Quando inizia a lavorare al best-seller per cui verrà ricordato nei secoli, Mario Puzo è invaso dai debiti di gioco. Così, spinto dal disagio economico e dalla necessità, decide di sedersi alla macchina da scrivere e creare un romanzo a tema mafia italoamericana. Divisivo, scabroso, violento: gli ingredienti per un libro pop e di successo ci sono tutti. Del resto, nel suo ultimo romanzo dal successo mediocre, il passo che ha destato più interesse alle presentazioni semi-deserte è proprio quella mezza pagina in cui si parla della malavita italoamericana. Nonostante avesse fatto di tutto per non mischiarsi a quegli ambienti, vicino ai quali era cresciuto nella Hell’s Kitchen della prima metà del Novecento, le sue conoscenze nel campo erano piuttosto approfondite. E se all’inizio per lui si trattava per lo più di un compromesso, cioè di sacrificare la sua arte per un bene più venale e terreno, i soldi, alla fine l’ispirazione lo porta a trovare la chiave per parlare di mafia senza rinunciare alla profondità. Anche i mafiosi hanno dei sentimenti, dei valori e delle ricette italiane dai nomi storpiati su cui battibeccare in nome di una lontana madrepatria. Il romanzo sulla famiglia Corleone, The Godfather, diventerà un best-seller come previsto, dando più che qualche fastidio alla mafia di New York, ma il suo destino sarà molto più grande: dare vita a una delle trilogie più iconiche e riuscite del cinema mondiale.
Il Padrino, film del 1972 diretto da Francis Ford Coppola, è molto più di un racconto sulla mafia: è un affresco epico sulla famiglia, il potere e l’America stessa in quanto terra della migrazione, della corruzione e delle infinite possibilità. Vincitore di tre premi Oscar, tra cui miglior film, ha ridefinito il gangster movie e inaugurato un’estetica, un linguaggio e una mitologia ancora oggi molto vivi nel nostro immaginario, arrivando, secondo alcune ricostruzioni, a forgiare modi e toni dello stesso crimine organizzato all’italiana. Il secondo capitolo, invece, Il Padrino – Parte II, del 1974, è considerato uno dei rari sequel all’altezza, se non superiore all’originale, con il suo approfondimento sulla realtà dei migranti italoamericani e sull’ascesa al potere del boss Vito Corleone. Infine il terzo, uscito molto più tardi, nel 1990, chiude la saga con toni più cupi e malinconici, ma è certamente molto sottovalutato – tra incesti, ripensamenti e la presenza della it girl per eccellenza degli anni Novanta, Sofia Coppola, è la conclusione amara ma dovuta della saga. Insieme, i tre film, che si possono vedere tutti su Paramount+, formano un’opera-mondo che ha ispirato registi, scrittori, meme, e intere generazioni di spettatori. Un classico ritenuto tra le migliori pellicole di tutti i tempi, da addetti ai lavori e non.
Mario Puzo, lo scrittore italo-americano indebitato fino al collo da cui il mito ha inizio, è anche uno dei protagonisti di The Offer, la miniserie originale di Paramount+ dedicata alla travagliata genesi del film Il Padrino per celebrare il suo 50mo anniversario. Uno show che brilla per la sua capacità di intrecciare storia vera, intrattenimento e un’ode appassionata al processo creativo dietro il capolavoro di Coppola. Composta da 10 episodi, racconta la produzione del film del 1972 attraverso gli occhi del produttore Albert S. Ruddy, interpretato da un carismatico Miles Teller, e di figure chiave come Coppola (Dan Fogler), Mario Puzo (Patrick Gallo), la segretaria di Ruddy (Juno Temple) e il leggendario magnate della Paramount, Robert Evans (Matthew Goode). Lo show riesce a trasformare il dietro le quinte del film in un dramma avvincente, a tratti epico. Le difficoltà produttive – dai conflitti con la Paramount, che inizialmente non credeva nel progetto, alle pressioni della vera criminalità organizzata, passando per il rifiuto categorico di coinvolgere Al Pacino, definito da Evans “un gamberetto” – sono raccontate con un ritmo che tiene incollati allo schermo, rendendo la produzione de Il Padrino un’odissea creativa moderna.
Alcuni dei personaggi sono molto caratterizzati, contribuendo a rendere il risultato realistico ma allo stesso tempo quasi fumettistico e mitico. Miles Teller offre una performance solida e sfaccettata nel ruolo di Ruddy, il produttore con un background da programmatore determinato a portarsi a casa il film, sulla cui testimonianza diretta si basa gran parte della trama. Matthew Goode, nei panni di Robert Evans, è magnetico: il suo ritratto dell’executive è un mix di eccentricità e vulnerabilità, che cattura perfettamente lo spirito di un’epoca d’oro del cinema – in cui si viveva nel lusso sfrenato e si navigava a vista tra alcol e coca. Anche il cast di supporto aggiunge profondità e intensità alla narrazione: la segretaria di Ruddy è una sorta di mitica problem-solver, leale alla produzione e innamorata del mondo del cinema; la coppia Puzo-Coppola, che ha prodotto uno script di 170 pagine lavorando sotto pressione in una villa con piscina a Los Angeles, rappresenta perfettamente lo spirito del lavoro certosino e l’amore per l’arte; i cattivi tra i dirigenti della Paramount, dalla caratterizzazione quasi parossistica, rendono il tutto più avvincente nel loro intento di ostacolare la realizzazione di un film che ha tutte le caratteristiche per essere un successo – solo che loro ancora non lo sanno. La regia, la fotografia e la colonna sonora, infine, evocano con accuratezza storica l’atmosfera degli anni ’70, immergendo lo spettatore nel glamour e nelle ombre di Hollywood. La ricostruzione degli ambienti, dai set del film agli uffici della Paramount, è infatti curata nei minimi dettagli.
Ovviamente, non essendo un documentario ma un prodotto di fiction, la serie si prende alcune libertà creative, romanzando eventi e personaggi per aumentare il dramma – e c’è chi non ha mancato di sottolinearlo. Per esempio l’intromissione della mafia nella produzione, come ha fatto notare il noto youtuber ex mafioso Michael Franzese, sarebbe stata accentuata: se è vero che la comunità italo-americana e la Italian-American Civil Rights League si oppose inizialmente al film in quanto ritratto di stereotipi negativi degli italiani, non tutti gli interventi violenti ai danni della produzione che vediamo nello show sono storicamente documentati. Anche personaggi come il presidente della Civil Rights League, Joe Colombo, sono stati caratterizzati in modi poco fedeli all’originale – meno seri e più macchiettistici, sottolinea Franzese. Questi elementi, tuttavia, non intaccano minimamente il godimento complessivo dello spettatore, che non si aspetta un’accuratezza storica ma un prodotto ben scritto e coinvolgente che può fornire qualche dettaglio in più sull’atmosfera in cui è stato girato il classico senza tempo. In questo, la missione della serie è riuscita. Per gli amanti de Il Padrino è un’occasione per scoprire i retroscena di un’icona culturale; per chi cerca un dramma ben recitato e scritto, è un viaggio emozionante e adrenalinico in un’epoca in cui Hollywood era un campo di battaglia per visionari.
The Offer, infatti, non è solo la storia del film, è anche una celebrazione del potere dell’arte e della tenacia di chi crede nel mestiere di raccontare storie, nell’importanza di creare la giusta alchimia in un progetto. È una serie che parla di sogni, ambizione e del prezzo del successo. Dietro ciò che il resto dell’umanità vede come un’opera leggendaria, infatti, c’è sempre una storia di dedizione, di colpi di fortuna, di necessità e forzature, di sliding doors che si aprono e chiudono di fronte al talento, e The Offer ha il pregio di mostrarci il dietro le quinte in questo senso. A partire da Puzo, costretto a scrivere di mafia per far fronte ai suoi debiti, passando per Al Pacino, la cui presenza fortemente voluta da Coppola è stata osteggiata fino all’ultimo minuto dagli executive, la serie racconta il caos creativo dietro un capolavoro, evidenziando le intuizioni geniali e le lotte personali di chi ha inseguito un sogno ben preciso. Se oggi è impensabile vedere qualunque altro attore nel ruolo di Michael Corleone, c’è stato un momento in cui le possibilità dell’allora sconosciuto Al Pacino erano prossime allo zero. Il suo provino non sembrava memorabile, tutti sembravano detestarlo, eppure è rimasto. Perché Coppola ha insistito, perché qualcuno ha ceduto, perché a volte la linea tra ciò che è destinato a fallire e ciò che cambierà la storia del cinema è più sottile di quanto ci piaccia pensare.
Ed è forse questo il senso più profondo di The Offer: raccontare che dietro ogni grande opera ci sono sogni inseguiti con ostinazione, ma anche necessità materiali, compromessi, intuizioni fortunate e incontri irripetibili. È facile dire che basta volerlo per farcela, ma la verità è che anche il talento più brillante ha bisogno del momento giusto, delle persone giuste e, ogni tanto, di un colpo di fortuna. The Offer celebra proprio questo: il coraggio di crederci comunque, anche quando tutto sembra remare contro, e ci ricorda che ogni capolavoro nasce da un caos irriducibile, in cui merito e destino si intrecciano così tanto da non essere più distinguibili.
Questo articolo è stato realizzato da THE VISION in collaborazione con Paramount+, il servizio globale di streaming di Paramount che offre un’ampia selezione di serie originali e film grazie ai suoi brand iconici. Guarda ora “The Offer” e tutta la saga de “Il Padrino”, insieme agli altri contenuti esclusivi.
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