I treni sono il mezzo del futuro ma in Italia non lo abbiamo ancora capito - THE VISION

L’estate scorsa il governo spagnolo ha annunciato un’iniziativa di rimborso del 100% degli abbonamenti su tutti i treni locali e regionali tra settembre e dicembre, con l’unica eccezione di quelli ad alta velocità e lunga percorrenza; ma già in precedenza c’era stato un bonus del 50% sui biglietti per i pendolari. Una manna dal cielo per i cittadini spagnoli, specialmente in una fase di inflazione galoppante e caro bollette, il cui annuncio è arrivato in contemporanea con l’iniziativa del governo federale tedesco, che ha introdotto un abbonamento speciale per i tre mesi estivi del costo di 9 euro al mese, con cui è stato possibile viaggiare illimitatamente in tutta la Germania.

Oltre alla gioia dei viaggiatori – tra cui anche una certa quota di turisti – la riduzione del costo dei treni ha avuto altri risvolti positivi, come la riduzione del traffico: grazie ai 21 milioni di biglietti venduti nel solo mese di giugno, infatti, gli ingorghi stradali sono risultati nettamente ridotti nella quasi totalità delle città monitorate, il che ha portato anche una diminuzione dei tempi di percorrenza e quindi dello stress per i viaggiatori, oltre che dello smog. Il successo della proposta è stato così grande che ha spinto le autorità a incrementare i convogli, con 250 viaggi aggiuntivi al giorno. Comunque insufficienti, perché l’iniziativa – comunicata come un incentivo al risparmio di carburante – si è scontrata con i limiti numerici del personale a disposizione e dei veicoli, a dimostrazione del fatto che anche in Germania, nonostante le buone intenzioni, non è tutto perfetto: anche qui c’è bisogno di puntare di più sul trasporto pubblico. Nonostante gli esempi virtuosi, poi – come quello dell’Austria, dove il numero di chilometri percorsi in treno a persona è del doppio rispetto alla media dell’Unione Europea, grazie a investimenti nelle infrastrutture e frequenza dei collegamenti – il comparto dei trasporti su rotaia anche in Europa non è abbastanza sviluppato. In Italia, in particolare, il settore resta relativamente poco sviluppato e molto problematico, nonostante alcuni recenti interventi, tra cui il decreto per la ripartizione di 55 milioni di euro del PNNR per l’acquisto di mezzi per il trasporto merci ferroviario, mentre oltre 101 milioni di euro del Fondo europeo di sviluppo regionale andranno al potenziamento dell’asse ferroviario Palermo-Catania-Messina.

Già nel 2016 l’Agenzia Europea dell’Ambiente presentava il settore dei trasporti come uno dei grandi nodi da affrontare, un settore chiave per il futuro, auspicando l’impegno della politica a incrementare i mezzi pubblici e sostenibili. La verità, però, è che da allora le cose non sono migliorate poi tanto. E, tra una pandemia e una guerra, la rete ferroviaria non sembra figurare tra le priorità nelle agende dei governi, come invece dovrebbe. I costi del carburante – nel frattempo schizzati alle stelle – dovrebbero fornire un’occasione in più per riflettere sull’importanza del settore per ridurre le emissioni inquinanti del traffico stradale e autostradale, con il risultato di migliorare la qualità della vita di tutti.

Considerando che tra il 1990 e il 2018 il traffico totale in Italia è aumentato del 4,6% – un dato che contribuisce agli ingorghi sulle nostre strade e ad ammorbare l’aria di tutto il Paese – è chiaro che il problema va affrontato su più fronti, a partire dal trasporto delle merci. Anche per il commercio e l’industria, infatti, il trasporto su ferro può rivelarsi molto conveniente grazie ai vantaggi dell’intermodalità che, impiegando diversi mezzi di trasporto e dando la priorità ai treni, riduce in media le emissioni di anidride carbonica del 55% rispetto al solo trasporto su gomma. Non poco, considerando che sono oltre 3600 i miliardi di tonnellate di merci per chilometro movimentate in un anno in Europa, con quasi 900 milioni di tonnellate di merci spostate su strada ogni anno in Italia.

I tempi di percorrenza, inoltre, sarebbero ridotti grazie all’assenza degli ingorghi e dei limiti che giustamente ordinano le giornate lavorative degli autisti, che per legge non possono guidare più di nove ore al giorno e devono fare una pausa di 45 minuti ogni quattro ore e mezza al massimo, secondo regole che peraltro non impediscono che quello del camionista sia un lavoro duro e mal pagato, tanto che oggi non è facile trovare chi sia disposto a farlo. A questo si aggiungono i tempi morti di attesa di carico e scarico, specialmente in Italia. Incrementare i trasporti ferroviari per le merci ridurrebbe nettamente questi problemi, e, grazie anche alla programmazione dell’orario dei treni, renderebbe anche più semplice prevedere quando il carico arriverà a destinazione. Un fattore non indifferente è poi la sicurezza: il treno, infatti, è un mezzo molto più sicuro sia in relazione ai tir per il trasporto merci, che ai veicoli dei trasporti passeggeri. In un anno, in Italia, i decessi legati agli incidenti ferroviari – dovuti per lo più alla presenza di persone sui binari – sono ampiamente sotto il centinaio, in contrapposizione alle due e alle quattro ruote, che nel 2021 sono state responsabili di oltre 2800 morti e più di 200mila feriti.

L’aereo resta il mezzo più sicuro per viaggiare, ma il suo impatto ambientale è incomparabile con quello del treno, che invece contribuisce per appena lo 0,4% – ascrivibile peraltro ai soli treni a diesel che ancora sopravvivono – al totale delle emissioni inquinanti provenienti dal settore dei trasporti. Quelle degli spostamenti su gomma, tra il 1990 e il 2017, hanno registrato un calo grazie ai miglioramenti tecnologici, ma la qualità dell’aria continua a non rispettare i limiti stabiliti dalla normativa europea. E considerando che i trasporti consumano un terzo di tutta l’energia prodotta nell’Unione Europea, di cui la maggior parte proveniente dal petrolio, è chiaro il ruolo chiave del settore nella crisi climatica. Non a caso i documenti strategici europei si concentrano sulla decarbonizzazione dei trasporti: è evidente che è proprio il treno il mezzo da incentivare per i viaggi di medio e lungo raggio, da integrare con i veicoli della micromobilità, anche elettrica, come biciclette e monopattini – incrementando, per esempio, i vagoni dedicati al trasporto biciclette e magari offrendo biglietti scontati a chi li sfrutta – ma anche con autobus, tram e metropolitane, mezzi perfetti per gli spostamenti in città, che in questo modo possono diventare molto più sostenibili. Il vantaggio ambientale è ancora più netto, poi, se si fa come le Ferrovie federali austriache, che dal 2019 utilizzano quasi unicamente energia da fonti energetiche rinnovabili, gestendo loro stesse otto centrali idroelettriche e una centrale solare.

Sulle medie distanze, poi, i vantaggi del treno rispetto ad automobile e aereo sono anche altri: il treno permette di partire e arrivare direttamente in città, senza lo stress e i tempi morti di doversi presentare due ore prima della partenza; tutto considerato, quindi, i viaggi in treno possono diventare persino più rapidi, oltre a non necessitare di controlli e limiti di peso e dimensioni sul bagaglio. Allo stesso tempo, si tratta di un mezzo molto più rilassante rispetto alle quattro ruote, perché evita di finire imbottigliati nel traffico e, non essendo impegnati alla guida, permette di fare ciò che si vuole, da leggere a lavorare al computer, da fare telefonate a dormire: più di quanto permesso in auto o aereo. Perché il treno diventi un mezzo di trasporto di massa per i passeggeri, però, il vero ostacolo sono i costi. Nonostante quello ferroviario, infatti, sia il settore dei trasporti che riceve più finanziamenti dall’Unione Europea, i viaggi risultano spesso più costosi delle alternative, specialmente se si considerano gli aumenti dei prezzi negli ultimi dieci anni a cui, tra l’altro, non sono corrisposti miglioramenti del servizio; sui voli aerei, invece, non vengono riscosse né l’Iva né la tassa sul carburante, fattori che contribuiscono a mantenere relativamente bassi i costi dei biglietti, anche se sembra stia finendo l’epoca dei voli low cost.

Si tratta di un nodo da sciogliere per inseguire gli obiettivi climatici di riduzione dei gas serra, contro cui remano l’ampliamento delle reti stradali e i finanziamenti agli aeroporti regionali, come denunciano le associazioni per il trasporto sostenibile come l’austriaca Vcö. Diversi Stati stanno sfruttando le sovvenzioni europee per abbassare le tariffe ferroviarie, come Slovacchia e Ungheria, dove i viaggi in treno sono gratuiti per i passeggeri a basso reddito, mentre l’Austria ha introdotto un abbonamento annuale per tutti i trasporti pubblici del Paese a 3 euro al giorno. In Italia siamo lontani anni luce: non sono state previste misure né nazionali né regionali, nemmeno per il 2021, Anno Europeo delle Ferrovie. Solo alcuni comuni hanno preso spontaneamente l’iniziativa sul proprio territorio: a Genova, per esempio, la metropolitana è stata resa gratuita al di fuori degli orari di punta – sperimentando una crescita del 20% – mentre lo sono tutto il giorno le funicolari, che hanno visto un incremento dell’affluenza del 30%. Un bel risultato che dimostra che i cittadini usano e apprezzano i trasporti pubblici, che però tendenzialmente costano troppo e sono inaffidabili, tra proverbiali ritardi e linee obsolete

Ciò di cui c’è bisogno urgentemente sono interventi strutturali: oltre a tagliare le emissioni dei singoli veicoli, bisogna infatti incentivare fortemente il trasporto pubblico, sia urbano che extraurbano, a partire proprio dai treni. Puntarvi è un’opportunità chiave per le Smart City per implementare le iniziative di connessione e integrazione tra mezzi pubblici e privati, per migliorare la qualità della vita e ridurre radicalmente le emissioni inquinanti. Non abbiamo altra scelta: è il treno il mezzo del futuro.


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