Alessandro Di Battista è un politico fuori dal comune, ammesso che accetti di essere definito così. Non tanto per quello che dice ma piuttosto per come lo dice. Dizione da bottega teatrale, enfasi da teen-drama, viso da ragazzo della porta accanto, Alessandro è praticamente perfetto, mediaticamente parlando. Se dovessimo attenerci agli schemi ciceroniani, potremmo dire che questo giovane e rilevante pentastellato, a differenza di altri suoi colleghi, riesce a districarsi magistralmente tra le tre finalità dell’orazione: probare, delectare, flectere. Ma a parte questo, a rendere veramente speciale Alessandro Di Battista rispetto ad altri è semplicemente lo charme, una qualità che in questo ambito lavorativo è spesso assente. Non è un caso, infatti, che lui e Maria Elena Boschi, altro esempio di fascino parlamentare, siano diventati protagonisti sul web di una splendida saga romantica. Sarà per i suoi studi al DAMS, sarà che forse un posto nella scuola di Amici di Maria De Filippi in fondo lo meritava, sarà che alla fine fare il politico è un po’ come fare l’attore sul palcoscenico della vita, ma una cosa è certa: Alessandro Di Battista è un grande comunicatore. Eppure, questa sua innegabile dote lo ha in qualche modo reso vittima di se stesso, trascinandolo dentro a situazioni che più che portare acqua al suo MoVimento altro non hanno fatto che confermare l’inconsistenza e la superficialità del messaggio di partenza, quello di una politica che viene genericamente dal basso, distante da quelle famose logiche di partito.
A differenza del suo più “tradizionale” collega, nonché candidato premier, Luigi Di Maio, Alessandro Di Battista ha costruito una narrazione di sé incredibilmente accattivante. Mentre il primo non si fa mai mancare la cravatta da studente di giurisprudenza fuori corso, Alessandro appare solo raramente in vesti formali, accentuando ulteriormente la sua vicinanza con il pubblico. Non solo, Di Battista ha messo in piedi un vero e proprio romanzo della sua vita, accessibile a tutti, attraverso social e libri, confermando ancora una volta la sua sostanziale bontà d’animo, semplicità e onestà. In una sola parola: la sua bellezza. Poco meno di un anno fa usciva per Rizzoli il suo A testa in su. Investire in felicità per non essere sudditi: un viaggio sia metaforico che letterale attraverso persone, Paese reale, America Latina. Un moderno Che Guevara che a bordo del suo scooterone intraprende un cammino verso la liberazione del popolo suddito di questa dittatura culturale e sociale della politica corrotta, un viaggio pedagogico all’insegna della libertà, che in fondo si sa, altro non è che partecipazione.
Sui social, invece, dove la scrittura è più sintetica e le immagini parlano esplicitamente, tra foto con bambini africani e piazze gremite di ascoltatori, l’eloquenza di Alessandro Di Battista prende forma in un tenero fotoromanzo che ci racconta la sua vita familiare e tante lacrime di gioia. Quale altro politico ci mette di fronte a un dipinto così potente e così intimo della sua personalità, una personalità privata che riesce a entrare così tanto in confidenza con il suo popolo da diventare pubblica. Non è forse questo il lato più inquietante ed efficace del MoVimento5stelle? La sua straordinaria abilità nell’inserirsi proprio in quello spazio vuoto tra elettore e candidato, quello spazio che solo la trappola dell’empatia e della fiducia riesce a colmare?
Esiste però un rovescio della medaglia, e la strategia comunicativa di Alessandro Di Battista rischia di ritorcerglisi contro. Una serie di sfortunati episodi che lo vedono protagonista hanno infatti in qualche modo contribuito a far cadere quella maschera di scena da uomo del popolo che parla al popolo. Una maschera che serve a coprire la fallacità della retorica di Beppe Grillo e del suo MoVimento, basata su un principio di superiorità morale che dovrebbe estraniarli, a suon di “ONESTÀ”, dalle infauste manovre di palazzo di cui si macchiano i politici vecchia scuola.
È il 20 agosto 2017 e il deputato Di Battista sta girando un video alla pescheria di Catania, come sempre supportato dal suo entusiasmo per la vita reale e la bellezza della semplicità. A un tratto però, il velo di Maya si squarcia e ad Alessandro viene chiesto di spostarsi perché sta oggettivamente intralciando proprio quel fermento umano che tanto ama. “Giovanotto, spostati”, dice il ragazzo, con una spontaneità esilarante che renderà video e frase virali, ma la parte davvero interessante di questo piccolo sketch, oltre al visibile imbarazzo di Di Battista nel confronto con la cruda realtà, è l’atteggiamento del ragazzo nei suoi confronti, un atteggiamento che lascia trasparire tutta la verità di quel momento: Alessandro, mentre si inebriava di umanità, era solo d’intralcio. Non solo, nelle dichiarazioni successive dell’inconsapevole protagonista di questo stacchetto, è evidente una cosa fondamentale: il pescivendolo non ha idea di chi sia Di Battista e parla di lui esattamente come tutti i pentastellati parlano degli altri politici. Un meraviglioso cortocircuito in cui traspare tutta la fallacità del pensiero cinque stelle, basato su un presupposto che viene a crollare non appena è proprio lui il politico che interrompe il lavoro di un pescatore per fare proseliti con la sua ars oratoria.
L’apoteosi di questa dinamica ironica si manifesta nella gaffe per eccellenza di Di Battista, quando il suo comizio viene accolto da fischi provenienti dal popolo del Generale Pappalardo, figura bizzarra che è riuscita a superare i grillini in quanto a fantomatiche teorie. Così Alessandro si trova davanti a una piazza che lo contesta e lo insulta esattamente come lui e il suo MoVimento hanno fatto con tutti i politici del panorama nazionale: insomma, il grottesco gioco prospettico di questo errore ci regala un’altra geniale quanto inconsapevole manifestazione delle contraddizioni interne a realtà come il MoVimento5Stelle e tutte le varie diramazioni folli di queste tendenze politiche contemporanee che ne conseguono. E Alessandro? Alessandro Di Battista verrebbe quasi da pensare sia una vittima sacrificale del MoVimento, che alla fine ha preferito essere rappresentato dall’altezzosità e dalla serietà artificiale di Luigi Di Maio. Insomma, il destino del MoVimento5Stelle è imperscrutabile, anche se è chiara una tendenza sempre più forte alla istituzionalizzazione delle sue figure. La parabola di Alessandro Di Battista, però, nella sua grazia telegenica, ci fornisce un piccolo spiraglio sui punti deboli della comunicazione che ha impostato Beppe Grillo quando ha malauguratamente deciso di spostarsi dal palco dei suoi show a quello di Montecitorio.