Con “Tall Tales”, Mark Pritchard e Thom Yorke hanno prodotto un’esperienza onirica e psichedelica - THE VISION
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Ci sono opere che non si capiscono subito, non per complessità od oscurità, ma perché richiedono un tempo diverso, una disposizione d’animo più aperta. Alcune parlano a una parte di noi che non è sempre pronta a rispondere: quella che ascolta senza voler tradurre, che guarda senza cercare una direzione precisa. Il produttore britannico Mark Pritchard e Thom Yorke, cantante dei Radiohead, tornati a collaborare dopo dieci anni dalla prima volta, hanno realizzato un progetto che attraversa i confini tra musica e arte visiva, collocandosi proprio in questo solco. L’album che ne è nato si distingue per sonorità sorprendenti e atmosferiche, e viene accompagnato infatti dall’omonimo Tall Tales, film d’animazione realizzato dall’artista multidisciplinare Jonathan Zawada che sarà proiettato giovedì 8 maggio alle 20:30 al Cinema Godard di Fondazione Prada, a Milano. Grazie all’approccio di Zawada, che si distingue per l’uso di animazioni fluide e per la costruzione di mondi che sembrano emergere direttamente dall’inconscio collettivo, insieme, musica e immagini costruiscono un’esperienza immersiva e psichedelica che rinnova la forza espressiva dei due musicisti.

Il primo incontro artistico tra Pritchard e Thom Yorke avvenne in un periodo in cui entrambi cercavano di ridefinire il proprio linguaggio creativo. Yorke stava approfondendo il suo interesse per l’elettronica sperimentale, mentre Pritchard consolidava la propria reputazione come figura di culto nel panorama della musica elettronica alternativa. “Beautiful People”, il brano nato da quella collaborazione, aveva lasciato intravedere un’intesa capace di superare le barriere di genere e di forma, come poi è successo.

Quello tra Pritchard e Yorke non è infatti un incontro occasionale, ma il frutto di una visione condivisa della musica come spazio di libertà e sperimentazione. Entrambi hanno sempre cercato di sfuggire alle categorie tradizionali: Yorke ha portato avanti progetti solisti come The Eraser e collaborazioni con artisti come Burial e Four Tet, mentre Pritchard ha attraversato decenni di musica elettronica con una capacità di rinnovamento rara, passando dalla techno alla ambient, fino a sperimentazioni più audaci. Il loro approccio riflette quindi una filosofia comune: la musica come strumento di esplorazione emotiva e intellettuale, mai come prodotto finito da consumare velocemente.

Nell’esperienza visiva, la sintonia si è trasformata in una ricerca più radicale: l’album infatti propone un’elettronica rarefatta, stratificata, che si intreccia con le linee vocali eteree di Yorke, creando un paesaggio sonoro fuori dal tempo. Non è un disco immediato, ma un percorso che richiede attenzione, in grado di ripagare chi è disposto ad abbandonarsi completamente all’ascolto. Le tracce si susseguono senza soluzione di continuità, costruendo un flusso narrativo che assorbe lo spettatore e lo spinge a esplorare territori interiori. L’elemento visivo di Tall Tales è stato poi affidato a Jonathan Zawada, artista australiano noto per il suo approccio visionario e transmediale. Zawada costruisce così un film d’animazione che accompagna e interpreta l’intero album, arricchendolo di nuove suggestioni. Attraverso paesaggi digitali in continua mutazione, creature oniriche e architetture impossibili, il film invita a un viaggio ipnotico che sembra estendere i confini della realtà. Non si tratta di una semplice illustrazione della musica, ma di una narrazione parallela che espande e moltiplica i suoi significati, dando davvero vita a un’opera d’arte totale. Già collaboratore di artisti come Flume, Zawada è noto per la capacità di trasformare suoni in forme visive che mantengono una tensione narrativa pur nella loro astrattezza. In Tall Tales, il suo immaginario si intreccia con la musica in modo organico, evitando l’effetto di videoclip prolungato per creare invece un’esperienza cinematografica a tutti gli effetti. 

La scelta di animare l’album attraverso una narrazione visiva riflette il desiderio di creare un’esperienza che coinvolga tutti i sensi. Zawada utilizza colori saturi, texture liquide e paesaggi astratti per evocare stati d’animo mutevoli, che si intrecciano con le atmosfere sonore di Pritchard e Yorke. Il risultato è un’opera che invita a perdersi, a rinunciare a ogni tentativo di razionalizzazione per abbandonarsi a una percezione pura e immediata. Mark Pritchard e Thom Yorke dimostrano ancora una volta di essere artisti capaci di reinventarsi senza paura, scegliendo di esplorare linguaggi complessi invece di assecondare aspettative di consumo rapido. Tall Tales conferma la loro volontà di abitare uno spazio creativo indipendente, più vicino all’arte contemporanea che all’industria musicale tradizionale, un’opera che rifiuta le logiche commerciali più immediate per proporsi come esperienza completa, in cui il suono e l’immagine si rafforzano a vicenda.

Rispetto ai progetti più recenti di Yorke, come la colonna sonora di Suspiria o il lavoro con The Smile, Tall Tales si distingue per una dimensione più intima e meditativa. Non cerca il confronto diretto con il pubblico, ma propone un ascolto raccolto, quasi solitario, in cui la voce si fa strumento tra gli strumenti. Pritchard, da parte sua, sembra orchestrare l’intero paesaggio sonoro con mano leggera ma sicura, costruendo ambientazioni che si dissolvono e si ricompongono come sogni. È un’opera che non cerca facili emozioni, ma lavora sulla sottile trasformazione della percezione, sull’accettazione dell’incertezza.

Il progetto si inserisce in una stagione in cui la contaminazione tra generi e media è sempre più diffusa, ma riesce a distinguersi per coerenza e profondità. Non è un semplice accompagnamento visivo, né un disco con videoclip estesi: è un’opera immersiva in cui musica e immagini si inseguono e si trasformano a vicenda. In questo senso, si propone come un esempio di come la sperimentazione possa ancora offrire esperienze nuove e significative nel panorama contemporaneo, sfidando la frammentazione dell’attuale ecosistema culturale. Con questo lavoro, Mark Pritchard e Thom Yorke ribadiscono l’importanza di difendere uno spazio per la ricerca artistica libera, capace di resistere alle logiche dell’omologazione e della velocità che dominano la produzione culturale attuale. Tall Tales non è solo un disco o un film: è una dichiarazione di intenti, un invito a perdersi per ritrovarsi, un viaggio che chiede al pubblico non solo di guardare e ascoltare, ma di partecipare attivamente alla creazione del senso. È anche un atto di resistenza contro l’appiattimento estetico imposto dalla standardizzazione tecnologica.

È difficile prevedere se Tall Tales avrà una grande risonanza commerciale, ma è evidente che non è questo l’obiettivo. Pritchard e Yorke sembrano più interessati a costruire un dialogo con chi è disposto a mettersi in gioco, ad abbandonare le certezze per esplorare territori sconosciuti. È un atto di fiducia nell’intelligenza e nella sensibilità del pubblico, una qualità sempre più rara nell’industria musicale contemporanea. La loro scelta dimostra che è ancora possibile pensare all’arte come strumento di trasformazione, non solo come merce da vendere. In un panorama dominato da algoritmi e playlist, dove tutto tende a essere funzionale al consumo rapido, Tall Tales rivendica il diritto al tempo, alla lentezza, alla complessità. Invita a rallentare, ad ascoltare davvero, a lasciarsi attraversare dalle immagini e dai suoni senza bisogno di trovare subito una spiegazione. In questo senso, è un’opera politica nel senso più profondo: afferma la libertà dell’arte di essere inutile, ambigua, perturbante. È un invito a riprendersi uno spazio di immaginazione e di esperienza estetica autentica.

Il viaggio proposto da Mark Pritchard, Thom Yorke e Jonathan Zawada è un antidoto prezioso contro l’appiattimento percettivo a cui rischiamo di abituarci. Tall Tales chiede impegno, ma in cambio offre la possibilità di riscoprire una dimensione dell’ascolto e della visione che va oltre l’intrattenimento, toccando corde più profonde e meno prevedibili. È una proposta radicale nella sua semplicità: fermarsi, ascoltare, guardare, e forse, cambiare. In un’epoca in cui il tempo dell’attenzione è diventato una delle risorse più contese, Tall Tales ci ricorda che il vero lusso non è possedere, ma vivere intensamente ogni istante dell’esperienza estetica.

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