"One to One: John e Yoko" è un ritratto intimo tra arte, amore e attivismo - THE VISION
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Nel 1972 New York era un crocevia di fermenti culturali e politici. In quel clima turbolento, John Lennon e Yoko Ono si trasferirono nel Greenwich Village, cercando un nuovo inizio lontano dall’ombra dei Beatles e dalle pressioni mediatiche. Il documentario One to One: John & Yoko, che sarà proiettato al Cinema Godard di Fondazione Prada, a Milano, domenica 8 giugno, ci accompagna in quei mesi intensi, raccontando un periodo cruciale della loro vita, tra attivismo, arte e la sfida di reinventarsi come coppia e come artisti. Il cuore del film, diretto da Kevin MacDonald e Sam Rice-Edwards, è proprio l’omonimo concerto benefico “One to One” del 30 agosto 1972 al Madison Square Garden. Organizzato per raccogliere fondi per la Willowbrook State School, questo evento rappresenta il primo (e unico) concerto completo di Lennon dopo lo scioglimento dei Beatles. E con la supervisione di Sean Ono Lennon, figlio di John e Yoko, le immagini restaurate e l’audio rimasterizzato restituiscono l’energia autentica di quel live storico.

Il documentario, però, va oltre la musica. Attraverso filmati inediti, registrazioni private e un’attenta ricostruzione degli spazi domestici, emerge un ritratto intimo e sfaccettato della coppia. Yoko affronta il dolore della separazione dalla figlia Kyoko, mentre John si misura con le proprie fragilità e con un passato ingombrante. La televisione americana diventa per lui una finestra sul mondo, uno specchio deformante e una fonte di ispirazione, mentre l’amministrazione Nixon lo osserva con sospetto. La regia di Kevin MacDonald, già Premio Oscar nel 2000 per il documentario Un giorno a settembre, unita alla sensibilità visiva di Sam Rice-Edwards, permette di cogliere le sfumature di un legame indissolubile e al contempo fragile. Il film rivela la complicità creativa tra John e Yoko, ma anche le tensioni che attraversavano la loro relazione. Le scene domestiche, le chiacchiere notturne, i momenti di intimità restituiscono la loro umanità, lontano dai riflettori e dalle icone. La New York del ‘72, vibrante e contraddittoria, fa da sfondo a questa storia: una città in trasformazione, teatro di contestazioni sociali e di nuove utopie artistiche. Lennon e Ono si muovono tra club underground, gallerie d’arte e programmi televisivi, sperimentando nuove forme di comunicazione e di attivismo. Il film esplora il loro ruolo di catalizzatori culturali, capaci di accendere dibattiti e di usare la propria celebrità per veicolare messaggi politici.

Ma One to One: John & Yoko restituisce anche la dimensione psicologica di John Lennon in quel periodo: la lotta contro i fantasmi del passato, l’ansia per la carriera solista, il rapporto complesso con la fama. La voce di Lennon, nelle interviste d’epoca e nelle registrazioni private, emerge come un flusso di coscienza fragile e potente. Yoko, al suo fianco, si mostra determinata e vulnerabile insieme, capace di sostenere e di ispirare, ma anche di portare la propria battaglia personale contro i pregiudizi e l’ostilità di una società che faticava ad accettare la loro unione. Il film, poi, esplora anche il rapporto con i media: le conferenze stampa, le interviste, le performance pubbliche. Lennon e Ono trasformano la propria quotidianità in un atto politico, rendendo pubblica la loro relazione come forma di lotta contro la guerra e contro le convenzioni sociali. Questo aspetto diventa uno dei nuclei narrativi più potenti del documentario: la fusione tra vita privata e arte, tra impegno civile e ricerca personale.

Il documentario alterna immagini d’archivio a sequenze più intime, costruendo un montaggio fluido che restituisce la complessità di un legame tanto amato quanto discusso. La colonna sonora, curata con attenzione, sottolinea le emozioni e amplifica la potenza evocativa delle immagini, creando un ponte tra passato e presente. Ciò che resta impresso, guardando One to One, è la sensazione di assistere a un racconto universale: la storia di due persone che hanno scelto di vivere la propria arte come forma di resistenza, come strumento di trasformazione. La loro fragilità diventa un messaggio di forza, la loro intimità si fa voce collettiva. Con una narrazione avvolgente, il film cattura l’essenza di un’epoca e di due artisti che hanno saputo trasformare la loro vita in un atto di resistenza. One to One ci ricorda che dietro ogni icona c’è anche una persona che lotta, che ama, che cade e si rialza.

Uno degli aspetti più affascinanti e controversi del periodo raccontato nel documentario è la figura di Yoko Ono. Spesso demonizzata dai media e dal pubblico, Yoko Ono è stata a lungo considerata la causa dello scioglimento dei Beatles, un pregiudizio alimentato da un contesto sociale e culturale ancora profondamente maschilista. La sua presenza accanto a John Lennon ha rappresentato una minaccia simbolica all’immagine di un gruppo maschile che incarnava la Beatlemania, suscitando reazioni di ostilità, di razzismo e di sessismo. Yoko è stata trasformata nel parafulmine di tutte le frustrazioni di un’epoca in transizione, accusata di manipolare John e di distruggere la sua arte, un’accusa tanto ingiusta quanto rivelatrice di quanto fosse difficile accettare la libertà artistica e personale di una donna di origine giapponese in un contesto occidentale. Nel documentario emerge invece un ritratto più complesso e autentico di Yoko: un’artista completa, una donna tenace, una compagna di vita capace di condividere e ispirare la ricerca artistica e politica di Lennon. La sua resilienza, la sua capacità di resistere alla pressione mediatica e di trasformare la sua vulnerabilità in forza, diventano una delle chiavi per comprendere la straordinaria storia di questa coppia.

Attraverso un montaggio serrato, energico e magnetico, il film restituisce la potenza di un momento storico irripetibile. Lennon e Yoko si mettono da parte, preferendo farsi portavoce di un pensiero collettivo, di una rabbia diffusa, di una passione che nasce dalle voci di altri, dalle urla di chi non aveva un microfono. È una democrazia di immagini e di idee, che però a volte sembra contraddire la promessa contenuta nel titolo stesso: non più un semplice One to One, ma un intreccio di storie, di performance e di universi che si affiancano al palco del Madison Square Garden. 

Lennon, con la voce graffiante del rock’n’roll, e Yoko, nella sua performance dedicata alla figlia, intrecciarono musica e impegno civile. Il documentario rievoca la loro tensione creativa: dagli ideali di Fluxus al femminismo, dalla terapia dell’Urlo Primario al sostegno per le battaglie della sinistra americana. Lennon e Ono non furono soli: dietro di loro un coro di artisti e ribelli, pronti a gridare al mondo la loro verità. Anche Dylan, evocato come “l’anima di tutti”, aleggia come un fantasma. Non mancano ironia e fragilità: la ricerca di mosche per un’installazione di Yoko si intreccia al nome di May Pang, futura compagna di Lennon. Il Dakota Building segna la fine di un sogno e l’inizio di nuove paure: l’espulsione minacciata, la depressione latente, la fragilità di un uomo che, a trentun anni, aveva ancora un futuro tutto da scrivere.

E così, il documentario di Kevin MacDonald e Sam Rice-Edwards trasmette l’idea che ogni rivoluzione – grande o piccola che sia – comincia dentro di noi, e ha bisogno di spazi di fragilità, di ombre, di verità scomode. Lennon e Ono hanno trasformato i loro momenti più vulnerabili in un grido collettivo, qualcosa che ancora oggi riesce a parlare a chi è disposto a fermarsi e ad ascoltare. Guardare One to One mi ha fatto capire l’importanza di fermarmi, lasciandomi attraversare da domande che non hanno però risposte immediate. Ma anche scoprire che la musica può essere un atto politico, che ogni piccolo processo artistico può essere un seme di cambiamento all’interno della società. A distanza di decenni dagli eventi raccontati, il film ci racconta che la fragilità non è una debolezza, ma la base su cui costruire la propria forza. E così, Lennon e Ono hanno dimostrato che si può essere rivoluzionari anche nell’amore e che ogni scelta personale è già un gesto di resistenza. 

One to One: John & Yoko è un film che lascia il segno. Ci parla di libertà creativa in un modo che non è mai scontato. È come se ci prendesse per mano e ci dicesse: “Non avere paura di scegliere te stesso, anche quando il mondo vorrebbe vederti diverso”. Non è la storia di due leggende, ma quella di due persone che hanno scelto di restare fedeli a se stesse, nonostante tutto. Il film ci ricorda che l’arte non nasce per compiacere, ma per interrogare, per mettere in discussione, per scoprire. E ci ricorda che la libertà non è un lusso, ma una necessità.

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