A marzo, in occasione della Giornata internazionale della donna, sono stata a Bruxelles per assistere alla riunione di FEMM, la commissione per i diritti della donna e l’uguaglianza di genere del Parlamento europeo. Durante la conferenza stampa, l’eurodeputata spagnola Iratxe García Pérez di S&D e l’austriaca Angelika Mlinar di ALDE hanno detto una cosa molto chiara: la maggior parte del Parlamento europeo è a favore dell’uguaglianza di genere e si impegna per i diritti delle donne, ma negli ultimi anni si sono affacciate nuove forze che sostengono che quei diritti che noi diamo per scontati sono in realtà pericolosi: i diritti LGBTQ+, i diritti riproduttivi e persino le tutele contro la violenza domestica. Queste forze, con le prossime elezioni europee del 26 maggio, potrebbero finire per prevalere sull’Europa egualitaria, democratica e attenta alle minoranze. Una parola usata da molti in quei giorni per parlare dei diritti delle donne è stata “backlash”, contraccolpo.
La scorsa settimana, la governatrice dell’Alabama Kay Ivey ha firmato una legge che proibisce l’aborto – salvo vi sia un serio pericolo per la vita della madre – anche nel caso di stupro e incesto. La pena prevista per chi lo pratica è di 99 anni di detenzione. Pochi giorni dopo, lo stato del Missouri ne ha approvata un’altra che stabilisce a 8 settimane il termine entro cui è possibile avere un’interruzione di gravidanza e il 7 maggio scorso anche la Georgia ha firmato una legge restrittiva che impone come limite all’operazione la presenza del battito fetale, che solitamente si riscontra verso la sesta settimana di gestazione, quando molte donne non si accorgono nemmeno di essere incinte. L’obiettivo di queste legislazioni è di attaccare la sentenza Roe vs. Wade del 1973, con cui la Corte suprema sancì, estendendo il diritto di privacy alla decisione di interrompere la gravidanza, l’incostituzionalità delle leggi che proibiscono l’aborto. Nonostante la sentenza, ogni stato ha comunque la facoltà di decidere quanti e quali limiti porre a questo diritto: se molti stati cominceranno a mettere in discussione la sentenza Roe vs. Wade, la Corte suprema dovrà intervenire per risolvere questa controversia e potrebbe anche tornare a considerare costituzionali le leggi anti-aborto. Attualmente la Corte è presieduta da una maggioranza di giudici repubblicani e conservatori, tra cui Brett Kavanaugh, al centro di molte polemiche dopo che la psicologa Christine Blasey Ford a settembre 2018 testimoniò di fronte al Senato di essere stata vittima di molestie da parte del giudice quando erano adolescenti.
Le recenti leggi statunitensi e il loro obiettivo finale sono il segnale che esiste una strategia compatta e organizzata da parte dei movimenti anti-abortisti per attaccare un diritto che molti consideravano garantito. Si potrebbe dire che questo è solo l’inizio di quel backlash da cui ci mettono in guardia gli eurodeputati di FEMM: una cosa simile sta infatti accadendo in Europa.
Ad aprile 2018, l’European Parliamentary Forum on Population & Developement (Epf) ha prodotto un dossier che dimostra l’esistenza di un documento programmatico intitolato Ristabilire l’ordine naturale, prodotto da un gruppo interno alle istituzioni europee. Questo documento di 134 pagine, anonimo e non datato, secondo l’Epf è stato probabilmente redatto da “Agenda Europe”, un blog oggi reso privato, ma visibile fino a pochi mesi fa. Non si sa chi siano gli autori del sito o di Ristabilire l’ordine naturale, ma secondo l’Epf si tratterebbe di almeno due persone che lavorano all’interno delle istituzioni europee, che si firmano con le iniziali puntate “J.C.” e “V.V.”, e che si rivolgono direttamente ad altri addetti ai lavori. Agenda Europe è legato a una serie di summit annuali in varie località europee, che si sono tenuti, si suppone, almeno a partire dal 2014 (il blog è nato nel 2013), in cui sono state definite delle strategie di azione e, probabilmente, è stato scritto il manifesto. Sono affiliate ad Agenda Europe oltre 100 Ong europee, tra cui Citizen Go e ProVita.
L’obiettivo dichiarato di Agenda Europe è racchiuso nel titolo del documento: “Ristabilire l’ordine naturale” significa contrastare l’avanzata dei diritti civili – dal divorzio all’eutanasia – in forza di una legge naturale che gli autori considerano pre-esistente e superiore. L’idea è che, dal momento che le azioni “immorali” come l’omosessualità oggi vengono concesse sulla base di leggi umane (nel nostro esempio, le leggi sulle unioni civili), allora significa che la legge naturale va difesa con gli stessi strumenti del diritto. Quindi è inutile contrastare l’omosessualità (che nel documento viene chiamata “sodomia”) invocando la sua natura peccaminosa: è molto più efficace criminalizzarla. Secondo l’Epf, a partire dal 2013 gli estremisti religiosi “hanno iniziato a mettere a punto strategie su ‘obiettivi realizzabili’ per far retrocedere i diritti umani in materia di salute sessuale e riproduttiva in Europa” e i documenti “rivelano una dettagliata strategia estremista […] che mira a rovesciare le leggi esistenti sui diritti umani fondamentali legati alla sessualità e alla riproduzione come il diritto al divorzio; per la donna l’accesso alla contraccezione, alle tecnologie di riproduzione assistita o all’aborto; l’uguaglianza per le persone LGBTI”.
Nel 2015, durante uno dei summit, è stata elaborata una strategia di attacco. Sono state individuate alcune aree di interesse (eutanasia, libertà religiosa, matrimonio e famiglia, leggi sulla discriminazione e gestazione per altri) e ciascun tavolo di lavoro è stato affidato a un rappresentante. C’è anche un nome italiano, quello di Luca Volontè, che dal 25 gennaio 2010 a giugno 2013 è stato Presidente del Gruppo Popolari-Cristiano Democratici all’Assemblea del Consiglio d’Europa e durante la sua carriera ha più volte espresso opinioni fortemente anti abortiste. A Volontè è stata affidata, assieme alla teologa Gudrun Kugler, l’area per promuovere la libertà religiosa cristiana, che secondo Agenda Europe sarebbe sotto attacco. Nel summit del 2016 sono poi state individuate le singole leggi dei vari stati dell’Unione su cui intervenire, come ad esempio la ratifica della Convenzione di Istanbul sulla prevenzione e la lotta alla violenza contro le donne e la violenza domestica, che secondo gli attori di Agenda Europe minerebbe la sacralità del matrimonio e la libertà individuale.
In Ristabilire l’ordine naturale sono definite alcune strategie di azione. La prima è usare le armi degli “avversari” e rivolgerle contro di loro: questo significa sfatare lo status di vittime delle minoranze (e ciò spiega il panico per l’ideologia gender e i vari complotti secondo cui Soros finanzierebbe le presunte “lobby” LGBTQ+) e convincere che le vere vittime sono i cristiani (si vedano le proposte di legge sulla libertà religiosa). Bisogna poi inquadrare i temi di Agenda Europe in termini di diritti, eliminando il linguaggio dottrinale e concentrandosi su posizioni più “laiche”. Per fare un esempio, non si deve dire che l’aborto è sbagliato da un punto di vista etico, ma che anche i padri hanno diritto di intervenire sulla questione. Oppure non si deve criticare l’educazione sessuale a scuola, ma ribadire che i genitori hanno diritto a essere i primi educatori dei figli. Allo stesso modo, si deve insistere su diritti già esistenti, come la libertà di parola o di espressione, e sul pericolo di una presunta censura. Secondo Agenda Europe, non bisogna scendere a compromessi, ma passare subito ad azioni offensive, a “obiettivi strategici che nuocciano ai nostri avversari”.
Tali obiettivi sono stati suddivisi dall’Epf in tre gruppi: il diritto sul matrimonio e la famiglia, le legislazioni che riguardano vita, contraccezione, aborto, procreazione assistita, cellule staminali ed eutanasia, e infine le leggi sull’eguaglianza e sul contrasto alla discriminazione. Ciascuno di questi ambiti è attaccato da Agenda Europe, che ha individuato leggi da abrogare, leggi da adottare e azioni non legislative. “Il manifesto Ristabilire l’ordine naturale non è solo un elenco di intenti a cui aspirano i membri di Agenda Europe, ma un vero e proprio piano d’azione che questi hanno perseguito e perseguono attivamente a livello di istituzioni Europee, Unione Europea (EU) e Consiglio d’Europa (PACE), e nazionali”, si legge nel dossier. Dal 2013 al 2017, sono sedici le iniziative proposte dal gruppo, e in molti casi, come per le campagne contro la ratifica della Convenzione di Istanbul in Bulgaria o i referendum per la salvaguardia del matrimonio tradizionale in Croazia e Romania, hanno avuto successo.
L’obiettivo principale sarebbe intaccare il diritto all’aborto. Nel 2015, l’European Center for Law & Justice, una Ong pro life, ha proposto un’iniziativa popolare al Consiglio d’Europa per vietare l’aborto tardivo e classificarlo come infanticidio. Nel 2016 la Polonia – che già aveva una legge molto restrittiva in materia – ha provato a far approvare il divieto totale alle interruzioni di gravidanza. Il 22 settembre, milioni di donne sono scese nelle piazze polacche vestite di nero dando vita alla Czarny Protest e pochi giorni dopo hanno organizzato un enorme sciopero per protestare contro la legge, che non è stata approvata. A proporla è stata all’epoca un’associazione polacca molto facoltosa, “Ordo Iuris”, nella cui sede di Varsavia si era tenuto proprio nel 2016 il summit annuale di Agenda Europe. La lobby ha agito anche in Croazia e in Spagna, ma in entrambi i casi si è trattato di progetti troppo ambiziosi che non sono riusciti ad avere seguito.
Il dossier dell’Epf fa riferimento con certezza a fatti avvenuti fino al 2017, ma secondo il segretario Neil Datta, da noi contattato, non c’è dubbio che il gruppo sia attivo ancora oggi. D’altronde, nella lista dei partecipanti al decisivo summit del 2016, fornitaci da Datta, figurano personaggi molto noti nel nostro Paese, come il portavoce di ProVita Alessandro Fiore, l’avvocato “anti gender” Gianfranco Amato, il presidente del Family Day Massimiliano Gandolfini e il presidente di ProVita Toni Brandi. Non è un caso che tutte queste persone abbiano anche partecipato, a fine marzo, al World Congress of Families a Verona: il rappresentante russo del Wcf Alexey Komov è indicato dall’Epf come uno dei personaggi chiave di Agenda Europe e, tra i potenziali finanziatori, l’Epf nomina “un oligarca russo di estrema destra”. Komov rappresenta anche la fondazione San Basilio Magno, una Ong russa sostenuta dall’oligarca Konstantin Malofeev. Malofeev, come avevamo già spiegato nella nostra serie di articoli sul Wcf, contribuisce alle casse del Wcf e dell’associazione pro life Citizen Go, vicina alla galassia ProVita italiana.
Alexey Komov è molto vicino a Matteo Salvini che, è bene ricordarlo, è stato europarlamentare dal 2009 al 2018, periodo nel quale lo era anche Lorenzo Fontana, uno dei più strenui difensori del diritto alla vita in Italia. dal momento che dal 2016 i membri del gruppo sono anonimi. Quel che è certo è che i punti di contatto tra le strategie di Ristabilire l’ordine naturale e quelle del nostro governo in materia di diritti riproduttivi non vanno sottovalutati. E se qualcuno obiettasse che Agenda Europe ha avuto successo solo nei Paesi più conservatori d’Europa, c’è poco da rallegrarsi: l’Italia è ormai più vicina alla Russia che all’Europa progressista e aperta che siamo abituati a conoscere.
Quello che sta succedendo negli Stati Uniti ci sconcerta e preoccupa, ma non basta l’indignazione. Bisogna stare all’erta: secondo openDemocracy, le organizzazioni religiose e ultraconservatrici americane hanno versato almeno 50 milioni di dollari ai partiti dell’estrema destra europea tramite il World Congress of Families nel tentativo di influenzare la politica europea. Non è così assurdo che l’Italia possa diventare la prossima Alabama e, se vogliamo dare ascolto alla commissione FEMM, le prossime elezioni potrebbero essere il tavolo sui cui si giocherà la partita decisiva per i nostri diritti.