L'infedeltà funziona sempre al cinema, come in Coup de Chance di Woody Allen. Nella vita molto meno. - THE VISION
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Nell’estate del 2023 una notizia di cronaca piuttosto marginale ha fagocitato il dibattito pubblico per svariati giorni. Era la storia di una festa di fidanzamento finita in modo inaspettato, ossia con la lettura di una lettera scritta dal promesso sposo in cui annunciava all’ormai prossima all’essere ex compagna che aveva scoperto del suo tradimento. L’uomo aveva aspettato il momento più romantico della serata, con una platea di amici e parenti davanti, per dichiarare a quella cerchia di affetti – che presto sarebbe diventata l’Italia intera, grazie alla diffusione del video del suo discorso diventato virale – che il matrimonio non ci sarebbe più stato. A rendere tutto molto cinematografico c’erano svariati elementi della messa in scena: la donna accusata di tradimento in piedi accanto a lui, immobile durante tutto il discorso, la pacatezza pungente delle parole scelte con il preciso intento di creare un imbarazzo diffuso e irrefrenabile, l’estrazione sociale alto-borghese, i gossip della Torino bene, il senso di rivincita e di empatia da un lato, quello di pudore e disagio dall’altro. Un caso privato e di nessun rilievo giornalistico che è diventato una vicenda di cui parlare senza sosta con supposizioni di vario tipo, scavando nel passato di entrambi, facendoci pensare: “Sembra un film”. Una faccenda personale che diventa, appunto, cinematografica in modo involontario, o forse, più probabilmente, una faccenda personale che nella sua messa in scena ha preso spunto dal cinema.

 

Coup de chance è il cinquantesimo film di Woody Allen, un regista che con il tema del tradimento, e di tutto ciò che sta attorno alla menzogna e alla morale che si piega per l’interesse personale, ha scritto tra i suoi migliori lungometraggi. L’ambientazione è Parigi, ma stavolta, a differenza di Midnight in Paris, altro film in cui il protagonista tradisce la moglie con una donna che proviene dalla Belle Epoque, gli attori parlano tutti francese, un dettaglio non da poco. Quando Allen viene a girare in Europa, infatti, il rischio macchietta stereotipata in stile To Rome with Love è dietro l’angolo, ma stavolta è stato evitato non solo con la bravura degli interpreti, ma anche grazie alla fotografia di Vittorio Storaro e alla scenografia di Véronique Melery: l’atmosfera di Coup de chance è perfettamente parigina, le luci e l’alternarsi di colori caldi e freddi rendono il passaggio della protagonista da una situazione di evasione bohemien e un’altra di alta borghesia metropolitana, ingessata e ipocrita. Proprio come quella della vicenda torinese del matrimonio mancato, il contrasto tra bugie e formalità, apparenza e verità, che si genera in modo più acuto negli ambienti altolocati, alimenta ulteriormente quel senso di contraddizione e di esplosione che rende così attraente il tema delle corna. Più è forte il contegno imposto, più i segreti diventano bombe a orologeria che devastano i castelli di buone maniere e bella apparenza in cui i protagonisti dell’ultimo film di Allen si muovono con grazia, tra gioielli costosi e gallerie d’arte.

La protagonista di Coup de chance si ritrova così a dover scegliere tra un matrimonio frettoloso con un ricchissimo faccendiere che la controlla in modo maniacale e l’evasione adolescenziale con un vecchio amore ritrovato, un ex compagno di liceo scrittore che vive di arte e nomadismo. A fare da espediente in questo racconto c’è il motore della gelosia e del sospetto, due elementi che si aggiungono alla precarietà clandestina di una storia d’amore segreta fino a trasformare la trama da romantico a noir. Una dinamica simile a quella di Match Point, altro film di Woody Allen con cui il regista ha probabilmente toccato l’apice della sua bravura, intrecciando il tradimento con il tema dostoevskiano del delitto funzionale a un bene superiore, quello che riguarda il protagonista, senza però il castigo. Sia in Match Point che in Coup de chance, il tradimento è legato al cambiamento esistenziale che deriva dal venire allo scoperto, perdendo uno status economico e sociale raggiunto con il matrimonio, o modificando radicalmente la propria vita con una persona che appartiene a un mondo distante da quello in cui i protagonisti sono immersi.

La morbosità e il controllo, uniti anche al piacere perverso del fantasticare su un eventuale tradimento, fino poi a voler dimostrare di avere ragione o temendo al contrario che la realtà sia come la si è immaginata, sono punti centrali non solo del cinema di Woody Allen, chiaramente. La presenza di altre persone nella vita dei propri partner o di quelli altrui mette tutti di fronte non solo a un tema che suscita curiosità per un senso sottile di Schadenfreude che ci aggancia alle vite degli altri, ma stimola anche una riflessione che chiama in causa la misura della propria apertura mentale. E soprattutto, rende inevitabile il confronto con la percezione che la sfera sociale in cui siamo inseriti ha di noi, vincenti, perdenti, cornuti, traditori, motivo per cui in un racconto cinematografico il topos dell’infedeltà si può adattare a diverse chiavi di lettura, da quella comica a quella drammatica. Pensiamo, per esempio, a Il magnifico cornuto, film del 1964 di Antonio Pietrangeli con Claudia Cardinale e Ugo Tognazzi che interpretano una coppia dell’alta borghesia di Brescia: anche in questo caso, lo schema dell’intrigo amoroso con i risvolti fedifraghi funziona proprio grazie all’ambiente sociale in cui i protagonisti sono inseriti. Feste, eventi mondani, cene eleganti, la vita agiata di una moglie sempre esposta, una “moglie trofeo”, come si definisce spesso anche la protagonista di Coup de Chance, rende ossessiva la fantasia del marito rispetto a un suo ipotetico tradimento. La immagina mentre sfila tra le braccia di medici, professionisti, industriali, che la desiderano come premio per la sua bellezza celestiale; mentre Tognazzi si fa divorare dal sospetto, tra incubi a sfondo erotico e piacere perverso, in questa commedia brillante riadattata nell’ambientazione del boom economico italiano, non perde occasione per tradire a sua volta la moglie. 

Una dinamica simile a quella di Eyes Wide Shut, l’ultimo film di Stanley Kubrick, dove Nicole Kidman e Tom Cruise – coppia nella realtà oltre nella finzione – instaurano un rapporto di provocazione, menzogna e sospetto: anche in questo caso, il contesto è quello di una famiglia benestante che sperimenta il tradimento sia in modo fisico che, soprattutto, in modo onirico. In Closer di Mike Nichols, del 2004, l’adulterio invece si moltiplica, passando dalla fantasia alla vendetta, incrociando le vite di quattro personaggi interpretati da Natalie Portman, Jude Law, Clive Owen e Julia Roberts; mentre in Paris, Texas, di Wim Wenders,  il rapporto tra marito e moglie viene devastato dalla gelosia dell’uomo, che lo porta a diventare un alcolizzato vagabondo. L’avventura, di Michelangelo Antonioni, il primo capitolo della trilogia dell’incomunicabilità, sposta l’attenzione dalla sparizione di una donna, Anna, a un’altra situazione senza soluzione, la storia clandestina tra Claudia e Sandro, interpretati da Monica Vitti e Sandro Ferzetti. Ma con il tema del tradimento, Monica Vitti ha esperienza non solo in forma tragica ma anche soprattutto comica: Dramma della gelosia – Tutti i particolari in cronaca di Ettore Scola, che la vede contesa, prima di nascosto e poi alla luce del sole, da una coppia di amici fraterni che arrivano a ucciderla pur di non farla stare con nessuno dei due; Anatra all’arancia, di Luciano Salce, dove il gioco delle corna tra moglie e marito serve a farli riavvicinare, e nell’episodio di Noi donne siamo fatte così, di Dino Risi, dove – al contrario – lei e Carlo Giuffrè criticano la monogamia come pratica piccolo-borghese fino poi ad ammazzarsi letteralmente per la gelosia.

Coup de chance si inserisce dunque in questo filone cinematografico che conta molteplici esempi, alcuni più riusciti di altri, ma tutti accomunati dal grande tema della monogamia e dei suoi limiti, della fiducia, del perdono, del rapporto di reciprocità che coinvolge in modo trasversale tutte le coppie del mondo. La paura di essere sostituiti, unita al piacere sadico di immaginarselo, l’apertura mentale che consente la libertà o la competizione che rende impossibile accettare che esistano anche altri o altre nella vita dei partner, sono motori di racconto che funzionano sempre, sia che si tratti di Woody Allen che di una coppia di sconosciuti torinesi che diffonde un video di pochi minuti molto significativi per la loro vita privata. Coup de chance è un film divertente e stimolante che consente allo spettatore e alla spettatrice di provare tramite il racconto di finzione dei personaggi di Allen il brivido del tradimento, o l’angoscia che questo può portare. E come la maggior parte di questi film, funziona come occasione per esorcizzare una paura, quella di essere noi stessi carnefici o vittime di una situazione del genere. Usciti dalla sala poi, dopo quell’ora e mezza di catarsi, si può tornare a fare i conti con i propri peccati.

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