Per la Corte penale di Atene il partito greco di estrema destra Alba Dorata è un’organizzazione criminale. Il militante Georgios Roupakis è stato condannato per l’omicidio del rapper antifascista Pavlos Fyssas, ucciso nel 2013 da alcune coltellate al cuore, e il fondatore e leader Nikos Michaloliakos è stato indicato come mandante. Insieme a loro sono stati condannati per diversi reati altri membri del partito, che adesso rischiano dai 10 anni di carcere fino all’ergastolo per Roupakis. Si pone così fine all’esperienza di un gruppo nazifascista che è passato da Heil Hitler! all’Europarlamento come terzo partito più votato in Grecia. La ricetta del suo successo: nazionalismo, caccia all’immigrato e nostalgia canaglia. E questo è un rischio che stiamo correndo anche qui.
Alba Dorata diventa ufficialmente un partito nel 1993. Come simbolo viene scelto il meandro nero su uno sfondo rosso e quando qualcuno osa accostarlo a una svastica i membri di Alba Dorata si affrettano a snocciolare l’antica tradizione del simbolo, più o meno come fanno i fascisti nostrani quando spiegano che “Dio, Patria e Famiglia” è un motto di Mazzini e il saluto romano un gesto dell’Antica Roma. Nonostante questi smarcamenti poco credibili, Michaloliakos ha lasciato indizi sufficienti per poterlo inquadrare abbastanza chiaramente come un pericoloso filonazista. In un articolo del 1987, intitolato “Hitler per 1000 anni”, aveva ad esempio scritto: “Siamo i soldati fedeli dell’ideologia Nazionalsocialista e continuiamo la battaglia per la vittoria finale della nostra razza. Noi alziamo la nostra mano destra e gridiamo pieni di passione: Heil Hitler!”. E venticinque anni più tardi, nel 2012, aveva poi dichiarato: “Auschwitz? Cos’è successo ad Auschwitz? Io non ci sono andato, voi? Non c’è stato nessun forno e nessuna camera a gas, è stata tutta una menzogna. Hitler fu una delle più grandi personalità del ventesimo secolo”. Pochi giorni dopo quelle affermazioni, Alba Dorata prese più di 400mila voti alle elezioni nazionali, diventando il terzo partito greco, e due anni dopo, alle Europee, sfondò quota 500mila, ottenendo tre seggi all’Europarlamento, con Bruxelles che apriva le sue porte senza che nessuno dicesse niente.
Per capire il motivo della loro ascesa è inevitabile contestualizzare la situazione greca dell’epoca, con la crisi economica a travolgere la nazione, la troika sul collo, l’esasperazione per l’austerità e un popolo affamato e arrabbiato. Alba Dorata ha fatto leva proprio su questo risentimento, dirottandolo verso un capro espiatorio: l’immigrato. Il blocco delle frontiere e la lotta serrata all’immigrazione clandestina potrebbe sembrare anche un manifesto di Fratelli d’Italia o un post su Facebook di Salvini, e infatti è il trait d’union che lega tutte le forze nazionaliste del mondo. Alba Dorata, però, si è spinta oltre, realizzando uno statuto che sembra venire direttamente dagli anni Trenta del secolo scorso. Solo chi è “ariano di sangue e greco di discendenza” può farne parte, ci si legge; gli omosessuali sono “una parte malata e anormale della società greca”; gli immigrati vanno subito arrestati ed espulsi dal Paese; per alcuni reati va reintrodotta la pena di morte. Inoltre, in tutte le sedi del partito sono presenti copie del Mein Kampf. Dall’esterno viene da chiedersi come abbia fatto la Grecia, per anni, a non rendere illegale questo gruppo, considerandolo per quello che è, ovvero un’organizzazione criminale, soltanto dopo decenni, nonostante le evidenze. Poi, però, ci si rende conto che anche in Italia sta succedendo la stessa cosa, non solo con le forze di estrema destra nostrane ma addirittura con la nascita, nel 2012, di Alba Dorata Italia. E noi stiamo lasciando che questo accada.
Alba Dorata ha fatto breccia nell’elettorato anche seguendo quella demagogia che in tutto l’occidente ha preso sempre più piede negli ultimi anni. Ha lottato per il taglio dello stipendio dei parlamentari e si è mobilitata contro il finanziamento pubblico ai partiti, seguendo la traiettoria dell’antipolitica e cercando di fare politica dal basso. Ha quindi organizzato giornate in sostegno dei poveri di Atene, distribuendo beni alimentari – ma soltanto, neanche a dirlo, ai “greci puri di razza”. Fa lo stesso da anni anche CasaPound, che distribuisce pacchi di pasta e barattoli di sugo ai bisognosi a favore di telecamera, quando poi i suoi membri picchiano immigrati e persone omosessuali. Questa fratellanza greco-italiana, però, non è un parallelismo giornalistico, ma un’alleanza comprovata: Alba Dorata e CasaPound si sono più volte incontrati nel loro percorso.
Nel 2013, nella sede abusiva di CasaPound, c’è stata una riunione tra nazionalisti – ma chiamiamoli pure “camerati” – italiani e greci, con membri di Alba Dorata invitati e accolti a braccia aperte. “Alba Dorata non la consideriamo un’organizzazione criminale, condividiamo con loro il programma politico e il destino”, dichiaravano all’epoca i vertici dei tartarugati. Ora, come dovremmo definire un partito o movimento che condivide il programma e il destino con un’organizzazione criminale? Eppure ancora in Italia certi gruppi politici non sono resi illegali e possono presentarsi alle elezioni. CasaPound ha poi ricambiato il favore presentandosi in Grecia, con il presidente Gianluca Iannone a omaggiare “i fratelli greci”, a suo dire accomunati con l’Italia per l’invasione subita. Anche Forza Nuova ha invitato Alba Dorata a convegni e incontri di ogni genere. Salvini dal canto suo non ha mai nascosto le simpatie per CasaPound, indossando i loro marchi e pubblicando libri con la casa editrice Altaforte, guidata dal militante di CasaPound Francesco Polacchi. Tra l’altro il programma elettorale di Fratelli d’Italia e Lega è pressoché identico a quello di CasaPound, dunque non è certo un’eresia esplicitare questa vicinanza. Gli ambienti sono gli stessi, la visione pure, e non stupisce vedere la fondatrice di Alba Dorata Italia candidata da Fratelli d’Italia in Emilia Romagna, nel 2014, a sostegno del leghista Alan Fabbri. Matteo Salvini ha inoltre dichiarato, nel 2015, che “Sulle politiche dell’immigrazione noi e Alba Dorata siamo assolutamente sulla stessa linea”. Non avevamo dubbi a riguardo.
Nel 2018 Ilias Kasidiaris, uno dei membri di spicco di Alba Dorata, si è definito un fan di Salvini e dei Paesi di Visegrad, lodando il primo ministro ungherese Orban. “Non siamo razzisti e nemmeno fascisti. Siamo nazionalisti e vogliamo, come Salvini, mettere gli interessi della Grecia al primo posto”. È incredibile come tutto il mondo sia paese, con le dinamiche dell’intolleranza e della xenofobia a ripetersi nonostante un dedalo di giustificazioni e mani avanti per fingere di non essere quello che in realtà si è. Sembrerebbe esserci un filo che unisce Salvini, Meloni, CasaPound, Bannon, Orban, Trump, Bolsonaro, Alba Dorata e tutto l’universo sovranista che mira a sfaldare i precetti della democrazia in modo da instaurarne una loro versione distorta, una rivisitazione dei peggiori ideali primo Novecento resi accettabili anche attraverso la propaganda sistematica sui social. E tutto questo funziona e funziona bene purtroppo, in un modo o nell’altro.
Per anni Alba Dorata l’ha fatta franca anche grazie all’appoggio delle forze militari e della polizia ellenica. Dagli anni Novanta il gruppo nazionalista ha attirato molte simpatie nell’esercito anche in seguito ad azioni dirette, come il massacro di Srebrenica, dove è stato documentato l’appoggio e la presenza di diversi membri di Alba Dorata. Diverse inchieste in Grecia hanno evidenziato una connessione tra neofascisti e forze armate, con queste ultime a chiudere un occhio di fronte alla detenzione illegale di armi da parte di membri di Alba Dorata, e la polizia che addirittura fece avere agli esponenti del partito manganelli e altri strumenti durante le manifestazioni contro gli anarchici e l’estrema sinistra. In Italia non siamo a questi livelli, ma in più occasioni abbiamo assistito a vicinanze pericolose con CasaPound, tra bandiere appese nei commissariati e informative della polizia in cui il gruppo di estrema destra viene lodato perché “tutela le fasce deboli e difende l’occupazione”.
La speranza è che anche qui si possa porre fine all’esistenza di movimenti che non hanno alcuna aderenza con il sistema democratico. L’esempio di Alba Dorata può essere l’inizio di una riflessione più ampia sui mezzi usati per attecchire sulla popolazione, ovvero il rilancio di ideali violenti approfittando delle crisi economiche, delle carenze riguardo alle politiche sociali e di una crisi d’identità che colpisce gran parte delle democrazie dell’occidente. Questi rigurgiti vanno fermati prima che si possano concretizzare in sentimenti vivi e diffusi, come vorrebbe chi fa sistematicamente leva sull’autoritarismo e su un nazionalismo oggi più che mai anacronistico, eppure sempre più pericolosamente attuale.