura del giornalista controcorrente.
Infatti, Scanzi propina una narrativa secondo la quale da un lato ci si sente smarriti di fronte al quadro politico attuale e dall’altro si deve ammettere che anche proposte come la flat tax (“purché non sia un regalo ai ricchi”) o la legittima difesa (“perché se trovo un ladro in casa di notte non gli cito Marx”) potevano avere una ragion d’essere, giusto perché proposte da un governo guidato anche dai 5 Stelle. Ciò che dimentica di riconoscere, però, è che la prima aumenta inevitabilmente le diseguaglianze a beneficio dei più facoltosi, mentre la seconda non è altro che un mero strumento di propaganda che alimenta rabbia e tensione sociale. Un giornalista dissidente e perspicace come lui forse non dovrebbe avvalorare luoghi comuni palesemente falsi e propagandistici.
Scanzi, da buon “deluso dalla sinistra”, ha abbracciato le idee del M5S, diventandone un elettore e contribuendo a diffondere tra i suoi follower un forte sentimento di disillusione e rassegnazione. Inoltre, non sembra essere un esempio di coerenza: fino a qualche tempo fa, ad esempio, il PD era il suo nemico giurato (tant’è che nel 2018 lo definì “la peggiore opposizione di sempre”), mentre oggi per lui è un buon alleato di governo per il M5S. Emblematico, poi, è il suo atteggiamento ambiguo nei confronti di Matteo Salvini, il quale da un lato è il suo principale obiettivo polemico, ma dall’altro viene definito spesso come un politico bravo e lodevole. Salvini, secondo Scanzi, ha successo perché, a differenza degli altri, “si sporca le mani” ed è abilissimo nel farsi amare dalla gente comune. Già nel post-elezioni del 2018 Scanzi diceva che il governo Lega-M5S sarebbe stato il male minore, salvo poi invertire la rotta un anno dopo sostenendo che quell’alleanza fu “una schifezza”. Tutto ciò, però, non è da imputare a Salvini, che sempre secondo Scanzi è stato molto più bravo del suo alleato Di Maio nell’indirizzare a suo favore l’attività del governo Lega-M5S. Negli ultimi giorni, infine, Scanzi ha espresso la sua “piena e totale solidarietà” al leader del Carroccio dopo l’aggressione subita a Pontassieve a opera di una donna di origini congolesi, che era stata a sua volta vittima di insulti razzisti nel 2019.
Il problema non è la presunta incoerenza di Scanzi (nonostante si vantasse di essere uno che non sbaglia mai un colpo), né tantomeno la condivisibilità delle sue affermazioni su Salvini. Per carità, nessuno può negare che la macchina di propaganda del leader della Lega sia molto più efficace di altre. Il vero problema risiede nel fatto che Scanzi, così facendo, riconosce legittimità e dignità politica alle idee e al linguaggio del politico leghista. Come affermato anche da Costantino Della Gherardesca, schierarsi in difesa di Salvini equivale a schierarsi in difesa di chi diffonde razzismo, xenofobia, omofobia, misoginia e islamofobia. In altri termini, esprimendo solidarietà a Salvini, Scanzi non dimostra né onestà intellettuale né tantomeno pensiero libero e indipendente: al contrario, egli non fa che mettere sullo stesso piano il carnefice e la vittima, ovvero chi ha sdoganato e legittimato le pulsioni razziste del Paese e chi è quotidianamente vittima di discriminazione e attacchi razzisti. E a questo proposito non convince la spiegazione che Scanzi stesso ha fornito, perché se è indubbiamente vero che Salvini e Meloni incentrano la loro comunicazione politica sull’intolleranza (come giustamente sottolinea), è altrettanto vero che aggiungere “spero che lo facciano involontariamente” significa di fatto assolvere i leader della destra dalle loro pesantissime responsabilità etiche e politiche.
Così facendo Scanzi lascia scivolare in secondo piano le politiche che Salvini ha concretamente attuato quando era al governo, lasciando intendere che il leader della Lega si permette di esternare i suoi pensieri razzisti come fossero semplici scelte comunicative improprie. Ciò dimostra come il lavoro del giornalista sia congeniale alle attuali logiche di potere sovranista, in quanto i suoi presunti attacchi non le scalfiscono minimamente. Le politiche oppressive e razziste di Salvini, infatti, sono le fondamenta di un’ideologia latente ma onnipervasiva che ha trovato una solida sponda all’interno delle istituzioni e anche in buona parte della stampa; perciò, ignorare o sottacere questo fatto evidente significa favoreggiare in qualche misura quelle stesse politiche, o quantomeno essere a proprio agio all’interno del sistema che le produce e legittima.
Un altro esempio lampante è rappresentato dal caso della nave Aquarius, che, dopo aver soccorso oltre 600 migranti nel Mediterraneo nel giugno del 2018, si vide negare l’attracco sia dall’Italia che da Malta, per poi venire finalmente accolta dal governo spagnolo. Anche in quell’occasione Scanzi non mancò di difendere strenuamente Salvini, affermando che l’allora ministro dell’Interno “continua a indovinarle tutte”. Secondo Scanzi, infatti, Salvini non aveva messo in pericolo nessuna vita umana e perciò non poteva essere considerato un delinquente: la sua unica colpa sarebbe stata quella di essere stato ancora una volta il più bravo e abile di tutti nello sfruttare la situazione a suo vantaggio. Poco importa, quindi, se quella dei porti chiusi è una politica ingiusta e disumana, poiché – seguendo la logica di Scanzi – la bravura di Salvini è tale da permettergli di utilizzare legittimamente vite umane come merce di scambio per fini elettorali e propagandistici.
Anche negli anni passati, quando il suo nemico giurato era Matteo Renzi, gli attacchi di Scanzi si limitavano allo sdegno e al dissenso momentaneo, evitando accuratamente di arrivare al cuore del problema. Per quanto avesse ragione nel sostenere che Renzi fosse un’anomalia della democrazia italiana e che agisse allo stesso modo di un leader di centrodestra, limitare la propria analisi a tale constatazione risultava estremamente superficiale. Anche Renzi, come Salvini oggi, era il prodotto di logiche di potere ben precise, ovvero era l’espressione delle classi dominanti e dei ceti più abbienti. Non è un caso, infatti, che sia le politiche di Renzi che quelle di Salvini fossero, in ultima analisi, a beneficio esclusivo dei ricchi e penalizzassero nettamente le fasce sociali più deboli. Ovvero, mentre Renzi faceva gli interessi delle classi più facoltose tramite un progetto non riuscito di rinnovamento radicale della classe politica italiana, Salvini lo ha fatto stimolando le tendenze xenofobe e reazionarie del popolo.
Non c’è dubbio che il giornalismo di Scanzi sia d’impatto, ma questo accade non tanto perché è anticonformista, ma perché sceglie la strade più facili della semplificazione e del sensazionalismo. È molto più semplice dire che Salvini e Renzi sono due “cazzari”, stilando un elenco completo delle loro promesse non mantenute; più difficile, invece, scagliarsi contro il sistema che li ha prodotti e che sarebbe in grado di rimpiazzarli senza alcuna difficoltà, senza uscirne modificato. La strategia adottata da Scanzi, dunque, sembra essere quella di assecondare la corrente, sfruttandola a proprio vantaggio e sbandierando un’opposizione fittizia, che però non va a intaccare in alcun modo i capisaldi ideologici che la generano.
Tutto ciò mostra una volta di più come Scanzi faccia l’esatto contrario di ciò che farebbe un giornalista scomodo. I suoi discorsi appassionati contro le malefatte e le menzogne dei politici, una volta superato l’impatto emotivo che essi provocano, risultano del tutto privi di qualsiasi contenuto dissidente. In questo, Scanzi non è molto diverso da Mario Giordano, in quanto entrambi mirano a scandalizzare i lettori e gli spettatori, alimentando (seppur con approcci diversi) quel senso di vuota frustrazione e impotenza nei confronti della politica. La conseguenza automatica del suo lavoro è quella che porta chi lo segue a pensare che se da un lato è vero che i politici sono bugiardi e opportunisti, dall’altro è inutile combattere per cambiare le cose. Scanzi afferma che gli italiani sono capaci solo di fare la rivoluzione sui social, quella che si ferma chiacchiere senza sfociare in un cambiamento reale, ma è uno degli alfieri principali di questa rivoluzione fittizia e il rappresentante più significativo della tendenza a criticare tutto affinché niente cambi davvero.