La nuova Mercoledì non è la paladina degli outsider ma solo l’ennesima celebrazione dell’essere cool - THE VISION
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“Everything I know about the Kardashians I learned it against my will” è una frase che è stata scritta su Twitter qualche anno fa e che è diventata un meme per via della sua grande versatilità. Ciascuno di noi può dire la stessa cosa di centinaia di fenomeni virali ai quali siamo esposti quotidianamente e, in un certo senso, contro la nostra volontà. In sostanza, è molto difficile che una persona che usa internet per informarsi e bazzica sui social network non si sia mai imbattuta in una foto di un membro della famiglia Kardashian. Questa tempesta di immagini, parole e suoni che è il presente della comunicazione capillare e totalizzante rende davvero difficile separare in modo verticale tutti i contenuti presenti sul web, dalle serie televisive ai video dei gattini, motivo per cui quando uno dei suddetti contenuti esce dalla bolla della sua naturale diffusione e diventa, appunto, virale, è come se tutto, ovunque, per qualche settimana, parlasse solo di quello. È la ragione per cui vedere Alfonso Signorini in diretta in prima serata su Canale Cinque al Grande Fratello Vip che fa un balletto di Tik Tok preso da una delle serie Netflix di maggior successo degli ultimi mesi non è poi così strano. Un’immagine che fino a una decina di anni fa sarebbe stata impensabile, un presentatore della televisione generalista che scherza su un tormentone diffuso su un social e preso da una piattaforma di streaming, una scatola cinese di competitor. Così, di fronte a Wednesday, la serie televisiva spin-off su Mercoledì Addams diretta, tra gli altri, anche da Tim Burton, ci ritroviamo come di fronte alla famiglia Kardashian: anche se non abbiamo visto la serie e anche se non abbiamo voglia di farlo, in qualche modo siamo obbligati a sapere cos’è. 

Questo vortice di attenzione verso un prodotto o verso un personaggio da cui non possiamo sottrarci, dal momento che siamo anche noi utenti tutti parte della tormenta, è forse uno degli elementi che più ha cambiato il modo di fruire l’intrattenimento da quando esiste internet. In un altro periodo, neanche troppo lontano, un teen-drama come Wednesday sarebbe rimasto perfettamente confinato al target per cui è stato pensato, ossia quello di pre-adolescenti e adolescenti. Nessun trentenne o quarantenne all’inizio degli anni Zero guardava Dawson’s Creek, per il semplice fatto che non ci trovavamo tutti nello stesso posto, un posto che ci consente di commentare, dibattere, litigare e insultarci a qualsiasi ora tramite uno smartphone su ciò che ciclicamente diventa l’argomento del giorno. Questa spirale di attenzione è esattamente ciò che le piattaforme di streaming cercano di riprodurre con tutto ciò che mettono sul mercato dell’audiovisivo – pratica affine anche alla televisione e al cinema anche se in modi diversi, soprattutto per questioni formali – e da questo punto di vista, la serie su Mercoledì Addams è un distillato perfetto di tutto ciò che serve. 

GenZ-baiting, come l’ha definita qualcuno, Wednesday riproduce quello che in Boris 4 viene parodiato nella forma di questo misterioso algoritmo che mette insieme ogni singolo elemento che produce la serie virale perfetta: c’è l’operazione nostalgia di un format di culto, la famiglia Addams, c’è il giallo, c’è il tema della diversità e degli outsider, c’è un balletto virale perfetto per TikTok, ci sono gli adolescenti problematici che si sentono incompresi, c’è una scuola che sembra la scuola di Hogwarts in Harry Potter dopo essere passata dal liceo di Twilight, c’è persino il cameo di Cristina Ricci, che negli anni Novanta interpretava Mercoledì, c’è la canzone anni Ottanta dei Cramps da far tornare di moda, come è stato con Running up that hill in Stranger Things. C’è tutto, insomma, tranne la novità.

In un’altra fase della produzione audiovisiva, dunque, Wednesday sarebbe rimasta ciò che è giusto che sia, una serie per adolescenti che non ha molte pretese narrative ed estetiche. Questa separazione così netta tra categorie trasversali e categorie destinate a un pubblico ben preciso però è ormai quasi del tutto saltata ed è impossibile non trattare una serie del genere come un grande fenomeno generalista, visti anche i successi decantati da Netflix che l’ha messa al pari di Squid Game e Stranger Things. Motivo per cui, in un’analisi di Wednesday, non si può non includere diversi temi, uno tra tutti quello del paragone con uno storico di film, vignette e serie televisive del passato basate sulla saga della Famiglia Addams che, in alcuni casi, tra i molteplici adattamenti e le tante versioni prodotte negli anni, avevano un mordente diverso.

Il personaggio di Mercoledì Addams, infatti, non è solo una fonte di ispirazione per costumi di Halloween fai da te: nei due lungometraggi degli anni Novanta – il primo del 1991 e il secondo del 1993, film in cui recita Cristina Ricci nel ruolo di Mercoledì – il senso della rappresentazione di una famiglia che vive tutto al rovescio, in una dimensione gotica, cinica ed estremamente ironica della realtà, è quello di mettere in scena il dark humor da commedia americana. Mercoledì, che specialmente nel secondo volume della saga dà prova della forza del suo personaggio con un monologo che è un piccolo capolavoro anti-colonialista contro la retorica statunitense del Ringraziamento, è tutto l’opposto della Wednesday di Netflix. È inquietante, quasi repellente per quanto il suo sguardo rimanga impassibile, è una fredda calcolatrice, capace di mettere in piedi malefatte terribili, ma tutte finalizzate a un senso di giustizia contro le frivolezze del mondo americano borghese in cui si trova inserita contro la sua volontà. 

“Mercoledì è in quella fase in cui le ragazze hanno solo una cosa in mente”, “I ragazzi?”, “L’omicidio”, risponde Morticia Addams, la madre di Mercoledì, a una ricca signora che incontrano al campo scuola dove si svolge parte del film Addams Family Values e dove i suoi figli organizzeranno una vera e propria sommossa contro la supremazia dei vincenti, i figli perfetti dell’alta borghesia americana. Tutto l’opposto di una it-girl con la bellezza perfetta da bambola di porcellana, la Mercoledì degli anni Novanta uccide il suo nuovo fidanzato, un ragazzo brutto e sfigato che fa parte degli esclusi dal campo, che crede stupidamente di averla conquistata, non indugia certo in amori adolescenziali con i belli del liceo, come invece avviene in Wednesday. Vera paladina degli outsider proprio perché terrificante, non ha niente a che vedere col fascino virale di una ragazza che gioca la parte dell’esclusa quando ha chiaramente tutti gli elementi estetici per essere la perfetta incarnazione di una diversità conforme, come succede con tutte le Manic Pixie Dream Girl del cinema passato e odierno. La forza di questo personaggio, da sempre, così come la forza di tutti i membri della famiglia Addams, è quella di creare una sorta di universo parallelo in cui, per esempio, se un bambino è biondo, sorridente e in salute, viene considerato malato. Ed è esattamente tutto ciò che manca a questa versione Netflix in cui la regia di Tim Burton, un maestro del comedy-gotico americano anni Novanta, sfuma in un racconto bidimensionale che risulta perfetto per l’algoritmo, ma sgonfio e banale per tutti quegli altri aspetti che hanno reso la famiglia Addams e in particolare Mercoledì delle icone della cultura pop contemporanea. 

Wednesday non è, ovviamente, una serie da buttare, e se un prodotto raggiunge un successo del genere, qualcosa oltre al calcolo basato sui gusti degli utenti c’è. Oltre alla sua perfetta compatibilità con gli elementi trainanti del presente – il tocco di nostalgia cult, il tema dei “diversi”, le scene cucite sulla viralità social – c’è per esempio Catherina Zeta Jones nel ruolo di Morticia che raccoglie lo scettro di Angelica Huston con lo spirito giusto, quel fascino ammaliante, grottesco ed etereo di una donna che sembra levitare sulla terra quando passa tra i comuni mortali. C’è anche un grande lavoro di costruzione estetica da un punto di vista dei costumi e dell’atmosfera dark che ha catturato su di sé molta dell’attenzione mediatica di Wednesday, tra la tinta del rossetto di Mercoledì che le influencer in giro per il mondo stanno utilizzando nei loro tutorial e il vestito del famoso balletto diventato virale.

Ma tutto ciò non basta comunque a riempire lo spazio che Wednesday ha lasciato vuoto nel racconto fintamente emarginato di una ragazza che, se non fosse per i vestiti scuri e l’espressione di pietra, sarebbe una perfetta reginetta del ballo, conforme a qualsiasi altra narrazione canonica dei teen-drama americani e resi solo leggermente meno stereotipati dall’aggiunta di una stranezza posticcia che non ha nulla a che vedere con la diversità, ma è solo un modo laterale di essere comunque cool. Anche perché gli anti-eroi, gli outsider, i reietti, gli sfigati e i freak non diventano virali perché tutti vogliono essere come loro, imitando i loro passi, vestendosi allo stesso modo, ma al massimo per il motivo opposto. 

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