Smettiamola di trasformare le città come Matera in cartoline per turisti
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Tra quattro mesi, il 19 gennaio, Matera sarà incornata capitale europea della cultura. È un titolo che dà, oltre che molti finanziamenti, una nuova visibilità. Un nuovo traguardo sulla Lucania, già portata all’attenzione del mondo quando, nel ’93, i Sassi – questi paleolitici edifici rupestri ancora, in parte, abitati – entrarono nella folta scuderia dei siti Unesco italiani. Com’è tipico nella penisola, ci sono già state tutte le dovute polemiche. Dopo il brindisi di assegnazione, l’assicurazione che i soldi spesi (400 milioni) non avrebbero inciso sul debito, la retorica sul riscatto del Mezzogiorno e le radici, Gentiloni aveva concluso con: “Abbiamo la responsabilità di arrivare pronti all’appuntamento.” E adesso, due anni dopo, come uno studente a pochi giorni dall’esame, si entra nella fase dell’ansia: “Ci sono ritardi consistenti,” ha detto la nuova ministra per il Sud, incolpando – neanche a dirlo – il precedente governo.

Barbara Lezzi, ministro per il Sud del governo Conte

Ma questa è ordinaria (e cattiva) amministrazione, e non c’entra il Sud. A Roma ci sono ancora le piscine non finite per i mondiali di nuoto del 2009 e anche a Milano ci si era premuniti di creare percorsi guidati per evitare che gli ospiti vedessero i cantieri delle parti di Expo non finite, tangenti a parte.

Ma, oltre alle misere questioni di soldi, quali sono i costi di questo grande faro che sarà puntato su Matera per il 2019? La cartolina ufficiale di presentazione della città al mondo è un video-spot, diretto da Piva, dove due turisti stereotipati – lui con gilet tecnico, scarponi in Gore-Tex, camicia hawaiiana, cappellino e macchinone fotografico – seguono un percorso per arrivare al cuore della città e incontrano tutti i tarocchi del folklore italico: un Cristo gigante, due vecchi in piazza, muti, con coppola e giornale, i bambini che giocano in strada, l’anziano burbero agricoltore, gli studenti d’arte con gli acquerelli, l’uomo alla finestra, la mater familias che spazza davanti all’uscio di casa e non si fa gli affari suoi, per poi arrivare a una band folk, con arpicedda lucana che fa un po’ Irlanda. E l’hashtag #Becomeculture.

Il tutto nella cornice del paesaggio, quei Sassi così unici da sembrare Gerusalemme, dove camminarono ben due cristi, quello di Pasolini e quello di Mel Gibson. Panorama & Tradizioni. Questo sembra il messaggio che dovrebbe arrivare. E il costo per farlo passare è quello della pulizia. Come la madre che aspetta ospiti e obbliga il figlio a rimettere in ordine la sua stanza. In questo caso il figlio sono i 60mila abitanti della città, la madre il governo, l’Europa, gli sponsor, gli ospiti il turismo di massa. I materani (o materesi, come scrisse una volta il Fatto Quotidiano) da qualche anno si trovano per le strade una grande impresa di pulizie: riverniciare, tappezzare, illuminare, sgrassare e detergere. Avete mai visto una cartaccia per terra a Disneyland? Ci sono netturbini in ogni angolo che con doverosa frenesia fanno in modo di mantenere intatto il sogno dell’ospite pagante.

Pier Paolo Pasolini a Matera durante le riprese de “Il Vangelo secondo Matteo”, 1964

Ma finché si tratta di cartacce, tanto meglio. Il problema inizia quando a esser ripulite sono le attività locali, allontanate per via dell’improvviso aumento dei prezzi degli affitti. È un tipico meccanismo del turismo. I grandi marchi – che siano di vestiti o di gelato – annusano i soldi e con i loro grossi capitali cacciano i piccoli proprietari. Così Grom, comprata da Unilever e costretta a togliere l’etichetta di “artigianale”, ha aperto a Firenze a due passi dal campanile di Giotto, a Siena dietro Piazza del Campo, a Roma a Piazza Navona e a Milano davanti alla Scala. Chi non viene comprato è costretto ad adattarsi ai gusti e ai prezzi e alle normative europee. Le prime vittime della Basilicata sono state le librerie. “Fino a tre anni fa questa era una città di materani che accoglieva qualche turista; adesso è una città di turisti che, con fastidio, fa spazio a qualche materano,” diceva un libraio Mondadori intervistato, costretto a chiudere per il rincaro degli affitti, che ha riaperto questa primavera in un’altra location con l’insegna “bookstore”. In quella vecchia ha aperto un negozio Yamamay.

Mel Gibson a Matera nel corso delle riprese de “La passione di Cristo”, 2004

Questo processo di “disneyzzazione”, che ha già devastato Rialto e il centro di Roma, diventa ancora più prepotente e distruttivo quando applicato ai piccoli centri. La ricostruzione e la gestione sembrano ispirate a un utopistico villaggio vetrina, dove la parola decoro diventa giustificazione per il conformismo e il sopruso. A Matera è stata attivata la task force per evitare che non ci siano “tavolini selvaggi” e “insegne indecorose”, e “per verificare il rispetto del Regolamento sulla disciplina dell’arredo urbano.” A Firenze, Dario Nardella, ex vice di Renzi, ha vietato in via de’ Neri di mangiare panini, anche se in piedi, perché alcuni negozianti si erano lamentati della folla in pausa pranzo. Con multe fino a 500 euro. E guai a farlo sulle scale di una chiesa, perché vengono bagnate con l’idrante ogni pochi minuti per tenerle libere dai “bivacchi”.

Dario Nardella, sindaco di Firenze

“A proposito di un luogo, si dice subito se è intatto o sfigurato dal turismo. Si parla del turismo come di una malattia della pelle,” scrive Roberto Calasso, nel suo ultimo libro, L’innominabile attuale. Il turista ideale in realtà, “vorrebbe visitare luoghi non sfigurati dal turismo.” Ma il turista non-ideale, quello di massa, delle cinque città in tre giorni, di marsupio e il selfie-stick, si accontenta della parvenza di autenticità, della tovaglia a quadri, il fiasco con la candela, e il menu deve essere tradotto, con le foto. Da un lato l’ospitante, il padrone, si piega al mercato, corrompendo la trama culturale, dall’altro la falange di turisti marcia verso cattedrali e fontane spargendo soldi e sale, e il visitatore conscio non riesce ad attraversare le calli intorno a San Marco senza maledire la globalizzazione, circondato da un copia-incolla di soprammobili Murano Made in China, bloccato da una famiglia russa/cinese/americana col cappellino coordinato WorldOrderTour in posa per un selfie vicino a un gondoliere. Il pericolo è questo: trasformare i centri storici e le piccole cittadine – come Matera, appunto – in parchi giochi standardizzati, controllati, pulitissimi, in cartoline sensoriali, comode, accessibili, sostituendo la bellezza con l’appariscenza e la comodità.

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