Qualche giorno fa ero in macchina, la radio accesa e il segnale che andava e veniva. Dopo un po’ di zapping, sono capitato sul programma di Giuseppe Cruciani: La Zanzara. Penso che poche trasmissioni riescano a toccare un livello così basso di informazione in Italia, – un concentrato di interventi, da parte di pubblico, ospiti e conduttore, in buona parte razzisti, omofobi e sessisti – eppure ogni volta che mi imbatto in quella fiera del qualunquismo e della discriminazione il mio dito si paralizza e per qualche strano motivo non riesco più a cambiare frequenza. È successo anche l’altro giorno, mentre il conduttore raccontava di una cooperativa che in Emilia-Romagna starebbe insegnando agli immigrati le maniere con cui comportarsi con le ragazze italiane. “È uno schifo!” gridava Cruciani, mentre orde di ascoltatori facevano a gara a chi riusciva a partorire il commento più xenofobo, inviato poi via messaggio vocale e messo in onda.
La polemica nasce da un articolo del Resto del Carlino, dove si racconta che “a Carpi i profughi stanno frequentando lezioni di approccio sessuale, un corso accelerato su tutti quelli che sono i comportamenti da tenere nel rapporto con l’altro sesso nell’ambito della cultura italiana”. Subito Libero ha colto l’occasione per scrivere un articolo dal titolo “Immigrati, la Coop li manda a scuola di sesso per sedurre le italiane”, in cui si racconta che in provincia di Modena sarebbe stato messo in piedi un corso per “ragazzotti africani” finalizzato a insegnare loro le tecniche di seduzione tipicamente italiane, in modo da permettere loro di “corteggiare le nostre donne”. “Già li vediamo, i provetti latin lover,” scriveva Libero, “Avvicinarsi alla dama di turno per accenderle la sigaretta con gesto elegante o togliersi il cappello e fare la riverenza. Che pacchia l’Italia per gli immigrati: prima i corsi di sci, poi quelli di pugilato e di cucina e ora uno per cuccare con classe. Attirati da tutto questo ben di Dio, vuoi che non continuino ad arrivare in massa?”.
Ovviamente, nemmeno il tempo di verificare la veridicità della notizia: l’esercito populista italiano si era già mobilitato. “Immigrati a scuola di sesso per sedurre le italiane”, titolavano poco dopo Il Giornale e La Voce del Trentino, “ECCO DOVE VENGONO BUTTATI I NOSTRI SOLDI!!”, postava sul suo profilo Facebook Lucia Borgonzoni, candidata sindaca Lega Nord a Bologna nel 2016, mentre non poteva mancare l’intervento – altrettanto in caps lock – del blog Piovegovernoladro: “IMMIGRATI? LA COOP LI MANDA A SCUOLA PER SEDURRE LE ITALIANE… (MA VA LA!)”.
La cooperativa in questione si chiama Leone Rosso, nasce in Val D’Aosta nel 2010 e da qualche tempo ha esteso la sua attività in altre parti d’Italia. Come si legge sul suo sito, in questi anni si è occupata di assistenza a disabili e anziani, progettazione e gestione di servizi sociali, educativi e sanitari nei settori del disagio sociale e dell’infanzia, interventi rivolti alle fasce più deboli dell’immigrazione e gestione di asili nido. Abbiamo parlato al telefono con Marco Gheller, coordinatore di area della cooperativa, per farci spiegare cosa c’è di vero nella notizia che sta circolando in questi giorni.
“Quello di cui si sta parlando è un corso che abbiamo messo in piedi grazie a una serie di contatti sul territorio di Modena e che ha come obiettivo la creazione di un ponte tra i ragazzi che ospitiamo nei nostri centri di accoglienza e la comunità e il territorio che li accoglie da quasi un anno,” mi spiega. “Creiamo dei momenti di incontro e confronto tra richiedenti asilo, i nostri mediatori e personale specializzato di vario tipo. L’obiettivo è quello di offrire tutta una serie di strumenti a questi ragazzi per far sì che possa migliorare il loro inserimento nel tessuto sociale, ma anche per colmare alcune lacune che abbiamo sia noi che li ospitiamo, sia loro che vengono ospitati.”
I vari moduli del corso vertono principalmente sull’educazione civica, con lo studio della Costituzione. Un altro modulo riguarda poi la questione alimentare, volta a introdurre i ragazzi alla dieta mediterranea – molto differente rispetto a quella dei loro Paesi di origine. Questo per tutelare la loro salute, vista l’abitudine a prodotti differenti, difficilmente reperibili in Italia.
Infine, c’è il modulo della discordia, che non c’entra nulla con quanto descritto dai giornali.
“Parlando della Costituzione e delle democrazie europee, si è affrontata anche la questione del ruolo delle donne nella società, delle tematiche di genere e più in generale dei processi storici degli ultimi decenni relativi al tema,” continua a spiegare Gheller. “Siamo partiti dalle suffragette fino a arrivare ai giorni nostri.” Un contenuto di tipo giuridico e civico, nulla a che vedere con i corsi di educazione sessuale descritti. Si è affrontato il tema dell’evoluzione del diritto di famiglia, del diritto al lavoro e altri elementi basilari di questo tipo. I richiedenti asilo spesso sono persone laureate, in altri casi no, ma in generale provengono da contesti culturali diversi dal nostro ed è quindi necessario creare momenti di incontro e confronto tra loro e il nostro modello. I loro Paesi di provenienza hanno una Costituzione diversa dalla nostra, così come sono diverse le norme sociali. “Si tratta in molti casi di società più patriarcali, sulla linea di quella che avevamo noi fino a una cinquantina di anni fa. I corsi che offriamo sono il più classico esempio della mediazione culturale.”
L’equazione profughi-sesso-“nostre donne”, però, funziona meglio in termini di clickbait, quindi la stampa italiana ha preferito dare per buono quanto scritto da Libero o Il Giornale, condividendo la notizia senza verificarla. “Quello che mi fa riflettere è che siete la seconda testata a contattarmi, ma allo stesso tempo sono uscite decine di articoli che denunciavano i nostri “corsi di seduzione”. Chi ha diffuso la notizia si è dunque limitato a riprendere l’articolo originario del Resto del Carlino e a rielaborarlo, senza verificare i fatti,” continua Gheller.
Mentre su social e media sferzava la polemica per il corso proposto dalla cooperativa, a Busto Arsizio i giovani padani davano fuoco a un fantoccio di Laura Boldrini, Giulia Innocenzi denunciava un meme che la riguardava con centinaia di commenti sessisti – rigorosamente di cittadini italiani – e l’illustratore Mattia Labadessa rifletteva sul fatto che “dovrebbero inventare un’app per smartphone che se vedi una ragazza carina in metropolitana e te ne innamori ti dice chi è, quanti anni ha, poi l’addormenta e ti fa fare sesso con lei”.
La sensazione è che il corso di educazione civica rivolto ai richiedenti asilo, andrebbe esteso anche ai cittadini e alle cittadine italiane.