Salvini vuole testare il taser per primo sugli italiani

Lo scrittore americano Donald Antrim, in Votate Robinson per un mondo migliore, ha immaginato una società distopica ossessionata dalla sicurezza. Nel racconto di Antrim, ogni casa o villetta possiede sistemi di sicurezza spropositati, come campi minati sotto prati ben curati e mitragliatori al posto delle canoniche telecamere. L’armonia con il vicino è un comportamento di facciata che nasconde una profonda diffidenza verso l’altro. Quella di Antrim è una satira dell’ossessione, tipicamente americana, per le armi da fuoco. La propaganda leghista, oggi maggiore forza di governo, potrebbe renderla una realtà anche da noi.

Il 5 settembre è iniziata la sperimentazione da parte delle forze dell’ordine della pistola taser. Il via libera al provvedimento era stato annunciato lo scorso 15 giugno dal ministro dell’Interno Matteo Salvini. Commentando l’accoltellamento di un poliziotto durante uno sgombero a Genova, aveva dichiarato la volontà “di cominciare la sperimentazione con le pistole elettriche come in altri Paesi europei, per mettere in condizione i poliziotti e i Carabinieri di difendersi e di difenderci ancora meglio.” Il periodo di prova riguarda 12 città italiane – Milano, Napoli, Torino, Bologna, Firenze, Palermo, Catania, Padova, Caserta, Reggio Emilia, Brindisi e Genova – e 70 agenti di polizia. L’uso dei taser, già in dotazione alle forze dell’ordine di 107 Paesi al mondo, tra cui Stati Uniti, ma anche Francia, Germania e Regno Unito, fa molto discutere. Amnesty International, in seguito alla comunicazione di avvio della sperimentazione in Italia, ha rilasciato un commento in cui spiegava i rischi di un’arma che, percepita come innocua, ha portato alla morte di più di mille persone dal 2001 a oggi nel solo Nord-America. Anche in molti Paesi europei se ne mette in dubbio la reale efficacia.

Il provvedimento sui taser è un chiaro segnale della svolta securitaria che il governo vuole imporre in materia, non solo di ordine pubblico, ma anche di difesa personale. L’idea sarebbe quella di applicare alla realtà italiana il modello della polizia nordamericana, che in molti casi si è dimostrato inadeguato perché eccessivamente violento e autoritario, e dunque propiziare la cultura delle armi. Di fatto il taser è un’arma legale che può essere usata a discrezione delle forze dell’ordine, infatti l’interpretazione della “resistenza a pubblico ufficiale” è molto ampia. Negli Stati Uniti non sono rari i casi di abuso di potere da parte dei difensori della legge. Inoltre, studi sui decessi successivi all’arresto individuano nell’effetto dei taser uno dei fattori mortali in un quinto dei casi. Se i taser diventassero un’arma di ordinanza, e dunque lo Stato ne propiziasse l’uso, si educherebbe il cittadino a percepire le armi come strumenti accettabili. La nuova normativa sulla legittima difesa suggerisce il medesimo criterio di legalità per la difesa dei privati, l’uso delle armi si “normalizza” sia per le forze dell’ordine che per i cittadini.

Il ministro ha paventato più volte la possibilità di modificare la legge sulla legittima difesa, in maniera da renderla più favorevole alla vittima dell’aggressione. Già a maggio 2017, la Lega ha presentato un disegno di legge che permette l’uso delle armi per tutela personale in caso di intrusione notturna di estranei nella propria proprietà. In quel caso, di primaria importanza è stata la distinzione fra difesa notturna e diurna, che ha messo d’accordo le varie forze in campo quali Pd e Forza Italia – inizialmente a favore della legittima difesa armata notturna e diurna, e poi, dopo il dietrofront di Berlusconi, più vicino alla legittimazione della sola difesa notturna. La Lega, a causa dello stravolgimento dovuto agli emendamenti, non ha poi votato la legge. Sulla mezza vittoria del suo partito, Salvini ha dimostrato un’animosità pari solo a quella vista sul tema migranti: è stato perfino allontanato dall’aula per le sue proteste riguardo alla distinzione fra difesa notturna e diurna – secondo lui la legge proposta non tutela abbastanza la difesa del nucleo familiare.

Adesso che la Lega è al governo la volontà è rimasta quella di provare a cambiare la legge, completando ciò che nel 2017 era stato fatto solo a metà. L’impianto del Ddl si presenta simile a quello scritto nel 2016 da Nicola Molteni, allora relatore di minoranza e oggi sottosegretario all’Interno, che a suo tempo si era ritirato dal voto perché in disaccordo con gli emendamenti del Pd. L’intento è modificare l’articolo 52 del codice penale, con particolare attenzione al comma numero 1 – vero passaggio chiave in materia di difesa personale. Il nuovo testo considera legittima difesa l’azione di chi “compie un atto per respingere l’ingresso o l’intrusione mediante effrazione o contro la volontà del proprietario o di chi ha la legittima disponibilità dell’immobile, con violenza o minaccia di uso di armi di una o più persone, con violazione di domicilio.”

Nicola Molteni

Il disegno di legge della Lega ammette dunque la possibilità di sparare, colpire per neutralizzare o allontanare, chiunque s’introduca furtivamente in un’abitazione privata o in luogo di lavoro.

L’obiettivo è tutelare maggiormente la vittima dell’intrusione di proprietà, lasciando più discrezionalità sull’effettiva esistenza di pericolo. Necessario comunque avere un’arma regolarmente dichiarata ed essere in possesso del porto d’armi a essa connesso. In caso di documentazione regolare, non ci sarà bisogno di dimostrare la proporzionalità tra la difesa e l’offesa. Nella relazione introduttiva si legge chiaramente di “una presunzione di legittima difesa” che salvaguarda dall’aggressione “alla propria o altrui incolumità” e “i beni propri o altrui, quando non vi è desistenza e vi è pericolo.” Un passaggio cruciale, dunque, che modifica in modo sostanziale e decisamente più esplicito l’ultimo provvedimento approvato dal Parlamento, rendendo di fatto obsoleta la distinzione tra l’eccessiva difesa diurna e la licenza notturna. In aggiunta, si prevede un forte inasprimento delle pene, sia per il furto in abitazione – reclusione dai cinque agli otto anni e multe fino ai 20mila euro – sia in caso di rapina – dai sei ai dieci anni di carcere previsti, e sanzioni fino a 30mila euro. La legge sulla legittima difesa predispone un quadro normativo in cui le armi sono tollerate, assecondando la nuova mania securitaria degli italiani: i possessori di armi da fuoco, dal 2014 a oggi, sono aumentati più del 20%, con un incremento massimo del 14% nel solo 2017. Il 39% degli italiani è favorevole all’introduzione di criteri più flessibili per il possesso di un’arma da fuoco, un dato che cresce quasi del 15% rispetto a quello rilevato nel 2015. Fra le fasce più favorevoli troviamo – con il 41% – gli anziani over 65, e con il 51% i meno istruiti, ovvero coloro che posseggono al massimo la licenza media.

A spingere il governo in questa direzione, da sempre cavallo di battaglia della Lega, più che un reale problema sociale, è dunque la richiesta di una popolazione indotta a pensare di essere in pericolo. I dati del Rapporto sulla filiera della sicurezza, a opera del Censis, consegnano infatti l’immagine di un Paese che si percepisce economicamente più povero e decisamente più insicuro. Parte della minaccia percepita dagli italiani è anche frutto del discorso mediatico sull”invasione”, che per esempio Salvini e le altre forze politiche di destra portano avanti da anni. Eppure, nel 2017 i reati sono diminuiti del 10,2% rispetto all’anno precedente, mentre rapine e furti sono scesi rispettivamente del 37,6% e del 13,9%. Dunque, nello scorso anno, sono stati registrati poco più di un milione di reati del genere. La maggior parte dei crimini – come è ovvio – avviene in contesti cittadini: in cima alla lista compaiono Milano, Roma e Torino. Napoli, che nell’immaginario comune è vista come la capitale italiana del crimine, è solo al quarto posto. I numeri bassi non impediscono però ai cittadini di sentirsi in pericolo: il 32% delle famiglie italiane “percepisce il rischio di criminalità nella zona in cui vive.” In generale, la delinquenza si posiziona al quarto posto fra le paure degli italiani – un italiano su cinque la rileva come il problema principale della Penisola – dietro solo alla disoccupazione, alla pressione e all’evasione fiscale.

È evidente che il tema della sicurezza, ormai vero nodo gordiano del discorso pubblico, è stato tradotto in un’esigenza di giustizia privata. Il disegno di legge sulla legittima difesa è solo un elemento della più ampia visione giustizialista espressa dal contratto di governo: l’obiettivo dell’alleanza giallo-verde si basa sull’assunto per cui, pene certe e più severe rappresentano un buon deterrente contro il crimine, e per questo equivalgono a più sicurezza per le persone.

Il “governo del cambiamento” vorrebbe anche abrogare le recenti normative in fatto di sovraffollamento delle carceri, arrivando a cancellare i provvedimenti in vigore dal 1975 sul percorso rieducativo all’interno degli istituti penitenziari. Ci si muove come se si volesse soddisfare le richieste rancorose della pancia del Paese, nutrita da anni con la stessa moneta dell’odio che ha creato il consenso per l’ascesa di Salvini.

Se l’obiettivo del ministro dell’Interno è quello di “governare per trent’anni” – come ha recentemente affermato a Pontida – occorre demistificare i nuovi valori della destra italiana, facendo in modo che non attecchiscano nell’inconscio collettivo. Solo in questo modo le armi agitate dal Ministro degli interni appariranno per quello che sono: pistole giocattolo puntate verso emergenze inesistenti.

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