Qualcuno spieghi alla Mussolini che il fascismo è un crimine e non un’opinione

Prendi il Novecento italiano, strizzalo fino a farne uscire un uomo e una donna, i due personaggi più famosi, iconici e rappresentativi del secolo, nel bene e nel male. L’uomo sarebbe, inevitabilmente e con poco gaudio, Benito Mussolini; la donna, certamente Sophia Loren, simbolo dell’italianità in tutto il mondo. La crasi sfocata di queste due figure, essendo nipote di entrambi, è Alessandra Mussolini.

Innanzitutto pare che di questi tempi sia necessario ricordare chi è stato Benito Mussolini. Il promotore di iniziative politiche che hanno portato a 700mila morti tra gli abissini durante la guerra in Etiopia, 350mila tra i soldati italiani caduti durante la Seconda Guerra Mondiale, 640mila tra gli internati nei lager tedeschi, 45mila tra i deportati politici e razziali nei campi di sterminio. Durante il regime, i cittadini italiani subirono in totale 28mila anni di carcere e confino politico, 42 fucilazioni su sentenza del Tribunale Speciale, e furono diversi milioni i morti tra gli avversari del fascismo. Ecco chi era il dittatore Benito Mussolini e cosa ha fatto il fascismo. E non è un caso che il suo nome si accompagni a quello di Adolf Hitler, che proprio dal Duce prese ispirazione e con il quale mantenne sempre uno stretto rapporto (vedasi alla voce Repubblica di Salò). Ora, mentre in Germania un eventuale parente di Hitler con ogni probabilità si ritirerebbe a vita privata protetto dall’oscurità della foresta Nera in un rispettoso silenzio, in Italia Alessandra Mussolini ha invece deciso di ammorbarci, da quasi tre decenni – sì, è in politica da più tempo di Berlusconi – con i suoi tentativi di revisionismo storico. Nonostante il trittico delle leggi ScelbaMancinoFiano (quest’ultima mai passata grazie al voto contrario, tra gli altri, di Lega e M5S), che condannano l’apologia di fascismo e nazifascismo, la Mussolini pare sentirsi libera di contraddire la legge e la Costituzione. Anzi, sembra proprio non essere consapevole di quanto dicono la Carta e il Codice penale, e la sua ultima uscita lo dimostra. “Avviso ai naviganti: legali al lavoro per verificare il ‘politically correct‘ di FB e altri social nei confronti di immagini e/o frasi offensive nei confronti di Benito Mussolini: monitoraggio e denuncia a Polizia Postale.” Bizzarra idea, considerato che la legge punisce chi semmai inneggia a suo nonno. Per comprendere fino in fondo il pensiero di Alessandra Mussolini è bene delineare i contorni del personaggio, partendo dagli albori della sua carriera. Credendo forse di avere il talento e il fascino di zia Sophia, la giovane Alessandra tentò inizialmente il grande salto nel mondo del cinema, ma rimediò qualche comparsata e una copertina di Playboy. Fallita la carriera nel mondo dello spettacolo, tentò dunque la strada del nonno, e il Movimento sociale italiano l’accolse subito a braccia aperte. Da quel momento, consolata dalla politica, non si è più scollata dalla poltrona, tra Camera, Senato ed Europarlamento. Ha passato più di un ventennio a passare da un partito di destra all’altro, da Forza Italia ad Alleanza nazionale, transitando per l’avventura di Azione sociale insieme ai migliori esponenti dell’estrema destra italiana, come Roberto Fiore, fondatore e leader di Forza Nuova.

Lasciò An per un conflitto con Gianfranco Fini, l’allora presidente del partito, il quale osò scusarsi con Israele per le leggi razziali promulgate dal nonno di Alessandra. Un affronto intollerabile per la Mussolini, che tutt’ora continua a manifestare la sua personale ritrosia contro gli ebrei, come dimostra ad esempio il suo like a un post di insulti a “Zuckerberg, l’ebreo”. Probabilmente fa ancora fatica a metabolizzare i crimini del Movimento guidato dal nonno, e la parola “ebreo” è la sua madeleine proustiana rovesciata: un ricordo del passato che riaffiora, senza la dolcezza del biscotto francese, ma con il fiele del complesso irrisolto – specifico che  per “rovesciata” non intendevo “a testa in giù”, sia mai che mi ritrovi con una querela.

Un complesso che evidentemente impedisce alla Mussolini di valutare con distacco anche la verità storica. Quando  Emanuele Fiano, figlio di Nedo, ebreo deportato ad Auschwitz e unico superstite della sua famiglia, durante una seduta alla Camera definì Mussolini un “assassino”, Alessandra prese la parola e disse: “Non accetto che si dia un giudizio su mio nonno massacrato a piazzale Loreto, senza un processo! Nessuno, in quest’aula, si deve permettere di chiamare assassino mio nonno del quale ho dato il cognome ai miei tre figli.” Recentemente, ha corretto pubblicamente il Presidente della Repubblica, reo secondo la Mussolini di aver demonizzato il fascismo. Ha dunque dichiarato: “Negare in toto il fascismo è mancanza di coraggio.” Se la pone in questo modo, siamo orgogliosi di avere un Presidente pavido. Nel 2013, durante le votazioni per il Capo di Stato, ha messo in atto un vero e proprio sfregio istituzionale, indossando una maglietta che recitava “Il diavolo veste Prodi.” La Mussolini ha spiegato così il suo gesto di dissenso: “Ho chiesto qualche voto per me, per costringere la Boldrina, come la chiamo io, che è troppo comunista, a pronunciare il nome di mio nonno.” Il nome del Duce è quindi risuonato nell’aula di Montecitorio, e per lei è stato un vanto. Per il popolo italiano una rievocazione traumatica. Oltre ai discutibili interventi parlamentari, negli anni, la Mussolini si è fatta notare dal grande pubblico per i prestigiosi traguardi raggiunti: la partecipazione a momenti di alta televisione presso La pupa e il secchione e le ospitate tra Buona Domenica e Pomeriggio Cinque. Pronunciare frasi come “Meglio fascista che frocio” seduta negli studi della Rai – ricordiamolo, un servizio pubblico – l’ha resa una macchietta da schernire con leggerezza. Forse proprio questo suo atteggiamento caciarone la fa apparire, agli occhi dei più, come un personaggio folcloristico e innocuo. La sua innata tendenza a farsi notare per uscite fuori contesto, unita ai modi rustici e ai continui riferimenti anacronistici, fa certo venire voglia di spegnere il televisore. Allo stesso tempo però tiene il pubblico incollato allo schermo, incentivando i talkshow a invitarla. Ogni sua esternazione è vista come una boutade, una frase colorita, non come la dichiarazione dell’esponente politico più legato al Ventennio oggi in circolazione.

Anche qui risiede il paradosso tipicamente italiano: se le è concessa tutta questa libertà, è proprio perché suo nonno e il fascismo hanno perso e viviamo in uno stato democratico di diritto, almeno per ora. Ma anche perché, purtroppo, non abbiamo mai chiuso definitivamente i conti con il nostro passato, con i campi di concentramento italiani, con i nostri ebrei, i nostri omosessuali e portatori di handicap, i nostri dissidenti politici uccisi o deportati. È l’assenza di una definitiva condanna per il passato fascista italiano che oggi permette alla nipote di Benito Mussolini di minacciare querele per chiunque dica la verità, ricordando le nefande azioni di suo nonno. Ovviamente, nel pantano del nuovo governo, lei ci sguazza. Non ha perso occasione per sproloquiare di “Grave attacco della magistratura al governo” nel momento in cui la Lega è stata condannata a ripagare i 49 milioni di euro rubati. Molte voci parlano di un suo imminente passaggio proprio al Carroccio in vista delle Europee. D’altronde è molto affine alle politiche del segretario Salvini, tanto da dichiarare: “Fascismo? In Italia c’è un normale sovranismo,” dimostrando ancora una volta come i due termini si stiano pericolosamente allineando, fino a sfiorare i labili confini del sinonimo. La Mussolini non ha lesinato peana per il ministro dell’Interno e le sue politiche sull’immigrazione. A volte è incappata in parallelismi rischiosi, come quando ha dichiarato: “Sa cos’aveva in comune mio nonno con Matteo? La capacità di ascoltare la gente. Li ha visti, i video di Salvini su Facebook? Ha quell’aria così scanzonata, non capisci mai se è di destra o di sinistra, è sempre così positivo.” Tralasciando i paragoni con il nonno, probabilmente la Mussolini è l’unica a non capire se Salvini sia di destra o di sinistra.

Il clima politico che si sta respirando con questo governo ha rinvigorito non soltanto Alessandra Mussolini, ma tutto il fascismo impolverato d’Italia, quello che non si vedeva ma che restava attivo sotto una coltre di fumo, pronto a tornare a galla. Come se una nuova legittimazione indiretta avesse ringalluzzito quei sentimenti triviali di una fetta della popolazione, che ora può sprigionare il suo razzismo atavico giorno dopo giorno. Il senso dell’esposizione mediatica di Alessandra Mussolini è ancora ignoto. Passare da un salotto televisivo all’altro per parlare di treni che arrivavano in orario, bonifiche dell’Agropontino, o spiegare i motivi per cui è ovvio che lei non festeggi il 25 aprile, non è soltanto una stonatura in una Repubblica antifascista, ma un autogol per l’intero sistema democratico. Se per democrazia si intende la possibilità di esprimere il proprio pensiero in libertà, è altresì necessario ricordare le tappe che hanno reso possibile questo passaggio. Ovvero la caduta del fascismo, in primis. E quindi non collocare l’apologia del fascismo tra le vecchie ante di un armadio inutilizzato, ma tenere vivi nella memoria certi doveri, in quanto cittadini democratici.

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