
Sono gli anni Cinquanta quando, negli Stati Uniti, il senatore repubblicano Joseph Raymond McCarthy rivolgendosi alla stampa dice: “Se volete mettervi contro di me non dovete far altro che essere comunisti o dei succhiacazzi”. Dopo la sconfitta dei nazisti e l’occupazione di vaste aree dell’Europa orientale da parte dell’Unione Sovietica, infatti, negli Stati Uniti si era diffusa una grande paura del comunismo, culminata in un esasperato clima di sospetto segnato da comportamenti persecutori nei confronti di varie persone, gruppi e comportamenti ritenuti sovversivi. Nel contesto politico della guerra fredda, la sessualità e le identità queer erano concepite non solo come una minaccia alla sicurezza nazionale, ma anche un capro espiatorio sovrapponibile e intercambiabile con il timore di un qualche “contagio” comunista. Mentre nei corridoi del Congresso si sentiva spesso chiedere la famigerata domanda: “È o è mai stato membro del Partito Comunista?”, con altrettanta frequenza, anche se meno noto, il personale della sicurezza domandava anche: “Ci è giunta voce che lei è omosessuale. Vuole commentare?”. È in questo tempo che si svolge Compagni di viaggio, la miniserie disponibile su Paramount+ con Matt Bomer e Jonathan Bailey. Tratta dal romanzo omonimo dello scrittore americano Thomas Mallon e adattata per lo schermo da Ron Nyswaner, Compagni di viaggio è un’epica storia d’amore che si sviluppa nell’arco di tre decenni, un racconto su cosa significhi condividere completamente la vita con qualcuno, pur restando al tempo stesso del tutto separati, ma anche un’indagine su come ferite comuni possano risvegliare la coscienza collettiva.
Hawk (Matt Bomer) è un uomo carismatico, affermato e profondamente pragmatico. Lavora come funzionario per il Dipartimento di Stato, ed è perfettamente consapevole dei compromessi che la sua carriera – e la società – gli impongono. La sua omosessualità è vissuta come un segreto ben custodito, seppellito sotto una maschera di sicurezza e distacco. È abituato a muoversi nell’ombra, a separare desiderio e sentimento, a controllare ogni interazione con precisione calcolata. Tim (Jonathan Bailey), al contrario, è giovane, idealista, cattolico praticante e pieno di entusiasmo. Fervente anticomunista, sogna di contribuire al bene del Paese ma è distrutto dal tentativo di reprimere la propria sessualità, alla quale in passato ha ceduto con profondo senso di colpa – essendo cresciuto con la convinzione che il sesso tra uomini fosse un peccato mortale. È più ingenuo, ma anche più sincero di Hawk. I due si incontrano per caso durante un evento politico: Hawk sorseggia un whisky, Tim fa fatica a ordinare un bicchiere di latte. Quella che inizia come una relazione fatta di incontri furtivi e sguardi rubati diventa, nel corso degli anni, un legame complesso, fatto di dipendenza emotiva, distanza forzata, bisogno disperato di appartenenza e paura.
Attorno a loro, piano piano, ogni impiegato governativo inizia a essere soggetto a un’indagine di sicurezza, che può avere conseguenze devastanti. Secondo lo storico americano David K. Johnson, i cui studi hanno rese celebre la definizione con cui oggi è indicata la campagna antiomosessuale del dopoguerra negli USA, cioè “lavander scare” (terrore lavanda, dal colore con cui era indicata l’omosessualità), a perdere il lavoro furono tra le 5mila e le 10mila persone. Gli interrogatori si svolgevano senza la presenza di un avvocato e molti li descrivevano come esperienze invasive, durante le quali venivano poste domande intime sulla propria vita sessuale. Alla caccia alle streghe del maccartismo si era inoltre aggiunto anche l’ordine esecutivo 10450 del presidente americano Dwight D. Eisenhower, che imponeva l’indagine, l’interrogatorio e la rimozione sistematica di persone queer dal governo federale e dal Dipartimento di Stato. L’FBI, poi, conduceva un’azione sistematica di mappatura dei luoghi frequentati dalla comunità, che spesso portava alla chiusura di bar e locali.
La miniserie, così, non si limita a esplorare solo le esperienze di Tim e Hawk, ma si apre agli eventi storici e al vissuto di altre soggettività. Compagni di viaggio, infatti, dà spazio anche a Marcus, un uomo nero omosessuale non dichiarato che lavora nel giornalismo degli anni Cinquanta, e al suo amante Frankie Hines, una drag queen affascinante e carismatica, pienamente consapevole della propria identità. Le loro storie offrono una prospettiva intersezionale di come omofobia e razzismo siano spesso intrecciati nelle diverse sfumature e forme di discriminazione che si è costretti ad affrontare, e svelano anche un mondo sotterraneo, multiculturale e fluido – dal punto di vista dell’espressione di genere –, tipico della seconda metà del Novecento ma raramente rappresentato sul grande o piccolo schermo. Ron Nyswaner, il creatore di Compagni di viaggio, amplia la portata della narrazione oltre i confini del romanzo, abbracciando l’intera storia della lotta della comunità LGBTQ+, rappresentando alcuni momenti significativi e trasformativi del movimento, che dal secondo dopoguerra ai primi anni Novanta ha avanzato con fatica e resistenza verso i primi progressi del nuovo millennio. La passione decennale dei due protagonisti si intreccia così con gli eventi storici che si susseguono: la guerra del Vietnam, l’assassinio di Harvey Milk e la crisi dell’AIDS, mentre l’atteggiamento del governo federale americano nei confronti della comunità passa da un’ostilità mirata a una invisibilizzazione delle sue esigenze – a partire, proprio, anche dall’approccio allo scoppio dell’epidemia di HIV.
La relazione tra Hawk e Tim cambia nel corso dei decenni, ma la loro intimità erotica e attrazione resta viva, mostrando un legame euforico e profondamente commovente nonostante le sue imperfezioni. A farne da perno è proprio il sesso, un sesso vitale, erotico, vigoroso, messo in scena in un modo sorprendente nella capacità di catturare e restituire le dinamiche di potere ed eccitamento che spesso si creano nei rapporti omosessuali maschili, pur essendo Compagni di viaggio un prodotto destinato al grande pubblico e non un film da scoprire in qualche festival di nicchia, dove queste rappresentazioni sono un po’ più comuni. La carnalità, qui, non è utilizzata come riempitivo, ma di volta in volta come strumento per far progredire la storia, portandola a un livello più avanzato, e come strumento di messa a nudo dei momenti privati di Hawk e Tim, perché non potendo essere se stessi in pubblico è nell’intimità che si conoscono e si lasciano conoscere per chi sono realmente, senza più la paura di smascherarsi ed essere smascherati.
Per Hawk, il sesso è spesso fine a se stesso; per Tim, invece, una relazione non può iniziare e finire lì. Sono persone molto diverse, d’altronde, e questo emerge ancora di più nel momento in cui, attraverso una collega lesbica, Tim intravede nella conoscenza di altre persone queer uno scorcio di ciò che la sua vita potrebbe essere. È il potere della comunità, della cura, la cui assenza, per Hawk, determina al contrario una vita priva di gioia vera. Hawk continua a nascondersi e, così facendo, segue un cammino che rischia di allontanarlo da se stesso. Tim è più affettuoso e desidera che la loro relazione appaia reale, anche se l’altro è più reticente perché più attento allo sguardo pubblico. Sebbene non lo mostri apertamente, con il progredire della storia diventa evidente che anche Hawk è segnato dalla segretezza forzata che grava sulla loro relazione. Cerca di rassicurare Tim in tanti piccoli modi, arrivando a regalargli dei gemelli con le sue iniziali, dimostrando così che anche lui tiene a quel legame. Per Hawk, quei gemelli sono un modo per dire al mondo che Tim gli appartiene. Anche se non possono vivere nella società come una coppia eterosessuale, accettando quel dono Tim riconosce di appartenere a Hawk, lasciando che il loro legame diventi ancora più profondo.
C’è una chiara consapevolezza che emerge da Compagni di viaggio e che, pur essendo passati oltre settant’anni dalla storia che racconta, ancora si lega al nostro presente. È il silenzio che troppo spesso avvolge vite spezzate, storie d’amore vissute nell’ombra, legami mai realizzati, le impervie strade che molte persone LGBTQ+ sono state costrette a percorrere semplicemente per esistere dignitosamente in un mondo che nega loro ogni legittimità. Recuperarne la storia è spesso un’impresa parziale fatta di scelte e scarti, perché il suo sviluppo è inestricabilmente legato alla storia sociale e politica globale – per quanto si faccia finta che non sia così –, da cui però sono state sistematicamente rimosse. È la sensazione che la propria vita e le vite delle persone come te non siano degne di essere raccontate, pensate, discusse, celebrate. Si tratta, insomma, di ricordare invece i modi e i tempi, le vittorie e le sconfitte di quando si è riusciti a farsi comunità, di cosa si è raggiunto scoprendosi capaci di organizzarsi politicamente e di far avanzare le proprie idee e istanze anche in un contesto ostile. Come quello di allora, come quello di oggi. Tornare alle ferite collettive non aiuta solo a raccogliere l’eredità del movimento, a dare voce alle storie sommerse, ma a rendere viva una consapevolezza utile a creare insieme un atlante del mondo, delle relazioni con se stessi e con gli altri, dove segnare nuove e trasformative destinazioni future.
Questo articolo è stato realizzato da THE VISION in collaborazione con Paramount+, il servizio globale di streaming di Paramount che offre un’ampia selezione di serie originali e film grazie ai suoi brand iconici. Guarda ora “Compagni di viaggio” – la miniserie di Ron Nyswaner con Matt Bomer e Jonathan Bailey – e gli altri contenuti esclusivi.
