Immaginate una donna. Come me, come noi. Una donna a cui tutto d’un tratto bloccano il conto bancario, tolgono il posto di lavoro, la figlia, l’indipendenza di uscire e prendere decisioni, addirittura di leggere. Perde ciò che è: non è più June, ma un’Ancella, Offred, nome che deriva dal Comandante della casa in cui si ritrova a vivere, Fred, da cui of-Fred, cioè letteralmente di Fred, di sua proprietà. Sia nel nome, sia nel vestiario, le Ancelle rispecchiano ciò che sono in questa nuova società: padrone di nulla, neanche di sé stesse, del proprio corpo e della propria identità. Alle ancelle viene spiegato che la libertà è un concetto mutevole, soggetto a interpretazione: esiste “la libertà di e la libertà da. La libertà di apparteneva alla cultura antecedente, profana e immorale, dove non c’erano più leggi morali che guidassero gli uomini e le donne; la libertà da invece, promessa del nuovo mondo, svincola il genere umano dai peccati, dai vizi, ristabilendo un ordine di fatto fondato sulla privazione. “È a causa della troppa libertà di scelta che la società implode”, viene insegnato a Gilead, teocrazia fondamentalista cristiana che combina patriarcato, maschilismo e razzismo.
Espressione dell’ordine di Gilead è il rigido schema misogino di divisione dei ruoli femminili, in cui puoi essere Ancella, Martha, Moglie, Zia o Nondonna, e questa appartenenza definisce ciò che devi o non devi fare. Offred, la protagonista di The handmaid’s tale, fa parte delle Ancelle e per questo è, come lei stessa recita, “una risorsa nazionale”. Il suo compito è di dare alla famiglia a cui è assegnata un bambino, il più grande dono di Dio: Offred è fertile e per questo, come le sue compagne, ha come unico scopo quello di essere l’involucro che concepirà un figlio non suo, ma della Moglie e del Comandante che la posseggono.
Le Ancelle devono indossare un copricapo bianco, simbolo di purezza e sottomissione, formato da due alette che coprono i lati del viso: è importante non guardare e non essere guardate. Escluso questo, tutto il resto è rosso: il colore del sangue, delle mestruazioni, della fertilità, ciò che le definisce e rende così preziose. Nel sesto episodio della terza stagione di The handmaid’s tale le Ancelle di Washington hanno, oltre alla “divisa” ordinaria, la bocca tenuta chiusa da anelli di metallo e coperta da una sorta di bavaglio: un’ulteriore privazione è quella della parola, simbolo di quello che un tempo era uno dei diritti fondamentali di un essere umano, quello d’espressione.
In questo episodio la statua del Lincoln Memorial e la frase incisa alle spalle dello storico presidente sono distrutte, come a simboleggiare una volontà di eliminare la storia, l’arte, la cultura considerata eretica prima di Gilead; un centinaio di Ancelle sono inchinate per pregare davanti al famoso Monumento a Washington, obelisco trasformato in croce, icona cristiana. Noi spettatori scrutiamo il mondo di Gilead attraverso la lente della finzione, nel romanzo e nella serie tv, ma una volta che la spostiamo e guardiamo con occhio nudo la realtà, ci stupiamo di quanto le cose non siano molto diverse.
Le immagini più potenti di The handmaid’s tale rompono i confini della carta stampata o dello schermo della tv e diventano simboli di ribellione femminile. Nel gennaio 2018, alla Women’s March molti cartelli delle manifestanti recitavano la frase “Nolite te bastardes carborundorum” (“Non lasciare che i bastardi ti annientino”), frase che ha ispirato la resistenza, sempre più ardita, di Offred al mondo di Gilead. Il 27 luglio del 2017, un gruppo di donne con mantelli rossi e copricapi bianchi ha protestato contro la decisione del Presidente statunitense Trump di tagliare i fondi alla Planned Parenthood, insieme di organizzazioni a favore della legislazione pro-aborto e dell’educazione sessuale, dati invece ad associazioni pro-life. Le manifestanti non hanno detto una parola, proprio come le Ancelle, ma hanno fatto risuonare la loro protesta anche nel silenzio. Oltre alla veste rossa, questa è la peculiarità più forte delle manifestazioni che portano avanti il messaggio di The handmaid’s tale: sono pacifiche e silenziose. Il parallelo tra serie tv e realtà è sconcertante, sia a livello visivo che concreto: a Gilead non esiste la possibilità di abortire, fedelmente alle convinzioni religiose, e vengono vietate tutte le tecnologie di monitoraggio della gravidanza, che deve essere un processo completamente naturale e guidato da Dio, non dalla scienza. L’unica educazione sessuale esistente è quella professata dalle Zie, con l’obiettivo di rimodellare la forma mentis delle Ancelle: il loro unico scopo è quello di obbligazione alla maternità.
Non solo negli Stati Uniti, ma anche nel resto del mondo, il personaggio dell’Ancella è diventato un simbolo forte: in Irlanda, in occasione del referendum sull’aborto, a Gerusalemme, per rivendicazioni da parte di membri ultraortodossi del Consiglio municipale, in Argentina, durante manifestazioni a favore della legalizzazione dell’aborto. In Italia, il 22 maggio 2018, quando un gruppo di donne ha sfilato davanti al Duomo di Milano in occasione dell’anniversario dell’approvazione della legge 194 con cui si legalizzava l’aborto, ma anche per denunciare il fatto che in Italia in media il 70% dei medici è obiettore di coscienza (in Molise la percentuale arriva addirittura al 96,4%. Paradossalmente sono i medici e il personale non obiettore ad essere discriminato. I dati a riguardo sono preoccupanti, tanto che nel 2016 il Consiglio d’Europa ha richiamato e criticato l’Italia. Il limitato – se non quasi impossibile – accesso all’Ivg (Interruzione volontaria della gravidanza) fa sì che il fenomeno dell’aborto clandestino sia ancora diffuso. Sempre a Milano, il 22 novembre 2018, alcune esponenti del movimento “Non una di meno” hanno attirato l’attenzione con i vestiti da Ancella durante la discussione in Consiglio comunale sulla mozione anti-legge 194, proprio quella per cui si celebrava l’anniversario a maggio, proposta dal consigliere di Forza Italia Luigi Amicona. A Verona, il 26 luglio 2018, sempre le attiviste di “Non una di meno” hanno partecipato, con i loro mantelli rossi e copricapi bianchi, al consiglio comunale in cui si discutevano le due mozioni antiabortiste (434 e 441) proposte dai consiglieri della Lega Nord. La protesta è stata accolta con un saluto fascista del consigliere Andrea Bacciga – gesto punibile dal nostro Codice penale, ma ritenuto un semplice equivoco dal presidente del consiglio Ciro Maschio.
Non solo l’aborto, ma anche la violenza verso le donne accomuna Gilead e la realtà: le Ancelle subiscono sia violenza psicologica, come il voler cancellare in loro ogni traccia del passato da eretiche imprimendo in loro tutti gli insegnamenti evangelici, sia violenza fisica, dalle punizioni quando trasgrediscono le regole alle Cerimonie, in cui avviene l’atto sessuale forzato tra Ancella e Comandante. Oggi, le violenze sessuali in Italia sono un altro segnale molto forte della condizione femminile: il 31,5% delle donne ha subìto una qualche forma di violenza, e la maggior parte dei carnefici si ritrova tra partner, amici, parenti. Ogni (circa) due giorni viene uccisa una donna. A Gilead è inoltre vigente la pena di morte, spesso fatta eseguire dalle stesse Ancelle come monito dalle infrazioni. Proprio in questi giorni, siamo di fronte alla decisione del presidente Trump di ripristinare la pena di morte dopo 16 anni: torneranno ad essere vigenti le esecuzioni federali per iniezione letale e già cinque condanne sono programmate in Indiana.
Non siamo di fronte ad un dramma distopico immaginario. Siamo di fronte ad una critica concreta al mondo contemporaneo, con lo scopo di far riflettere sulla realtà che viviamo. The handmaid’s tale è stato scritto da Margaret Atwood seguendo la regola di “non includere nulla che gli esseri umani non abbiano già fatto in qualche luogo e in qualche epoca storica”. Quando il romanzo è stato pubblicato nel 1985, i fatti narrati sembravano inverosimili, ma oggi dobbiamo pensare (e non troppo difficilmente) che tutto ciò che leggiamo nel libro e vediamo nell’omonima serie tv 32 anni dopo sia totalmente presente nelle potenzialità dell’uomo. Non un racconto immaginario o (solo) provocatorio, ma reale.
Aborto, stupro, violenza fisica e psicologica, femminicidio, disparità salariali. Oggi, la nostra battaglia non può dirsi ancora finita. Se queste donne che lottano e protestano attraverso le immagini di The handmaid’s tale hanno trovato un’unione, un modo per essere vicine da ogni parte del mondo, la forza del messaggio veicolato dalla Atwood è davvero diventato universale. Come tale, dobbiamo pensare che ogni aspetto della cultura di Gilead non è finzione, ma reale in qualche parte del mondo, in qualche punto della storia, passata, presente o che sarà futura. Non dobbiamo credere che sia solo una storia, perché “non è una storia che sto raccontando”, dice Offred. Lei stessa non si curava, prima di Gilead, delle battaglie femministe portate avanti dalla madre, poiché ormai viveva in un mondo in cui la donna poteva dirsi emancipata. Solo dopo ne capisce l’importanza, ma ormai lo fa troppo tardi. O forse no? C’è scampo a Gilead? La maggior parte di noi affermerebbe che siamo ancora lontani da un mondo come quello descritto dalla Atwood. Ma le conquiste passate non devono mai essere considerate come qualcosa di eterno e indistruttibile, devono essere invece preservate e difese giorno per giorno: i cambiamenti spesso sono lenti, avvengono attraverso dei minuscoli passi ai quali molte volte assistiamo impassibili. La storia è un processo a cui tutti prendiamo parte, più o meno coscientemente, in cui il futuro è frutto delle scelte di oggi.