Il governo ha deciso che i 12 mld di debiti di Roma li pagheranno tutti gli italiani

L’annuncite acuta del M5S non è una novità nel panorama politico, basti pensare al contratto con gli italiani di Berlusconi, alle promesse di Renzi o al retaggio della Prima Repubblica. L’aspetto inedito è rappresentato dal piano temporale: non è più “aboliremo la povertà”, bensì “abbiamo abolito la povertà”. Non è necessario per i grillini inscenare un futuro utopico, quando possono distorcere il presente. E così Virginia Raggi e Laura Castelli si sono riunite per annunciare, riguardo al debito di Roma, di aver “risanato i buchi creati dai vecchi politici”.

Ovviamente non solo non è così, ma il debito romano lo pagheremo tutti noi italiani.

Il 4 aprile il Consiglio dei ministri ha approvato il Decreto Crescita. L’attenzione era posta sulla questione dei rimborsi ai risparmiatori truffati dalle banche (alla fine non inserita nel testo), e così è passata quasi sottotraccia una norma che porta lo Stato a farsi carico dei debiti di Roma. Già nel 2008 lo Stato era intervenuto sottoponendo a “gestione commissariale” il Comune di Roma, in rosso di oltre 12 miliardi di euro. Per fare un paragone, i 3 milioni di cittadini della Capitale hanno accumulato un debito di 12 miliardi, mentre l’Iran, che ha 81 milioni di abitanti, ha un debito di 10 miliardi. In pratica i debiti venivano dirottati dal bilancio comunale a un’entità esterna, e ogni anno il comune di Roma doveva versare 200 milioni di euro, aiutato dai 300 milioni annui dello Stato. Nonostante questo stratagemma, è rimasto il rischio di incappare in una crisi di liquidità per il Comune: per questo si è arrivati alla norma del Decreto Crescita, che mette fine – entro il 2021 – alla gestione commissariale e appioppa il debito finanziario alle casse dello Stato.

Le proteste non sono tardate ad arrivare. D’altronde i comuni virtuosi che fanno sacrifici e attuano tagli per tenere a bada i conti hanno tutto il diritto di lamentarsi. Roberto Tasca, l’assessore al Bilancio di Milano, ha definito “indecente” questa norma. Entrando nel merito, ha spiegato: “Se non salvano così la sindaca Raggi, non la tirano fuori nemmeno con i pompieri: hanno già dato 100 milioni per le buche nelle strade di Roma, perché le buche della Capitale sono diverse da quelle di Milano. Adesso questo intervento sul debito. Se questo è un gesto di responsabilità nazionale, francamente lo trovo ridicolo”.

È giusto chiarire subito che il debito di Roma non l’ha creato Raggi, ma è la somma di decenni di amministrazioni sprovvedute. Addirittura alcuni debiti (circa un miliardo di euro) risalgono ad espropri degli anni Sessanta e Settanta, e sono rimasti senza creditore. Nessuno incolpa la sindaca per i miliardi di euro che la città si trova sul groppone, ma per aver peggiorato una situazione già delicata. Per dirla alla Taverna, “prima non si viveva in Svizzera”, ma sotto l’amministrazione Raggi i servizi sono addirittura peggiorati: la città sembra invasa da rifiuti, sporcizia, buche, parchi consegnati al degrado e ratti e gabbiani pronti a banchettare. 

Anche la principale giustificazione dei grillini, riassunta nel motto “ma almeno noi non rubiamo” sembra messa in discussione dagli arresti dei più stretti collaboratori di Raggi e nel frattempo i Tredicine continuano a imperversare in città, e al Campidoglio molti assessori si sono dati alla fuga. Inoltre ATAC (trasporti) e AMA (rifiuti) sembrano arrancare, gravando ulteriormente sui problemi della città – non è semplice immaginare una capitale dove le principali fermate della metropolitana sono chiuse per dissesti e malagestione. Adesso però, grazie alla norma “Salva Roma” non solo si crea un pericoloso precedente, ma si genera una disparità in grado di irritare il resto d’Italia, come si evince dalle proteste di molti sindaci. Per quale motivo i milanesi o i palermitani debbano pagare i buffi di Roma, oltre a gestire le proprie difficoltà che già affrontano, è una domanda più che lecita.

A questo si aggiunge la mistificazione della realtà da parte del M5S. Raggi è da anni al centro delle difese dei grillini proprio perché governare Roma voleva dire presentarsi alla prova del nove. Il fallimento amministrativo in effetti poteva lasciar presagire i disastri che stanno combinando anche al governo nazionale, con il Paese in recessione dopo anni di (lieve) crescita economica. Dunque Raggi è stata tutelata dal suo partito, e la scelta del governo di intervenire va proprio in questa direzione. Il fronte leghista pare abbia ingoiato il boccone amaro, considerando che Salvini non perde l’occasione per criticare la sindaca e sottolineare gli errori dell’amministrazione romana. Ma, come si è visto con il caso Diciotti e la TAV, questo è un governo di compromessi, di posizioni contestabili accettate tappandosi il naso, un continuo do ut des che implica la rassegnazione di una e dell’altra parte per evitare la caduta dell’esecutivo. La Lega accetta questa versione sbilenca del reddito di cittadinanza, il M5S dà il via libera per la legittima difesa e le politiche da far west del Carroccio; Salvini si china di fronte agli aiuti a Raggi, Di Maio fa passare un decreto sicurezza ai limiti della disumanità. A farne le spese sono i cittadini.

Roma non è mai stato un semplice comune, e gli interventi dello Stato non sono mancati nemmeno nel passato. Nel 2010, il governo Berlusconi fece una norma per mettere nelle casse romane 200 milioni all’anno tra entrate prese dai passeggeri in transito dagli scali romani e, soprattutto, la super-addizionale Irpef per i residenti, la cui quota aggiuntiva è del 9 per mille a Roma, rispetto all’8 del tetto nazionale. È proprio su quest’ultimo punto che Virginia Raggi ha messo i riflettori, spiegando che nel 2021, con la chiusura della gestione commissariale, l’Irpef per i romani potrà essere ridotta. Peccato che non abbia raccontato tutta la vicenda, ovvero che il debito di Roma non è scomparso nel nulla, ma è passato in carico allo Stato.

Interrogata sulla norma durante la conferenza stampa, la sottosegretaria Laura Castelli si è contraddetta più volte, parlando di “operazione win-win”, salvo poi ricordare che “lo Stato si accolla una parte del debito finanziario”. E lo Stato, è bene ricordarlo, siamo noi cittadini, non un’entità astratta che elargisce soldi e aiuta per bontà divina i comuni in difficoltà.

Quindi esiste un solo “win”: quello di Raggi, che sfrutta un governo amico per evitare il dissesto finanziario della sua città. E pazienza se gli altri comuni devono tirare la cinghia e risparmiare: loro non sono strategicamente utili a livello elettorale. Il M5S cerca di salvare il salvabile, tanto come visto, qualcuno a cui far pagare i danni lo si trova sempre. 

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