Alessia D’Alessandro sembrava possedere tutti quei requisiti necessari al successo nella politica contemporanea e così spesso assenti in quella italiana. È anche giovane e soprattutto bella, elemento a cui i media nazionali amano sempre dare grande rilevanza.
Sembrava dunque avere tutte le carte in regola per scalare le vette delle magiche montagne politiche del nostro Paese e raggiungere l’Eden parlamentare. E sembrava essere intenzionata a farlo all’interno del Movimento Cinque Stelle, che per la sua natura variegata – sfoderando un eufemismo – di questi requisiti ha spesso scarseggiato.
Alessia è stata così immediatamente assunta a nuova icona, la persona giusta al momento giusto per sottolineare l’elevata caratura sociale e politica del M5S. La candidata nata nella piccola città, Agropoli, ma con gli occhi spalancati sull’Europa, cresciuta con valori forti e preparata. La ragazza che a 14 anni sfogliava “Il Manifesto di Marx” e i cui grandi occhi chiari sono valsi il titolo di “la più bella delle liste“, con buona pace di Boschi e Carfagna.
La candidata perfetta per screditare tutti i malfidati che giudicano i pentastellati privi di adeguate competenze, sprovveduti e demagoghi, un pericolo perfino maggiore dei comunisti (per citare un noto esponente politico in campo che per questi e per i magistrati non ha mai nutrito particolari simpatie). Un poker d’assi da calare sul tavolo da gioco, a cui ben poco potevano rispondere gli avversari con una Meloni o una Lorenzin. Distratte dalla cura dei propri manifesti elettorali photoshoppati l’una e dall’imparare a fare i tortellini in tempo record l’altra.
Alessia è così entrata subito nel Paradiso a cinque stelle per acclamazione diretta, per poi essere ufficialmente incoronata dal leader del mondo libero Luigi Di Maio in diretta su La7: “Abbiamo fatto un appello pubblico alle migliori energie del Paese. Hanno risposto persone come la dottoressa Alessia D’Alessandro, che lavora con la Cdu in Germania, è un’economista”. Una “consulente economica della Cdu”, il partito guidato da Angela Merkel: così viene definita da Il Corriere della Sera. Il vanto del partito. Il fiore all’occhiello della Cosa pubblica.
Candidata alla Camera nella sua Agropoli contro la sfidante del centrodestra Marzia Ferraioli e l’ex sindaco Pd Franco Alfieri (che i più fortunati ricorderanno perché protagonista di un siparietto con il governatore campano De Luca, dove quest’ultimo suggeriva di distribuire fritture di pesce ai cittadini in cambio del voto referendario in direzione Pd), la sua strada verso la vittoria sembrava spianata, il movimento già gongolava, il web condivideva.
Invece no.
Il suo straripante curriculum, sbandierato dalle precise fonti M5S, si rivela un tripudio di fake news e verità travisate. Stando infatti alle notizie diffuse inizialmente , D’Alessandro cinque anni fa si sarebbe trasferita in Germania, dove avrebbe completato gli studi, e sarebbe poi rimasta a Berlino per lavorare al Wirtschaftsrat, il consiglio economico dell’Unione Cristiano Democratica tedesca (Cdu), il partito di Angela Merkel. Fino a qualche giorno fa, almeno, quando l’attivismo e il nazionalismo politico l’avrebbero richiamata in patria e spinta a inviare la propria candidatura (spontanea) in risposta all’accorato appello di Di Maio.
Ma le cose non sembrano essere andate proprio così.
Innanzitutto, la Germania intera si discosta da questa versione di vita lavorativa.
La Wirtschaftsrat prende nettamente le distanze dalla vicenda: “Abbiamo l’impressione che la sua posizione alla Wirtschaftsrat sia stata esagerata dal suo partito nei media italiani”, ha detto senza troppi peli sulla lingua l’organizzazione, un think tank economico legato alla Cdu che non ne è parte integrante. E rincara la dose: “D’Alessandro lavora come assistente alla Wirtschaftsrat dal primo aprile 2017, la settimana scorsa ci ha informati della sua candidatura. Non è mai stata attiva in campi politicamente rilevanti e non ha contatti politici. Non vogliamo aggiungere commenti a questo gioco politico”.
Li aggiungeremo noi, ad esempio sottolineando la facilità incredibile con cui queste notizie false, o quantomeno deformate, sono state prese, pubblicate e sbandierate. Bastava un controllo rapido su Linkedin per smascherare metà della fuffa.
Oltre a queste, sono trapelate molte altre mezze verità: come il fatto che le sue plurilauree siano semplicemente una triennale e una magistrale (come succede a buona parte della popolazione universitaria italiana), la prima, per di più, conseguita presso un’università privata di Brema, a cui nulla si vuole togliere se non il paragone con una facoltà storica e prestigiosa. Come Sciences Po, che non ha davvero frequentato come allieva iscritta, come è stato millantato, ma dove ha soltanto fatto l’Erasmus.
Non è neppure un’economista – termine con il quale si intendono specialisti del settore che fanno ricerca e analisi scientifica – ma ha semplicemente studiato”Management ed economia globale”. Sono piccole, sottili differenze, forse, ma cambiano decisamente il valore intrinseco della storia. Nessuno vuole sminuire il valore della sua preparazione, ma il quadro che è stato dipinto dal M5S appare chiaramente ingigantito affinché la sua biografia ottenga maggior visibilità.
La brillante intervista rilasciata da Alessia al Corriere della Sera ci informa poi di come la candidata intenda battere l’ex sindaco di Alfieri “con la testa e con il cuore”, di come non abbia votato alle ultime elezioni perché fuori sede, di come non abbia mai incontrato Di Maio, o alcun altro vertice pentastellato. La giovane si distacca fermamente dal ruolo di stagista che le era stato affibbiato definendosi “intermediaria tra le imprese tedesche e il mondo politico”. Tutte affermazioni che evidenziano una grande dose di autostima e di considerazione di sé e al tempo stesso una certa mancanza di preparazione politica per una campagna elettorale e un eventuale ruolo governativo, nonché un recentecoinvolgimento politico che stride con l’immagine di infervorata comunista adolescente che ci è stata venduta in principio.
La vicenda colpisce per diversi motivi.
In primis, il fatto che la verità sia stata in qualche modo alterata per renderla più attraente. Il fatto poi che D’Alessandro si sia prestata al gioco: nell’intervista non si fa alcun tentativo per correggere le informazioni errate o aggiustare il tiro delle domande, ma si procede sulla linea della vaghezza.
Il fatto poi che ancora una volta D’Alessandro sia stata definita “bella” prima che “intelligente”. Come al solito, la candidatura di una donna ha trasformato una sfida politica e ideologica nella sagra del bestiame di Portogruaro. Senza generalizzare troppo, è comunque triste il fatto che la sua fotografia più divulgata la ritragga in posa seducente, con la schiena scoperta e un vestito nero attillato. Non per essere ridondante, ma sempre su LinkedIn c’è un suo ritratto professionale in giacca e camicia, con i capelli legati e il volto pulito. Forse si sarebbe potuto prendere quello, se l’obiettivo della discussione doveva rimanere su un livello politico e concettuale.
Ma la questione forse ancora più sorprendente è il fatto che una persona candidata faccia tutto questo scalpore in quanto qualificata. Che ci sia, oggi, nel 2018, il bisogno di sventolare trionfanti una laurea e che ci si stupisca ancora che chi potrebbe rappresentarci a livello nazionale e internazionale abbia un livello quantomeno medio-alto di cultura e sia un candidato qualificato.
Alessia D’Alessandro è solo un casus belli, il capro espiatorio salito sull’altare del martirio avendolo scambiato per il piedistallo della gloria. Se ci si mette a frugare tra i curriculum di tanti altri, si troveranno altrettante gonfiature. Piccoli ritocchi spesso invisibili a un occhio ingenuo, ma che fanno la differenza quando si sta seduti sopra una poltrona o si sfidano candidati preparati e alle prime armi. La lotta alla sopravvivenza politica è sempre più spietata, fondata su guerre senza esclusione di colpi.
La guida del Paese è nelle mani di una classe dirigente i cui membri sono sempre più alla disperata ricerca dei fantomatici 15 minuti di celebrità, del colpo di scena che permetta di conquistare l’attenzione universale e acchiappare votanti disperati. A fare cioè l’esatto contrario di quello che una buona amministrazione dovrebbe prevedere. Sgraniamo il rosario, il 4 marzo si avvicina.