Ognuno di noi, almeno una volta nella vita, ha associato l’amore all’espressione tipicamente usata nelle favole “e vissero felici e contenti”, quasi a volerci convincere che, malgrado qualche intoppo lungo il percorso, i sentimenti hanno sempre la meglio sulle difficoltà. Ma poi, col passare del tempo siamo cresciuti e dalle favole siamo passati ai film, accorgendoci che la promessa di amore eterno – spesso rappresentata sul grande schermo – è solo un modo approssimativo e superficiale per descrivere un’emozione così intima. Insomma, sono davvero pochi i cineasti che hanno raccontato storie in cui l’amore è visto in maniera autentica e disincantata, privo di ogni moralismo. Richard Linklater è uno di questi.
Schiettezza, semplicità, spunti di riflessione. Nella sua celebre trilogia Before, il regista e sceneggiatore di Houston analizza alcuni degli interrogativi sulla vita di coppia. È una saga atipica, che non si limita unicamente a esplorare la passione senza controllo di due amanti, dove il sottile equilibrio tra romanticismo e cinismo si sostituisce alla prevedibilità della classica love story. Linklater fa lavorare il tempo e lo sviluppa con l’incoscienza che caratterizza l’inizio dei grandi amori; si serve del fascino misterioso dei luoghi e, grazie alle interpretazioni di Ethan Hawke e July Delpy, pone al centro della storia dei dialoghi filosofici e mai banali, per dimostrare che la parola è l’unico strumento che permette ai personaggi di avvicinarsi tra loro.
Questo progetto ha una genesi molto complessa e sofferta. Le vicende che ruotano attorno ai tre film, infatti, sono ispirate a un incontro che Linklater ebbe con una donna nel 1989. I due, dopo essersi conosciuti in un negozio di giocattoli di Filadelfia, passeggiarono e chiacchierarono fino a notte fonda, per poi salutarsi con la promessa di tenersi in contatto. Il regista statunitense si rifà proprio a questo episodio per scrivere la prima sceneggiatura di Prima dell’alba, e non fa nulla per nascondere la sua personale idea di cinema indipendente. I suoi personaggi, oltre a contenere un frammento di vita vissuta, sono una rappresentazione minimalista della sua poetica: un uomo e una donna che si raccontano senza inibizioni, senza la consapevolezza di cosa vivranno in futuro.
Sin dal primo lungometraggio, i temi esistenziali come la morte, la fede, il destino, giocano un ruolo fondamentale nella costruzione della trama. Prima dell’alba (Before Sunrise), del 1995, parla di due giovani poco più che ventenni, Jesse, un americano in attesa del volo di ritorno, e Céline, una francese in viaggio verso casa. I due si conoscono su un treno diretto a Parigi, ma, tra una chiacchiera e l’altra, decidono di scendere a Vienna e trascorrere una notte senza avere una meta precisa, passeggiando per le strade della capitale austriaca. Sia gli elementi narrativi che estetici tipici di Linklater si possono individuare facilmente in questo primo capitolo; l’essenzialità delle immagini, botta e risposta ironici e spigliati, la linearità temporale. Anche il più banale dei particolari, come la scena in cui Jesse e Céline chiedono a due sconosciuti consigli su cosa visitare in città, diventa un espediente onirico per esprimere la coscienza creativa del regista e far riflettere sull’universalità della sua opera. Nei cento minuti di vivace delicatezza del film, i protagonisti svolgono azioni comuni: camminano, si interrogano sulla vita, si baciano sulla ruota panoramica del Prater e, prima di salutarsi, si promettono di rivedersi nello stesso luogo dopo sei mesi.
Peccato che, nel pieno degli anni Novanta, Facebook e Instagram fossero ancora una lontana utopia. I due dovranno aspettare nove anni per rincontrarsi e rendersi conto che quel desiderio di stare insieme è tutt’altro che sopito. Nel secondo capitolo, Before Sunset – Prima del tramonto, Jesse e Céline si ritrovano in una libreria di Parigi. Lui è nella capitale francese per presentare il suo libro, This Time, che parla proprio di due ragazzi che passano insieme una sola notte; lei, riconosciutasi nella protagonista del romanzo, si presenta nella libreria di proposito. Da quell’indimenticabile esperienza di quasi dieci anni prima, molte cose sono cambiate: Jesse è uno scrittore di successo, ha un figlio di 4 anni e un matrimonio infelice; Céline, invece, lavora per un’organizzazione ambientalista e ha una relazione con un fotogiornalista di guerra. La nostalgia porta ogni discorso a trasformarsi in un tentativo di lasciarsi il passato alle spalle, ma gli sguardi di lei e le parole di lui lasciano intendere ben altro: “Sai, penso di aver scritto il libro anche per fermare qualcosa, per non dimenticare i dettagli di quella giornata passata insieme. Una sorta di promemoria, di prova di un avvenuto incontro. Della serie: è tutto vero, documentato”.
In un perfetto stile alla Woody Allen, Linklater riprende gli angoli più autentici della Ville Lumière: da Notre-Dame, alla Senna, fino al Pont Neuf, per ricordarci che nel film la bellezza degli spazi è importante quanto gli interpreti. Più che l’entusiasmo della gioventù, nel secondo capitolo al regista interessa approfondire la consapevolezza del presente. In Before Sunset vuole mostrare il cambiamento dei personaggi, trascurando quasi del tutto la magia del primo incontro. Ci sono le risate e i dialoghi fiume, c’è la speranza di chi non riesce a trovare una stabilità emotiva e professionale, c’è il disincanto di una modernità che preoccupa. E, alla fine, c’è un aereo in partenza per gli Stati Uniti che Jesse perde di proposito.
Sarà Before Midnight, nel 2013, a chiudere la trilogia. Dopo il fascino delle capitali europee, Linklater si affida a un paesaggio silenzioso, incontaminato, dove però non mancheranno i problemi e i momenti di duro confronto. Come ha detto lo stesso regista: “Ritroviamo Jesse e Céline come in un paradiso: stanno insieme, Jesse scrive i suoi libri, Céline è un’ambientalista, hanno dei bambini. Insomma, parecchio di quello che probabilmente desideravano lo hanno realizzato. Eccoli dunque in vacanza d’estate in questo luogo idilliaco, dove però non è tutto perfetto: non lo è mai”.
Ancora una volta dopo nove anni, Jesse e Céline sono in vacanza in Grecia, ospiti di alcuni amici e in compagnia delle due gemelle nate dallo loro relazione. Sembra di assistere a un lieto fine: due persone felici, realizzate, apparentemente diverse da quella lontana e spensierata notte viennese. Ma i problemi della quotidianità entrano nella loro vita durante una lite improvvisa in albergo: in una manciata di minuti tutte le frustrazioni, i sensi di colpa, i dubbi, le rinunce di anni si abbattono sulla loro relazione. Lui riflette sulla necessità di avvicinarsi a Hank, il figlio avuto dal precedente matrimonio; lei ha la percezione che le sue scelte, come donna e madre, siano sempre condizionate da fattori esterni. In effetti, – come dimostrano le parole di Céline: “Che diavolo ci facciamo qui? È tutto organizzato, come se dovessimo passare una notte perfetta, ma dai! Non c’è posto per la spontaneità, è scomparsa dalle nostre vite”: quello che Linklater vuole evidenziare nei protagonisti è il desiderio di evadere, di allontanarsi dalla loro attuale condizione. In questo terzo e ultimo capitolo, più maturo del regista, viene evidenziato il passaggio dal sogno alla realtà, raccontato allo spettatore attraverso la normalità dei problemi di coppia e la necessità di ascoltarsi, di fare un passo indietro e di ritrovare quel pizzico di follia perduta dei primi istanti di innamoramento.
Se Before Sunrise e Before Sunset rappresentano l’amore che ogni inguaribile romantico sognerebbe di vivere, Before Midnight è invece la dimostrazione che l’amore è un’altra cosa. Lo scopo della trilogia è raccontare nel modo più semplice possibile un sentimento che, il più delle volte, è troppo idealizzato. Come già accaduto in Boyhood, Richard Linklater ha seguito realmente i protagonisti nel loro invecchiare, dal 1995 al 2013, confermando la sua ossessione per il tempo e la memoria. Ma il vero punto di forza di questo progetto, è la maniera anticonvenzionale con cui vengono trattate le fasi dell’innamoramento: dall’eccitazione del primo incontro, alla consapevolezza delle proprie emozioni, fino all’impatto con la sfera della quotidianità. Nella trilogia Before non si trova nessun colpo a effetto, nessuna dichiarazione strappalacrime, nessun matrimonio sulla spiaggia: i problemi che Jesse e Céline affrontano sono di natura pratica, così come le loro azioni e le loro espressioni.
La volontà del regista è proprio quella di rivolgersi intimamente allo spettatore, di parlargli a tu per tu, di farlo sentire meno solo: da questa premessa nasce l’esigenza di analizzare una storia in cui tutti possono più o meno ritrovarsi. Ma il vero obiettivo della trilogia Before – rappresentato nella scena finale in cui Ethan Hawke e July Delpy, seduti al tavolino di un bar, tentano di riconciliarsi – è sottolineare, senza alcuna presunzione, il principio base che caratterizza la poetica di Linklater: una storia d’amore, può durare solo se comprendiamo che l’utopia romantica non passa attraverso il “vissero felici e contenti”, ma tra le difficoltà giornaliere e il tempo limitato delle nostre vite.