Cosa c’è di razionale nel bisogno di leggere l’oroscopo? - THE VISION

L’astrologia è tornata di moda, la si infila un po’ dappertutto, anche solo per una citazione.“Sono uscito stasera ma non ho letto l’oroscopo,” canta Calcutta nell’attacco di uno dei suoi pezzi più famosi. Non è più una faccenda da megere illetterate che, sulle emittenti private, dispensano numeri del lotto immerse nelle scritte in sovrimpressione, né la si trova solo sull’ultima pagina dei settimanali. Su internet i segni zodiacali diventano meme, le pagine Instagram e Facebook a tema sono in continua crescita. Negli Stati Uniti, per esempio, è sorta una specie di controcultura d’ispirazione esoterica che unisce l’astrologia e i tarocchi alle istanze femministe, LGBT e di lotta agli stereotipi. Ragazze appassionate di divinazione si auto-attribuiscono pubblicamente il titolo di “strega”, recuperando una delle icone delle lotte degli anni ’70. C’è chi fonda brand e riviste, e chi ci costruisce una carriera: il linguaggio alternativo delle arti divinatorie diventa un’altra forma di diversità, accanto a quelle di genere o orientamento sessuale. In Italia il fenomeno è meno eclatante, ma, che sia quello democristiano e rassicurante di Paolo Fox o quello visionario e colto di Brezsny su Internazionale, di oroscopo si parla anche qui sempre più spesso.

Breszny

Da Branko all’appena scomparsa Sirio, passando per il più pretenzioso Pesatori, che rifiuta l’etichetta di astrologo perché secondo lui “in Italia dire astrologo è come dire zoccola”, c’è un vasto assortimento di astrologi mediatici, allo stesso tempo sbeffeggiati o consultati in modo compulsivo. Scomparsi dai salotti Tv, gli oroscopi sono finiti in rete e qui sono esplosi, facendosi più attuali, eruditi e intriganti. Lo dicono i numeri (ci sono magazine che parlano di un incremento di visualizzazioni del 150%) e non solo quelli: articoli sull’argomento vengono commissionati anche dalle redazioni più “snob”, perché, oggi, più che rifiutare l’oroscopo l’intellettuale preferisce leggerne uno raffinato, o raccontare il suo rapporto con le previsioni, autocelebrando i propri tic. Sul perché tutto ciò stia accadendo, ci sono varie teorie: si va dall’aumento dello stress nella generazione dei millennials, al piacere narcisistico del sentire parlare di sé, alla quantità di tempo passata online, in un mondo che è allo stesso tempo reale e irreale, potrebbe avere il suo peso. Se oggi l’astrologia va così di moda, potrebbe essere perché si colloca in quello spazio a metà tra scetticismo e convinzione in cui tutti ci muoviamo.

Dunque, la generazione dei fan di Alberto Angela è anche piena di lettori dell’oroscopo. Eppure per anni ci siamo ripetuti che l’astrologia non ha alcun fondamento scientifico: è un reperto di epoche preistoriche, frutto di superstizione e pensiero magico. Non ci sarebbe neanche bisogno di ribadirlo: le sue armi predittive sono quantomeno spuntate. Lo dimostra da tempo il Cicap, che con costanza raccoglie gli errori e le previsioni fallimentari della lettura degli astri. A spiegarci il contraddittorio successo dell’astrologia c’è poi l’effetto Forer, frutto di uno studio del 1948 condotto dallo psicologo Bertram Forer. Il fenomeno, detto anche “effetto Barnum” – dal nome del celebre imprenditore americano che a metà Ottocento diede vita a un circo pieno di figure improbabili e artefatte – mette a fuoco la nostra predisposizione a credere ad analisi vaghe sulla nostra personalità. Forer nel suo esperimento sottopose a 39 persone un’analisi della personalità – 13 affermazioni generali estratte dalla descrizione di diversi segni zodiacali – uguale per tutti, dimostrando che le persone tendono a riconoscersi nelle descrizioni caratteriali che vengono loro proposte, soprattutto se credono che l’analisi sia stata preparata da qualcuno di autorevole e competente e se attribuisce loro molte caratteristiche positive.

Bertram Forer

Da questo punto di vista, l’astrologia appaga la mente. Lo fa sfruttando il cosiddetto confirmation bias, un automatismo del cervello che fa sì che diamo più attenzione e credibilità a quelle notizie che confermano le nostre convinzioni, e viceversa ignoriamo e sminuiamo le informazioni che le contraddicono. Nell’era della post-verità, la coabitazione orizzontale delle contraddizioni si sposa bene con la fumosità epistemologica degli oroscopi. L’astrologia non dà informazioni reali: le sue affermazioni sono infalsificabili, perché sono fatte apposta per non poter sbagliare. L’assenza di un contenuto preciso funziona da cornice vuota dentro alla quale ognuno può proiettare quello che vuole. Chi ascolta l’oroscopo seleziona, interpreta, adatta: viene colpito dalle coincidenze e tralascia il resto.

Se vi siete mai trovati a parlare con qualcuno che conosce la materia, vi sarete accorti che l’astrologia combina un sacco di variabili per dare l’impressione di “prenderci”: c’è il segno, ma anche l’ascendente, le case, le cuspidi, gli aspetti tra i pianeti, i transiti. Il tema natale è tutt’altro che univoco: di base ognuno ci vede un po’ quello che vuole. Se sei del Leone, ma non sei egocentrico e accentratore come il segno vorrebbe, c’è lì l’ascendente, subito pronto a spiegare la cosa; se questo non bastasse, allora è perché hai la Luna in un certo segno, o Mercurio, Marte o Giove opposti a Venere, Urano che ti fa la quadratura a Saturno. I suoi assi nella manica non finiscono mai.

L’osservatorio di Kitt Peak in Arizona, USA

Il filosofo tedesco Theodor Adorno, negli anni ’50, ha scritto Stars down to earth, un saggio molto critico sul ruolo dell’astrologia nella società contemporanea. Analizzando la rubrica astrologica del Los Angeles Times, dal novembre del ’52 al febbraio del ’53, il filosofo ha concluso che il fruitore ideale dell’astrologia doveva essere una persona ansiosa, semicolta, narcisista e dipendente, convinta che altri sappiano meglio di lui ciò che lui stesso deve, o non deve fare. L’oroscopo è per Adorno una specie di “spiritismo di buon senso”, fatto di consigli che si potrebbero dare anche senza le stelle; è frutto del “disagio della civiltà” e, come molti prodotti dell’industria culturale, serve a bloccare il pensiero critico, riempiendo la mente di immagini. Ad esempio, si corre il rischio di entrare in una forma mentis per la quale si imputano tutti i propri difetti alla “natura astrologica”, diventando indulgenti con se stessi e affidandosi alle cosiddette “profezie che si auto-avverano”. Inoltre, prendere sul serio le prescrizioni astrologiche alimenta i pregiudizi: la pretesa di conoscere una persona attraverso le caratteristiche del suo segno è molto rassicurante e adatta ai ritmi dei social media, ma produce stereotipi.

Theodor Adorno

Non credo però che l’opposizione razionale-irrazionale sia l’unico modo di parlare della fortuna millenaria dell’oroscopo, nel quale non c’è quasi niente di razionale, se non il nostro bisogno di leggerlo. Si dice anche che l’astrologia piace perché riduce l’ansia, e in parte è così. Ma più interessante mi sembra l’idea che le persone siano “animali narrativi” che hanno bisogno di legare in sequenze sensate i pezzi della loro vita. Amano unire passato, presente e futuro in schemi teleologici, orientati. L’astrologia è soprattutto una questione di narrazione. All’oroscopo, come dice Maurizio Ferraris, si chiede lo script della nostra vita; ci sembra di leggere in anticipo la sceneggiatura che ha al centro la nostra identità, e non importa che sia “vero”. La maggior parte di noi lo dimentica subito dopo averlo consultato.

Maurizio Ferraris

In sostanza, si può leggere l’oroscopo senza credere all’astrologia, percependolo come un micro-racconto su misura, a puntate, una posta il cui contenuto conta poco. È piuttosto il suo tragitto che ci attrae, la sua provenienza. Lo zodiaco promette previsioni, ma non mantiene la promessa. Eppure, se scritto bene, non lascia del tutto a mani vuote. Per questo l’astrologia previsionale non dovrebbe trovare proseliti: gli oroscopi che danno i voti – tre stelline all’amore, due alla salute, una al lavoro – non hanno ragione di esistere. Ancora oggi l’astrologo può, al massimo, smuovere l’immaginazione e accendere nella mente figure archetipiche che si rifanno alla mitologia, non certo dire come andrà il futuro. Il metro di giudizio più adatto per una disciplina che non può avere nessuna pretesa razionale e scientifica è quello dell’effetto estetico: si tratta di parole, di scrittura – meglio ancora se è ben fatta.

Se ci piace leggere l’oroscopo, quindi, facciamolo. Ma, esattamente come non pretenderemmo di avere dritte sulla nostra salute o sul nostro destino professionale dall’ultimo film di Wes Anderson o Xavier Dolan, evitiamo di farlo anche con l’astrologia, che è un semplice prodotto di intrattenimento, non una protesi del nostro libero arbitrio.

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