La scomparsa di Stephen Hawking è una di quelle notizie che fanno il giro del mondo. Una di quelle che richiede un commento da parte di Presidenti, premi Nobel e delle content farm produttrici di liste su gattini e storie commoventi. Hawking è stato una rarità: uno scienziato capace di valicare i laboratori universitari per entrare nelle case di tutti. Ci è riuscito grazie alla sua straordinaria intuizione, ma anche a come il mondo non-scientifico ha vissuto e raccontato la sua malattia. Hawking è stato trasformato in un personaggio da usare per spronarci a fare qualcosa di più nella nostra vita. Da ricercatore pluripremiato è stato trasfigurato in una specie di bambino del Terzo Mondo in fin di vita utilizzato dalle madri per costringere i propri figli a mangiare gli asparagi.
Gli attivisti per i diritti dei disabili lo chiamano inspiration porn: il santino del malato che raggiunge la fama nonostante la malattia. Se ce l’ha fatta lui allora tu non hai scuse: perché non hai raggiunto il 110 e lode? Magari i tuoi genitori non erano andati a Oxford ed entrare in un’università d’élite era un po’ più difficile. Magari i tuoi compagni di classe non lavoravano con te perché “Con le donne poi ci sono casini sentimentali”. Magari eri nero, l’autista del bus ignorava la tua fermata e arrivavi sempre in ritardo. Magari nel tuo Paese la sanità non era gratuita e dovevi scegliere tra morire di sclerosi e morire di fame, figuriamoci se avevi tempo per studiare.
Il personaggio di Stephen Hawking si legge tutto di fila come un romanzo, ed è un racconto confortante e breve. Come nel suo celebre Dal Big Bang ai buchi neri l’unica formula è l’arcinota E=mc2, la narrativa del personaggio Stephen Hawking può essere riassunta in quattro parole: “il genio in carrozzina”. O meglio, cinque parole: “il genio in carrozzina, poverino“. Ma il “poverino” ha un riscatto: la vittoria della mente sul corpo, la sofferenza che nobilita, lo scienziato dalla vita originale (versione “sfigurato”, non “matto”). Frase-chiave: “Guarda le stelle e non i piedi”. Clicca sulla galleria di foto, segui il peggioramento delle condizioni fisiche, sii grato per la tua buona salute.
Il romanzo “Stephen Hawking” ha anche una sottotrama perfetta per solleticare i peggiori istinti. Racconti di una vita privata meno che limpida, con una prima moglie che viene ridotta alla cura dei figli e del marito senza alcun supporto e un secondo matrimonio “appassionato e tempestoso” (parole sue) con la sua infermiera. Il pettegolezzo, meglio se a sfondo sessuale e sentimentale, è un ottimo modo per tirare giù il mito dal piedistallo. E anche questo è un racconto confortante: anche il genio aveva problemi con le donne, le donne sono esseri inconoscibili, in fondo ho qualche giustificazione se tratto male la mia fidanzata.
E poi c’è lo sfondo onnipresente: La Scienza. Non la scienza, non la fisica: La Scienza. Stephen Hawking è Lo Scienziato per eccellenza. Ha un QI di 165 come Einstein e per questo è un genio, anche se il QI è considerato una pseudoscienza. Così famoso che anche se non conosci i dettagli del suo lavoro, sai che aveva a che fare con i buchi neri e l’origine dell’universo: cose evocative, profonde e filosofiche – non a un caso uno dei modi preferiti per ricordarlo in questo ore sono le frasi di Stephen Hawking che hanno “ispirato il mondo”. Come sempre la scienza si deve giustificare dicendo che è quasi filosofia.
Ora, sia chiaro: Stephen Hawking era un grandissimo scienziato e i suoi risultati hanno cambiato il panorama della scienza. Ma nel racconto di “Stephen Hawking” c’è qualcosa che manca: la ricerca, gli anni di studio e impegno. Il personaggio di Stephen Hawking, come tutti i personaggi di scienziato geniale, aveva risultati, ma da come è sempre stato raccontato sembra quasi gli arrivassero per ispirazione divina. Come se il suo genio derivasse dalla disabilità, dal martirio del corpo; le visioni a quel punto erano la necessaria ricompensa. “La gente è affascinata dal contrasto tra le mie capacità fisiche molto limitate,” diceva lo stesso Hawking, “e la natura estremamente ampia dell’universo che studio. Sono sicuro che la mia disabilità ha qualcosa a che fare con la mia celebrità”.
Questa narrativa non è solo consolatoria: è pericolosa. Lo scienziato-supereroe, paradossalmente, non incoraggia lo studio della scienza: se lo scienziato è un essere superiore, la scienza è preclusa agli esseri umani comuni. Questo modo di ragionare porta poi alla crisi delle facoltà scientifiche e del dilagare degli No-Vax. Perché il sottotesto è: la scienza non è per tutti, non ci provare nemmeno a capirla.
Nella mia esperienza di ricercatrice matematica, la risposta più comune all’affermazione “studio matematica” è sempre stata “devi essere un genio!” No, come diceva una mia compagna di corso, basta “pagare le tasse universitarie”.
Ma nella costruzione del mito di Stephen Hawking c’è qualcosa che si oppone a tutti i santini di martire, depravato e superuomo: Hawking riusciva a raccontare il divertimento spudorato della scoperta. Era un maestro della divulgazione scientifica, che un inglese si chiama “popular science” e suona come un film, come qualcosa alla portata di tutti. L’analogo italiano sono gli Angela, che diventano meme goliardici proprio perché sono visti come modelli di rettitudine morale; come simboli di una scienza affidabile e accessibile a tutti, e affidabile perché accessibile a tutti. Certo: quando lo scienziato in carrozzina canta i Monty Python, lo stolto osserverà sempre la carrozzina; ma qualcuno resterà anche a occhi spalancati davanti all’energia geotermica.
Se volete davvero capire la scienza e farvi “ispirare”, invece di condividere citazioni, immergervi negli aspetti meno conosciuti della sua vita o leggere un coccodrillo, ripercorrete la storia delle ricerche e delle scoperte di Stephen Hawking. Date un’occhiata alla sua tesi di laurea, approfondite le sue teorie e fatevi aiutare dai link su Wikipedia. Troverete equazioni un po’ lunghe: rileggetele tre volte, se vi serve. Non dovete capire tutto subito, potete anche rimandare a domani. A volte vi sentirete stupidi, altre, quando capirete i suoi passaggi e i suoi ragionamenti, ne sarete entusiasti. Se dovesse piacervi, potreste passare a studiare la tesi vera e propria, oppure qualcuno dei libri in bibliografia. E così via. Magari iscrivervi a una facoltà di Fisica.
Si chiama “studiare scienza”. È molto meglio di un santino.