Non sono così frequenti i casi in cui l’innovazione dello stile narrativo va di pari passo con quella del contenuto, soprattutto per quanto riguarda la serialità televisiva in cui la necessità di ripetere frammenti narrativi simili impone di perseguire una certa riconoscibilità. Undone, serie sviluppata da Amazon la cui prima stagione – otto episodi della durata di venti minuti circa – è stata distribuita integralmente su Prime Video a partire dal 13 settembre, in questo senso rappresenta un’eccezione: per raccontare una storia intima tutt’altro che convenzionale gli autori hanno scelto di adottare uno stile decisamente atipico facendone una componente essenziale del discorso, e dando così l’idea che questa storia non potesse essere raccontata che in questo modo.
La serie è stata preceduta da una consistente mole di aspettative perché i suoi due creatori – Kate Purdy e Raphael Bob-Waksberg – vengono direttamente dall’esperienza di BoJack Horseman, tra le narrazioni seriali che hanno ottenuto il maggior consenso di critica negli ultimi anni. Una cosa va precisata subito: non aspettatevi di trovare “il nuovo BoJack Horseman”. Le differenze tra le due serie, infatti, soprattutto dal punto di vista stilistico, sono significative. Per quanto sia anch’essa una serie animata, la tecnica utilizzata dagli autori è lontanissima da quella adottata nella serie precedente, tanto da rendere impossibile e insensata qualsiasi comparazione.
La serie racconta la storia di Alma (interpretata da Rosa Salazar), una maestra d’asilo di ventotto anni che soffre di un problema all’udito che la costringe a indossare un apparecchio acustico che non di rado toglie per isolarsi dal mondo. È una donna dall’animo inquieto, che usa il cinismo e il sarcasmo verso il prossimo come corazza per mascherare le proprie insicurezze, alcune delle quali derivanti dalla prematura morte del padre avvenuta vent’anni prima. Attorno a lei ci sono un fidanzato di cui non è realmente innamorata, una sorella perfezionista e iper-razionale con la quale fa fatica a instaurare un rapporto sincero e una madre costantemente preoccupata per lei alla quale cerca di ribellarsi di continuo. Questa situazione iniziale viene però scossa da un incidente in seguito al quale Alma inizia ad avere allucinazioni sempre più intense e caratterizzate dalla visione del padre – a cui dona corpo e voce Bob Odenkirk, il protagonista di Better Call Saul – con il quale la protagonista inizia un dialogo costante che la porterà a scoprire cose di sé e del suo passato che neanche immaginava.
La serie nasce da un’idea di Kate Purdy, che risale all’epoca in cui quest’ultima stava lavorando alla prima stagione di BoJack Horseman (come ha rivelato a The New York Times) e dal punto di vista dell’incedere narrativo ha diversi punti di contatto con gli episodi più lisergici e non lineari di quello stesso show. La prospettiva adottata è però radicalmente diversa perché lo sguardo, in questo caso, è tutto orientato all’interno, volto a raccontare la personalità di una donna che, dopo essere cresciuta senza padre, con uno dei suoi sensi quasi completamente fuori uso e con l’asfissiante e normativo paragone con la sorella che faceva di lei la pecora nera della famiglia, scopre (o crede) di avere delle capacità quasi soprannaturali che le danno una rinnovata fiducia in sé stessa, permettendole di vedere se stessa e ciò che la circonda in un modo nuovo. Nel continuo dialogo con il padre, che è al contempo anche un flusso di coscienza e un processo di autoanalisi, Alma trova il modo di sentirsi speciale, di guardarsi dentro e di affrontare i propri traumi con consapevolezza, scollandosi dalla routine del passato per abbandonarsi a un mondo immerso tra sogno e realtà in cui muoversi in maniera finalmente libera. Già in BoJack Horseman era forte la centralità del rapporto tra il protagonista e i genitori, così come la riflessione sul senso di colpa e l’elaborazione di traumi del passato.
Per ritrarre la protagonista e indagare la sua mente gli autori si affidano a due espedienti narrativi: il primo è lo sdoppiamento della personalità, che si manifesta attraverso la visione del padre defunto, soluzione utilizzata per dipanare la personalità complessa di Alma attraverso la costruzione di una nuova e allucinata realtà in cui anche l’impossibile sembra possibile; il secondo, che parte dall’idea che la realtà così come la conosciamo sia solo uno dei mondi possibili, è di mettere al centro del racconto la percezione interna della protagonista, dando vita a una matassa di linee temporali e spaziali che si incrociano vicendevolmente tra loro, mondi che si sovrappongono e nuove lenti attraverso cui leggere avvenimenti ed emozioni (in particolare il lutto e la perdita).
Undone è uno show dall’identità spiccatamente femminile, che non rinuncia a riflettere sul posto che la propria protagonista occupa nel mondo. In questo senso le visioni, così come la (presunta) capacità di viaggiare tra più linee temporali, diventano per Alma forme di empowerment attraverso cui affrontare le discriminazioni e gli episodi di sessismo subiti quotidianamente. [Spoiler alert] Quando nella seconda parte della stagione Alma indaga sulla morte del padre e la serie assume i tratti della detection, infatti, le persone che incontra non di rado cercano di sminuirla in quanto donna o tentano approcci di carattere sessuale non desiderati. Questo genere di situazioni vengono affrontate dalla protagonista con una sicurezza e con una determinazione che non sembrava possedere a inizio stagione.
Undone è uno show animato dalla tecnica del rotoscope, ovvero girando prima le sequenze in live action, con interpreti in carne e ossa e set costruiti appositamente, per poi trasformare il girato in animazione attraverso tecniche sia manuali che computerizzate, modalità praticamente inedita a livello di serie ma già vista al cinema, in particolare nei film di Richard Linklater Waking Life e A Scanner Darkly. In questo modo, come racconta Kate Purdy, l’effetto è quello di uno show che ha il realismo di una storia girata dal vero ma che al contempo consente di spaziare con l’immaginazione come solo l’animazione può fare, permettendo sia agli autori che agli spettatori di sfondare i limiti del reale e viaggiare assieme alla protagonista. Per arrivare a questo risultato Purdy e Bob-Waksberg si sono affidati a Hisko Hulsig, animatore, pittore e compositore statunitense distintosi negli ultimi anni per le sequenze realizzate in Montage of Heck, documentario su Kurt Cobain diretto da Brett Morgan. Quelli di Hulsig sembrano dei veri e propri quadri animati inseriti in un tessuto visivo continuamente cangiante, che in più mantengono la corporeità delle riprese in live action, esaltando così le performance degli interpreti.
Ci sono tanti modi per raccontare la malattia mentale, ma questo – oltre a essere tra i più originali e vitali dal punto di vista stilistico – è anche uno di quelli che meglio riescono a rappresentare visivamente il ritmo forsennato con cui può cambiare il punto di vista di una persona ansiogena. Gli autori anche grazie a questa tecnica sono riusciti a mettere in scena la grande mole di insicurezze della protagonista. E il flusso di coscienza di Alma finisce per diventare la strada verso una sua reale presa di coscienza, il mezzo attraverso il quale non solo ritornare sui propri errori eliminando i rimorsi e sanando le ferite, ma anche la via per guardare al futuro senza paura e con maggiore sicurezza.
Non sappiamo ancora se Undone sarà rinnovata per una seconda stagione, ma se dovesse terminare qui si tratterebbe di un’ottima miniserie, il cui finale costituisce sia un gancio per un eventuale prosieguo sia un epilogo perfetto per la storia raccontata, in linea con l’ambiguità che i due responsabili creativi hanno voluto mantenere sin dall’inizio. Adottando un formato narrativo leggero, fatto di episodi brevi che consentono agli autori di muoversi tra più punti di vista senza appesantire il racconto, Undone ha saputo raccontare la complessità di una personalità ferita e il suo percorso verso la guarigione utilizzando uno stile sperimentale che in televisione non ha tanti precedenti.