"Ah, non posso?". No, non potevi. - THE VISION

Nel dibattito sulla seconda ondata di Covid-19, stiamo trascurando la responsabilità di tutti quei politici che hanno cavalcato il negazionismo per la loro perenne campagna elettorale. Se le sparate del Tarro o dello Zangrillo di turno, tra “seconda ondata impossibile” e “virus clinicamente morto”, vanno ascritte a un protagonismo mediatico e al desiderio di finire in vetrina con un’opinione forte, l’azione dei politici è più il riflesso di un menefreghismo che sfocia in un pericolo per la collettività. Se ci ritroviamo in una situazione sospesa tra coprifuoco e un altro possibile lockdown, è anche colpa di un’opposizione che per mesi ha disincentivato l’uso della mascherina e ha spesso avallato o diffuso i peggiori deliri antiscientifici.

Alberto Zangrillo

Il principale testimonial della disinformazione in Italia è senza dubbio Matteo Salvini. Mentre le più importanti istituzioni mediche, scientifiche e politiche invitavano la popolazione alla prudenza e all’uso corretto dei dispositivi di protezione, Salvini decideva di ignorare in modo plateale qualsiasi indicazione. Per mesi ha riempito i social di foto in cui veniva ritratto senza mascherina stringendo mani, scattando selfie senza rispettare le regole sul distanziamento, radunando folle di sostenitori affascinati dalla ribellione del capo e decisi a replicare nella quotidianità il suo esempio. Piazze, sagre, comizi: ogni luogo era adatto per un proselitismo virulento, riunendo adepti che inconsapevolmente correvano il rischio di infettarsi. Per chi ha creduto al suo capitano il virus da settimane non esisteva più.

“Il virus è meno aggressivo, non ci vuole un Nobel per capirlo”, dichiarava Salvini a giugno. La comunità scientifica continuava a ripetere che il virus non era mutato, ma solo che il lockdown e altri comportamenti di prevenzione avevano fatto calare la curva dei contagi, e che senza misure adeguate ci sarebbe stata una recrudescenza della fase epidemica. Imperterrito, il leader leghista proseguiva a ostentare la sua allergia alle regole, rimediando tirate d’orecchie diventate subito uno dei meme più diffusi dell’estate, con Floris a catechizzarlo sull’uso della mascherina in diretta televisiva. Riguardando quelle immagini viene quasi tristezza a vedere lo sguardo disorientato di Salvini, mista a rabbia per la consapevolezza che una parte degli elettori affiderebbe il governo del Paese a politici incapaci anche di seguire delle regole basilari indossando un pezzo di stoffa sul viso. Ma i selfie e la propaganda vengono sempre prima della sicurezza.
“Ah, non posso?”. No, non potevi.

I sostenitori di Salvini lo hanno sostenuto con veemenza, arrivando a considerare “pidioti” o schiavi dei media tutte le persone che invece le regole le rispettavano. Come per Trump, anche per Salvini il Coronavirus è stato il crocevia della credibilità, con la differenza che almeno gli italiani hanno potuto tirare un sospiro di sollievo al pensiero di non averlo avuto al potere durante l’emergenza sanitaria. Proprio perché non impegnato in attività di governo, ha contribuito allo sforzo nazionale per arginare il virus presenziando al convegno dei negazionisti al Senato di fine luglio, presentandosi in sala senza mascherina e applaudendo durante i discorsi privi di fondamento scientifico di Bocelli e degli altri relatori. Il tutto dopo aver avvelenato i social con bufale e complotti vari, dando spazio per settimane alla teoria del virus creato in laboratorio a Wuhan, rilanciata ancora a ottobre con tanto di richiesta danni verso la Cina.

Andrea Bocelli

Il resto dell’opposizione non è stato da meno, tra raduni in piazza senza protezioni e continue critiche all’operato del governo. È lecito, se non doveroso, per le forze d’opposizione contrastare le mosse dell’esecutivo: fa parte della loro natura e del gioco della democrazia. Ma arrivare a parlare di dittatura, come ha fatto Giorgia Meloni, significa intrappolare il proprio elettorato in un vicolo cieco di rabbia sociale e avulso dalla realtà degli ultimi mesi. Non soltanto ha stravolto il significato delle misure messe in campo per gestire l’emergenza sanitaria e proteggere la popolazione, ma ha stravolto il termine stesso, cancellando il reale significato del termine dittatura. Alle parole di Meloni hanno fatto seguito dichiarazioni simili dei principali partiti neofascisti, forse preoccupati di sperimentare sulla propria pelle cosa significhi trovarsi in una delle dittature che rievocano sempre con tanta nostalgia. Tutto questo solo perché il ministro della Sanità e il Presidente del Consiglio hanno imposto loro l’obbligo di indossare una mascherina al supermercato.

Giorgia Meloni

Gli italiani hanno seguito in larga parte le direttive governative durante la prima ondata perché avevano paura, si sono resi conto della pericolosità del virus e hanno accettato i provvedimenti. Poi c’è stato l’allentamento delle misure e l’azione di propaganda dell’opposizione; così dalla paura si è passati al sospetto, al dubbio di un disegno più grande, il sempreverde complotto supremo. Così le misure del governo sono diventate una coercizione e non più una protezione: si è arrivati a parlare di Stasi, di controllo orwelliano, portando all’esaltazione dell’individualismo più egoista nel nome di una libertà personale che invece ha, o dovrebbe avere, proprio la salute come elemento cardine per potersi considerare tale. Questo ha anche condizionato il governo, che con gli ultimi due Dpcm non ha avuto il coraggio di esporsi per contrastare in modo deciso il virus, preferendo invece delle misure light e delle posizioni pilatesche. Ha lasciato in mano alle singole regioni qualsiasi decisione drastica proprio per il timore di risultare impopolare, di andare contro una parte di italiani ancorata alle logiche dell’opposizione. Questa mancanza di coraggio ha generato misure blande, a meno che non si speri di sconfiggere il virus chiudendo i ristoranti a mezzanotte e vietando il calcetto tra amici.

Giuseppe Conte

Forse dimenticando di aver organizzato e presenziato per tutta l’estate a decine di potenziali focolai del virus, in questi giorni Salvini è arrivato a dichiarare: “Cosa è stato fatto per prevenire questa seconda ondata? Non vorrei che qualcuno si fosse seduto sperando nel buon Dio”. Queste parole sono un insulto all’intelligenza degli italiani, se pronunciate dal politico che per mesi ha sottovalutato il virus, comportandosi in contrasto con le misure in vigore. Nell’estate del liberi tutti ora era comodo urlare “Apriamo tutto” soltanto per assecondare gli umori e l’insofferenza della gente, negare l’esistenza del virus quando la situazione era apparentemente tranquilla e fare i duri che non temono di ammalarsi per lisciare il pelo ai nostalgici dell’uomo forte al comando. È stato facile fino ad agosto, fino a quando i contagi sono ricominciati a crescere e Salvini ha lasciato nell’armadio il costume per tornare a indossare i panni del politico responsabile, con tanto di mascherina come accessorio.

Sappiamo che la politica è un’arte in cui capita di dover smentire una propria dichiarazione, in cui la coerenza può venire meno ed è sacrificabile in base alle convenienze elettorali. Non stupisce l’ennesima retromarcia di Salvini, che tre giorni prima parla del coprifuoco a Milano come di un’idea strampalata e priva di senso, per poi accettarlo quando a decretarlo è Fontana, governatore del suo partito. Non sorprende nemmeno la critica di Meloni al nuovo Dpcm, quando lei stessa chiedeva meno potere al governo centrale e più collaborazione con sindaci e governatori. In pratica il nuovo decreto è stato plasmato sulle richieste delle opposizioni, eppure queste continuano a criticarlo senza rigor di logica.

Bisognerebbe ricordare a questi personaggi tutti gli errori che hanno commesso in questi mesi. Gran parte dei giornalisti non critica il loro operato, non li contrasta con i fatti, ma continua a riportare il loro parere come se avesse ancora un minimo di autorevolezza alla sua base. Ancora più grave è che il governo continui ad assecondare le posizioni sempre più antiscientifiche e incoerenti dell’opposizione, mostrando una debolezza nell’agire che non possiamo permetterci. Un pessimo segnale per la sfida che attende tutto il Paese per i prossimi mesi.

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