Ogni volta che mi capita di preparare una visita d’istruzione all’estero, so già che ci sarà almeno un mio studente – sì, svolgo questa funzione sociale anacronistica dell’insegnante – che dovrò lasciare a casa perché non ha i documenti per l’espatrio. Immaginate la situazione: due ragazzi uguali, nati nella stessa città (la mia), che vanno nella stessa scuola, pisciano nello stesso gabinetto (meglio se non contemporaneamente), ma che non hanno lo stesso diritto di andare in Costa Azzurra, perché? Perché uno ha i genitori, per dire, moldavi e l’altro rumeni. Quindi il secondo ha i documenti per andare in gita e il primo no. Al primo cosa dovrei dire? Mi dispiace, ho visto che ti impegni e mi stai pure simpatico, ma i tuoi genitori sono nati troppo a est – o non abbastanza a est – e a quanto pare la cosa è molto importante; infatti chi viene da lì, da dove sono nati i tuoi genitori, è una minaccia per la nostra identità, nel senso che può anche lavorare e pagare le nostre tasse, ma suo figlio in gita in Francia, no. È una pura assurdità, che almeno un partito (il PD) aveva promesso di eliminare, con una legge (il cosiddetto Ius Soli) che questa settimana con ogni probabilità si impantanerà in Senato e molto difficilmente nella prossima legislatura qualcuno avrà le palle di riproporre.
Forse perché negli ultimi mesi alcune testate si sono messe a pompare al massimo un certo sentimento xenofobo, inventandosi una specie di invasione africana che – dati alla mano – non esiste.
Può darsi. Magari un’altra volta ne riparleremo. Concentriamoci su un dettaglio, magari illuminante, senz’altro sufficiente a farmi incazzare. Mercoledì mattina, mentre cerco sul Corriere notizie sul destino dello Ius Soli in Senato, e ne trovo di deprimenti, inciampo sull’autorevole rubrica delle lettere a Severgnini, interamente dedicata a una sola email di un tipo di Milano infuriato con il PD perché con tante riforme che avrebbe potuto fare – pensionistiche, costituzionali, elettorali, eccetera – si sta intestardendo sullo Ius Soli. “Sembra che l’unica riforma importante sia lo Ius Soli. Stiamo subendo da anni flussi immigratori incontrollati e abusivi, e invece che mettere ordine e fare un sano repulisti il PD pensa solo allo Ius Soli”.
Sì, sì, certo.
Io non ce l’ho con questo tizio, davvero. Ammiro persino il coraggio con cui si è inventato l’aggettivo “immigratori” (all’Accademia della Crusca stanno brindando). Tutti, nella vita, abbiamo una vagonata di cazzi nostri a cui dare e fare attenzione, tanti impegni e il sacrosanto diritto di non sapere nulla di quel che ci succede intorno… ma quel che è successo negli ultimi anni è esattamente il contrario. Prima di dedicarsi allo Ius Soli il PD le ha provate tutte: riforme costituzionali (bocciate da un referendum), riforme elettorali (bocciate dalla consulta), abolizione del CNEL (vedi referendum), 80 euro ai dipendenti, 50 euro ai giovani, 500 euro agli insegnanti, il canone Rai in bolletta, qualsiasi cosa. Il PD ha veramente pensato a qualsiasi cosa prima di pensare agli apolidi di questo paese. Non dico che sia giusto o sbagliato: alcune leggi, a mio avviso, valevano la pena, altre no, ma di fatto per il PD erano tutte più prioritarie dello Ius Soli. Persino quelli storicamente abituati a venire per ultimi, ovvero gli omosessuali: persino loro hanno ottenuto una legge, seppur annacquata, come il ddl Cirinnà, e l’hanno avuta un anno prima che lo Ius Soli finalmente si arenasse in Senato.
A proposito: ricordate che ci fu un momento, un po’ più di un anno fa, in cui prese piede una forma di isteria di massa tale per cui un sacco di gente sembrava terrorizzata dall’idea che i gay potessero sposarsi e addirittura condividere la patria potestà di un figlio? Fiaccolate in stile Charlottesville contro le scuole dove misteriose maestre, istigate da George Soros, avrebbero modificato l’identità sessuale dei loro bambini?
È capitato addirittura che un bambino andasse a scuola con il rossetto: la fine! Un’immensa bolla di stronzate che si ingigantiva intorno a noi e infatti, a un certo punto, puff, è sparita. I giornali che lasciavano circolare queste puttanate, fateci caso, sono gli stessi che adesso ci raccontano di un’invasione di stupratori e veicoli di epidemie.
Eppure, nonostante le sentinelle in piedi e i vescovi in paranoia, un anno fa una legge così difficile è passata. Un anno dopo (e spero di sbagliarmi) per lo Ius Soli invece sembra troppo tardi. La deadline simbolica magari era il 15 settembre scorso, il giorno in cui 600 parlamentari hanno maturato il cosiddetto vitalizio. È il momento in cui alla maggioranza parlamentare si inceppa l’Arma di Fine di Mondo e di Fine Legislatura: la fiducia. Un anno fa i centristi della maggioranza non potevano permettersi di andare a casa: un anno dopo, qualche spicciolo si è rimediato e tutti comunque stanno già organizzandosi per la campagna elettorale. Perfino i grillini hanno già il candidato pronto. È andata così. La politica è anche fatta di scelte, di priorità, e i tre governi che si sono succeduti dal 2013 non hanno mai dato la sensazione di considerare lo Ius Soli la loro priorità.
E allora perché sul Corriere c’è un tizio che scrive l’esatto opposto?
Ok, è solo un tizio che ha scritto un’email. E infatti non ce l’ho con lui. Ma il Corriere, che tra milioni di email ha scelto proprio quella – con tanto di risposta di Severgini, che, sia fatta la grazia, ne approfitta per avvertire che lo Ius Soli “è da fare prima o poi” – cosa ci vuole dire?
Quel che vedo sulla rubrica di Severgnini è il tipico siparietto sbirro-buono/sbirro-cattivo. C’è un tipo qualunque, platealmente male informato, che insiste sul fatto che gli stranieri non li vuole, e quindi il PD dovrebbe smetterla di pensare solo a loro – il PD negli ultimi mesi ha bloccato i flussi dalla Libia attraverso la creazione di campi di detenzione in loco, roba di cui tra una generazione ci vergogneremo come adesso ci vergogniamo delle nostre guerre coloniali o peggio dei campi di concentramento, quindi, in effetti, non ci vergogneremo poi un granché. E poi c’è il buon saggio e rassicurante Severgnini, che invece lo Ius Soli lo vuole, ma con giudizio, con calma, quando è proprio la calma che ha ucciso lo Ius Soli. E mentre lo soffocava, gli editorialisti del Corriere stavano a guardare, scuotendo la testa, come a dire “Noi non possiamo farci niente”, come, per restare sull’attualità, assistere a uno stupro senza intervenire. Sapete, noi leggiamo le email. O come scriveva Cazzullo lo scorso 15 luglio: “È vero però che un provvedimento del genere, in questo momento storico, sarebbe a torto o a ragione considerato un segnale di apertura, di accoglienza; in un momento in cui i sentimenti dell’opinione pubblica, come verifico ogni giorno leggendo la posta dei lettori, sono di segno opposto”.
Mi dispiace aver citato ben tre righe di Cazzullo, giuro che non succederà più, però secondo me contengono l’immenso equivoco del giornalismo italiano, un giornalismo alla rovescia che invece di spiegare le cose se le fa spiegare, dai lettori. Cioè, se per Severgnini e Cazzullo lo Ius Soli è una cosa giusta, perché non provano a spiegare perché lo è, con dati e argomenti? Invece fanno il contrario: leggono le email e si fanno interpreti di una specie di sentimento popolare. Se solo riflettessero sulle atrocità perpetrate in nome del sentimento popolare. Ci sono addirittura “comunicatori” che si lamentano perché lo Ius Soli è stato comunicato male. Ad esempio, Aldo Grasso il 23 luglio ha avuto la pazienza di spiegarci che la legge stava perdendo l’appoggio degli italiani perché era stata fraintesa fin dal principio. “La cittadinanza automatica a chi nasce qui non era prevista. Ma nessuno lo ha detto”. Beh, avrebbe potuto dirlo, per esempio, Aldo Grasso, visto che ha un posto di rilievo sull’home page del Corriere. Ma forse non era neanche la sua priorità. Grasso accusa l’ex-ministra Cécile Kyenge, quella che Calderoli definì “un orango”, di essere stata la prima ad aver seminato sconcerto, “parlando del passaggio dallo ‘ius sanguinis’ allo ‘ius soli’ senza spiegare come”. La Kyenge lo ha sempre chiamato “Ius Soli temperato”. A dire il vero, ha passato gli ultimi cinque anni a ripetere che la sua legge prevedeva uno Ius Soli temperato. Tempo forse buttato via, visto che molti giornalisti semplicemente non sono stati ad ascoltare.
Forse smetterò di andare in gita all’estero, ormai la Costa Azzurra non la reggo più, poi tutte quelle ostriche. Meglio farmene una ragione. Forse lo Ius Soli era davvero un obiettivo troppo ambizioso per una maggioranza di sinistra-centro che al Senato traballa se sbattono una porta e questa volta non ha nemmeno il veto di Alfano. Sicuramente fu un visionario Enrico Letta a pensare che il ceto cosiddetto riflessivo, quello che legge i giornali, avrebbe tollerato la visione di una ministra della Repubblica di origine africana. Forse questa enorme bolla di xenofobia che abbiamo intorno crescerà per sempre e non scoppierà mai. Siamo un popolo un po’ razzista, anche se qualche volta colpevolmente ce lo dimentichiamo. Fortuna che ci sono i giornali a ricordarcelo. Certi giorni sembra proprio che sia la loro missione. Loro lo sanno, loro leggono le email.