Sì non ho votato il Pd, no non sono ancora pentito

Forse ci conosciamo: sono il responsabile di tutto ciò che sta andando storto in Italia. È mia la colpa se qualcuno non esclude di uscire dall’euro a causa della “teoria dei giochi”. Puntate il dito contro di me se lo spread è alle stelle. Sarò io ad avere sulla coscienza l’Aquarius e le 629 persone che l’Italia ha respinto. E non sono George Soros.

Ho messo io a Palazzo Chigi un prestanome imbarazzato che si tinge i capelli e mette a curriculum le visite alla fidanzata. Pensa a un guaio degli ultimi due mesi: opera mia. Che non ho votato il Pd.

Eppure lo sapevo. Me l’aveva spiegato un sacco di gente, con ottimi argomenti. Le scorse elezioni non erano elezioni qualsiasi: stavolta era in gioco molto di più. La nostra permanenza in Europa, l’Europa stessa, la democrazia – la nostra umanità. Ricordo molto bene tutti questi discorsi, rivolti a quel bacino di elettori che in passato aveva votato Pd e che questa volta si sarebbe rivolto ad altre creature: principalmente il M5S, ma non solo. Si tratta di discorsi ai quali sono stato sensibile tante altre volte: benché abbia sempre odiato l’espressione “turarsi il naso” o “votare col mal di pancia”, più o meno è quello che mi è sempre capitato di fare, salvo stavolta: e proprio stavolta, guarda che casino ho combinato.

Adesso ogni giorno c’è qualcuno in tv o su internet che mi suggerisce di fare autocritica. L’altro giorno Virzì, intervistato dal Foglio, mi ha spiegato che i Cinque Stelle sono fascisti, e che avrei dovuto arrivarci prima che se il Pd avesse perso loro si sarebbero alleati con la Lega – no, non ho votato M5S, ma ho comunque fatto perdere il Pd. È un lungo discorso che si può riassumere in una vignetta di Staino, nata apocrifa ma poi confermata dall’autore stesso: “Fascisti, razzisti, incompetenti. Com’è stato possibile tutto questo?” “Sai, mi stava sulle balle Renzi”. Insomma tutto questo – la catastrofe umanitaria, lo spread, le figuracce internazionali – è successo perché sono antirenziano.

Magari è davvero così.

Faccio parte di un cospicuo insieme di elettori che non si trovava a suo agio, per usare un eufemismo, con molte delle proposte dell’ex sindaco di Firenze. Appena ci fu l’occasione di farglielo capire, al referendum del 2016, ne approfittai. A quel punto Renzi sembrò fare un passo indietro, ma il Pd continuò a sembrarmi un oggetto distante. In particolare, mi sembrava indifendibile, così come la dottrina Minniti, e quindi quando si è tornati a votare non ho votato il Pd. Per molti osservatori avrei comunque dovuto scegliere il meno peggio, il voto utile – è un discorso che capisco, ma a quel punto davvero un voto al Pd non mi sembrava più utile: al contrario, mi sembrava un voto perso.

MARCO MINNITI

Ero abbastanza convinto che il Pd sarebbe stato punito dalle elezioni, come succede di solito ai partiti di centrosinistra dell’Europa occidentale dopo una legislatura al governo; è un fenomeno ricorrente, confermato dai sondaggi (che in Italia sbagliano quasi sempre, ma su questa cosa no). Ero altrettanto persuaso che anche i dirigenti del Pd ne fossero convinti, e che si stessero già preparando a un governo con Forza Italia, una Grosse Koalition all’amatriciana, magari anche con Salvini, che sui migranti ha una posizione non così lontana da quella di Minniti. Se Minniti minacciava di chiudere i porti, Salvini ha provato a chiuderli davvero, anche se poi ha dovuto riaprirli subito. Più che votare contro Renzi, credo di aver votato contro questo scenario: la fusione di Pd e Forza Italia in un grande contenitore centrista. Forse l’ho salvato, Renzi, da un destino di presentatore Mediaset.

È probabile che io abbia sopravvalutato, come molti, la tenuta ultraventennale di Berlusconi. In ogni caso è andata così, inutile recriminare. Oppure sì, recriminiamo tutti insieme: in fondo è il senso della democrazia, le scelte dipendono dal voto di tutti, e per un’infima frazione anche dal mio. Se avessi fatto un calcolo diverso, una scommessa diversa, adesso magari avremmo di nuovo Minniti agli Interni, e forse i trafficanti libici continuerebbero a gestire la tratta dei neri con più discrezione. Lo spread avrebbe ballato un po’ meno, anche se in ogni caso il Quantitative Easing finirà a dicembre, e da lì in poi si vedrà. In realtà sono convinto che la situazione sia peggiorata dalle elezioni in poi, e che questo governo sia inferiore al precedente sotto tutti gli aspetti (chi aveva dubbi può dare un’occhiata ai sottosegretari).

Mario Draghi a sinistra e Pier Carlo Padoan a destra.

Non ho scuse: mi assumo la responsabilità di non avere votato il Pd. Se almeno un milione di elettori non avesse fatto come me; se avessimo riconosciuto nel Pd di Renzi l’unico vero Meno Peggio, il Pd avrebbe recuperato qualche punto, superato la Lega di Salvini e…

No, aspetta. Il Pd ha superato la Lega di Salvini. Ha preso mezzo milione di voti in più. Certo, in Parlamento ha ottenuto molti seggi in meno, grazie a una legge elettorale ridicola, che regala più seggi alle coalizioni che vincono, anche se possono spezzarsi subito dopo. Però, il Pd i suoi sei milioni di voti li ha presi, e avrebbe potuto anche provare a farli pesare. Se davvero il governo Lega-M5S è il Peggio del Peggio, il vestibolo del caos, l’anticamera del disastro umanitario, l’inizio della fine dell’euro, i dirigenti del Pd avrebbero potuto anche cercare di evitarlo, magari accordandosi con quel M5S che di governare aveva talmente voglia che l’avrebbe fatto con chiunque, Hitler, Gengis Khan, Salvini. Almeno un tentativo di abboccamento tra Martina e Di Maio ci fu, subito stoppato da un certo Matteo Renzi che, in teoria, si era già dimesso da tutto. Probabilmente un governo Pd-M5s sarebbe stato assurdo, ma se l’alternativa è il caos e l’inferno gialloverde, la logica del Meno Peggio parla chiaro: i dirigenti Pd avrebbero dovuto provarci, almeno quanto io avrei dovuto votare per loro.

A meno che la logica del Meno Peggio non valga solo per me, piccolo elettore che ha messo un po’ di sabbia nell’ingranaggio che doveva portare finalmente Renzi in braccio a Berlusconi (si capisce che al Foglio siano molto stizziti). E solo fino al 4 marzo: dal giorno dopo la logica che ho sentito dappertutto era Tanto Peggio Tanto Meglio. Il Pd doveva stare all’opposizione perché lo volevano gli elettori: eppure Salvini governa con due milioni di voti in meno. Gli elettori in realtà hanno solo un paio di crocette per esprimersi; se il 32% sceglie M5S e il 17% sceglie Lega, nessuno ha lasciato per iscritto che chiedeva proprio un governo M5S+Lega. Il proporzionale non funziona così; la democrazia parlamentare non funziona così. C’è spazio per i negoziati, per il compromesso – fin troppo spazio, in 90 giorni. A questi negoziati il Pd non ha voluto partecipare: affari suoi, io non l’ho votato, me ne prendo la mia minuscola responsabilità. Ma credo che ne abbia una, meno minuscola, anche chi ha impedito al Pd di giocare almeno una carta, di fatto rendendo possibile questo governo.

Forse tra un po’ smetteremo di beccarci tra noi e cominceremo a tenerci stretti, come quando si cola a picco – se non ci ammazzeremo per un posto in zattera.

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