Cosa dice di noi la nostra ossessione per l’immortalità - THE VISION

Nel 1967 James Hiram Bedford morì per un cancro ai reni, la cui metastasi si era diffusa fino ai polmoni, rendendolo incapace di respirare. Due anni prima, nel 1965, Evan Cooper e la sua neonata Life Extension Society decisero di promuoversi offrendo gratuitamente la preservazione di un corpo, una volta dichiarata legalmente la sua morte.

Non sappiamo se Bedford, al tempo professore di psicologia all’Università della California, nutrisse già nel 1965 interesse per la conservazione post mortem del proprio corpo. Di fatto, non colse l’opportunità pubblicizzata dalla LES. Lasciò però una somma vicina ai centomila dollari alla nascente società, chiedendo di essere crioconservato dopo la sua morte. Dopo aspre battaglie legali fra la moglie di Bedford e i parenti scettici verso questa avveniristica tumulazione – battaglie che consumarono gran parte del lascito economico del professore – James Hiram Bedford divenne il primo uomo ad essere crioconservato post mortem nella storia dell’umanità.

Esperti di criogenesi ibernano il corpo di James Hiram Bedford, 1967

La Life Extension Society cessò di esistere verso la fine degli anni ’60 e le sue strutture, insieme ai corpi crioconservati, vennero inglobate nella Alcor Life Extension Foundation, un’organizzazione no profit con sede a Scottsdale, una grande città nell’area di Phoenix, in Arizona.

La LES è la madre fondatrice della crioconservazione e la Alcor ne è sua diretta erede. L’impianto estremamente razionale della Alcor – nonostante sia visto con estremo scetticismo dalla comunità scientifica – ha reso la fondazione un punto di riferimento per l’avanguardistica pratica della crioconservazione, nonché ad oggi la più numerosa comunità di corpi congelati post mortem. Nel 2017, infatti, al cinquantesimo anniversario della crioconservazione di Bedford, la Alcor ha crioconservato 149 esseri umani e 33 animali domestici, con una lista d’attesa di oltre 1600 individui, pronti a essere congelati una volta giunto il fatidico giorno.

Simon Carter, presidente dell’Australian Cryonics Association in un cimitero di Sydney, 1991

Sembra proprio la trama di Altered Carbon, in cui l’identità degli esseri umani viene codificata e caricata su un disco inserito all’interno della colonna vertebrale e trasferibile in un nuovo corpo fisico una volta che quello in uso si è deteriorato; o quella de La possibilità di un’isola di Michel Houllebecq, dove il comico Daniel aderisce alla setta new age degli elohimiti, il cui intento finale è quello di riprodurre il DNA degli individui per perpetrarne la vita in un corpo sempre nuovo. La Alcor, però, non è interessata alla riproduzione del DNA, bensì alla conservazione del corpo per un tempo non ben definito – o, meglio, per il tempo più lungo consentito dalle tecniche di conservazione disponibili – nell’attesa che si trovi una cura alle malattie attualmente incurabili e che sia possibile risvegliare dal sonno criogenico i pazienti. Ora come ora, difatti, chi si affida alla Alcor lo fa attraverso un totale atto di fede: non esistono al momento tecniche di risveglio accreditate, né una data stabilita per il risveglio. Con una scommessa pascaliana si potrebbe giungere alla conclusione che non si ha nulla da perdere nel tentare questa sorte, a parte il fatto di non poter essere tumulati a dovere.

Still da “Altered Carbon”, 2018

L’accordo con la Alcor viene stipulato tramite un polizza assicurativa sulla vita dell’individuo, di cui Alcor è la stessa beneficiaria. I costi variano dai 28.000 ai 150.000 dollari. Diventando in questo modo a tutti gli effetti un membro della fondazione Alcor, si riceve un braccialetto elettronico di misurazione dei parametri vitali che notifica i medici dell’imminente morte. Il personale ospedaliero è dunque incaricato di contattare la Alcor, che manderà un team di supporto per prelevare il deceduto. È importante infatti che la Alcor agisca subito dopo la morte del paziente, in modo tale da ottimizzare il processo di criopreservazione. Oltretutto, è fondamentale evitare l’autopsia – un diritto che può essere depennato tramite un certificato statale – in modo tale da non danneggiare tessuti ed organi interni, così da conservare il corpo in condizioni ottimali. Qualora fosse praticata l’autopsia (in alcuni Stati è impossibile evitarla) ogni membro potrà dare pieni poteri decisionali alla Alcor sulla valutazione del corpo “danneggiato”. Se ritenuto non adatto alla crioconservazione, seguendo le disposizioni del deceduto, il corpo potrà essere tumulato in modo “classico” oppure cremato.

Nel percorso ottimale, il deceduto viene prelevato entro un’ora dalla dichiarazione della morte legale e trasportato il più velocemente possibile ai laboratori Alcor di Scottsdale. Le prime ventiquattro ore dopo il decesso vengono chiamate standby: in questo lasso di tempo il cuore del paziente non pompa sangue e i polmoni sono inattivi. Inizia il processo di stabilizzazione, nel quale il corpo viene subito inserito in vasche di acqua ghiacciata, per iniziare il processo di raffreddamento. Allo stesso tempo, la respirazione e il battito cardiaco, così come il deflusso del sangue nel corpo, vengono ristabiliti artificialmente, grazie a un dispositivo medicalmente non riconosciuto – e quindi non utilizzato in campo medico – ovvero l’heart-lung resuscitator (HLR) o thumper. Una volta ristabilita l’ossigenazione, il corpo viene sottoposto a dei farmaci, necessari per mantenere la pressione sanguigna su valori stabili e evitare la riperfusione cerebrale, l’infiammazione dei tessuti del cervello causata dalla mancanza di ossigeno.

Un laboratorio dell’Alcor Life Extension Foundation

I vasi sanguigni del paziente vengono poi collegati a un circuito di perfusione tramite un’operazione chirurgica. I tessuti, vitrificati, ovvero congelati in modo estremamente rapido per evitare la formazione di cristalli al loro interno. Prima di essere effettivamente crioconservati, i corpi vengono sottoposti ad altri medicamenti necessari per evitare il congelamento. Dopo di che, tutto è pronto per trasportare i corpi all’interno di vasi di Dewar, dei contenitori che isolano termicamente il proprio contenuto rispetto all’ambiente esterno tramite delle aree di vuoto, e lì immersi in nitrogeno liquido, la cui temperatura ottimale per le prime due settimane è di -125°C, poi abbassata stabilmente a -196°C.

La lista dei nomi illustri presenti nei dewar dei laboratori Alcor è molto lunga: dal transumanista ante litteram FM-2030, alla leggenda del baseball Ted Williams insieme a suo figlio John Henry, allo sceneggiatore Dick Clair. I membri della fondazione, ovvero persone viventi che al momento della loro morte verranno crioconservati, compongono un elenco ancora più numeroso e spesso si presentano come ambasciatori di questo progetto. Personalità del mondo del web, come Kenneth, avanguardista della sicurezza e dell’identificazione informatica, e il pioniere della crittografia asimmetrica Ralph Merkle; il cofondatore di PayPal Peter Thiel, nonché scienziati e uomini di spettacolo, fra tutti, spicca Ray Kurzweil, il restless genius di Google, direttore nientemeno dell’ingegneria dell’azienda.

Theodore Samuel “Ted” Williams (1918–2002)

Dick Clair (1931–1988)
Ralph Merkle (Berkeley, 1952)
Peter Andreas Thiel (Francoforte sul Meno, 1967)

Noto per le sue invenzioni in campo informatico e non solo, verso i 35 anni, Kurzweil iniziò ad essere apprensivo circa la propria salute, dopo che gli era stata riscontrata un’intolleranza al glucosio. Inizia qui il suo percorso verso l’ideale transumanista e della singolarità tecnologica, concetti ancora non ben definiti sotto tutti i punti di vista ma che hanno però alcuni punti fermi. Si è d’accordo nel definire il transumanesimo un movimento culturale e scientifico atto a rivoluzionare la concezione di essere umano, avvalorandola di strumenti e tecnologie volte a debellare gli aspetti della vita umana considerati sgradevoli, in primis la malattia e la vecchiaia.

Ray Kurzweil ne è uno dei massimi esempi, soprattutto sulla condotta personale. L’intento di Kurzweil è quello di vivere più a lungo possibile e dai 35 anni in poi ha assunto, sotto la supervisione del dottor Terry Grossman, un atteggiamento esemplare. Con una dieta composta principalmente da alimentazione vegetariana, 8-10 bicchieri di acqua alcalina, 10 tazze di tè verde al giorno e diversi bicchieri di vino rosso durante la settimana, è possibile vivere più a lungo, riprogrammando la biochimica del proprio corpo, o almeno questo è quello che Kurzweil e Grossman affermano nel proprio bestseller Fantastic voyage. Live long enough to live forever. Come compagne giornaliere di questa dieta, Kurzweil ingoia 150 pastiglie al giorno (addirittura 250 fino al 2008), così come quattro (sì, quattro) minuti di esercizio fisico. Vivere abbastanza, ovvero vivere più a lungo e fino al tempo in cui sarà possibile avere un’aspettativa di vita media più lunga tale da vivere per sempre. Diventare vecchi, sempre più vecchi ma talmente vecchi che la tecnologia e la medicina avranno fatto passi da gigante, tanto da permetterci di essere immortali.

Ray Kurzweil (New York, 1948)

Da dove arriva la volontà ossessiva dell’essere umano di vivere per sempre? Perché non basta la vita mortale? L’uomo ha paura e la paura per il tempo è tra le più comprensibili: nella cultura popolare, diventare immortale è quasi sempre l’obiettivo dei villain, animati da una spregevole volontà di controllo infinito. L’uomo per natura, non vuole perdere il controllo su se stesso, sulla propria vita e il proprio corpo. Per sconfiggere questa paura, il villain della fiction si erge a nemico dell’ordine prestabilito e prova a superarlo per rimanere forte e produttivo in eterno e non solo per il breve periodo di tempo concessogli. Con la paura si ha anche l’illusione che il futuro di cui non si vede la fine sia migliore, o abbia le potenzialità per esserlo. Annichilire lo scorrere del tempo e detrarne il potere per averlo nelle proprie mani, con la credenza che quel potere non sfugga di mano e ognuno personalmente ne possa giovare.

L’idea di una vita molto più lunga e sana grazie all’alimentazione e all’esercizio affonda le sue radici agli albori del 1500, quando Alvise Cornaro, nobiluomo veneziano, ebbe un’epifania simile a quella di Kurzweil: dopo uno scompenso corporeo, grazie a un medico, instaurò un regime alimentare che lo portò a vivere più di 100 anni.

Jacopo Tintoretto, Ritratto di Alvise Cornaro, 1560-1565 circa; Galleria Palatina, Firenze

Le speranze per un futuro immortale grazie alle medicine, all’alimentazione e alla Alcor sono riposte anche nelle previsioni dello stesso Kurzweil, famoso anche per essere un Nostradamus dei giorni nostri. In un suo report del 2010, Kurzweil asserisce che delle sue 147 previsioni, l’86% si è realizzato: riguardano la politica, internet, la medicina e la tecnologia. Altre ancora devono passare al vaglio, come quelle circa l’intelligenza delle macchine, che nel 2029 eguaglierà quella umana, superando il test di Turing. È anche grazie a queste previsioni che molte persone si affidano alle cure della Alcor e di altre strutture di crioconservazione, lasciando da parte l’attuale l’incertezza sulla loro efficacia, così come quella sul futuro risveglio. Tra loro, anche degli italiani: il primo fra tutti, Aldo Fusciardi, che dopo il decesso per infarto nel 2012 è stato crioconservato alla Alcor. Dopo di lui, altri due italiani, di Sassari, Rita Poddighe e Daniele Chirico, si sono invece rivolti al Cryonics Institute del Michigan. Forse loro, una volta risvegliati, ci potranno dire come sono andate le previsioni di Kurzweil.

Segui Simone su The Vision