Mi sono sottoposto a una seduta di rebirthing - THE VISION

Negli anni ’60-’70 l’Occidente e gli Usa in particolare vivono l’epoca d’oro di guru, sette, religioni pagane, comunità, terapie alternative, esoterismi e misticismi vari. Poi, nel 1978 a Jonestown i membri del People’s Temple si suicidano per fuggire dalla CIA, nel 1994 i seguaci de l’Ordine del Tempio Solare si suicidano per risorgere, nel 1995 i seguaci dell’Aun Shinrikayo gassano 6mila persone, nel 1996 i seguaci di David Koresh si suicidano per seguire il figlio di Dio e nel 1997 i seguaci dell’Heaven’s Gate si suicidano per salire a bordo di una cometa. Il grande pubblico scopre che religioni nuove hanno conclusioni tradizionali e abbandona il misticismo. Con l’avvento di Internet, però, eccole rispuntare fuori.

Leonard D. Orr è nato a Walton nel 1934, anche se preferisce mantenere la sua età “un segreto metafisico”. A 24 anni ha una visione mentre galleggia nella sua vasca da bagno: ne emerge e fonda il Rebirthing, un movimento che promette la vita eterna. L’ennesimo culto pagano che attinge un po’ dall’iconografia orientale, un po’ dalla psicologia spiccia e il minimo indispensabile dalla realtà. Orr, che la presenta come una terapia in grado di guarire stress, ansia, scelte di vita sbagliate, sfortune, scrive molti libri, tra cui il titolo “Interrompere l’abitudine di morire”. Poi mette in piedi dei centri per i suoi adepti, vive e viaggia grazie alle loro donazioni, partorisce aforismi brillanti come “Sono felice di essere fuori dall’utero così da potermi esprimere completamente e liberamente”, “Non sono più spaventato dal mio respiro”, “L’universo canta nei miei atomi” e il mio preferito:

“Se ti elevi a Dio non puoi sbagliare, dunque puoi decidere di essere sposato un giorno, di non essere sposato la notte stessa e di andare con un’altra donna, e poi decidere di essere sposato il giorno dopo”.

Il Rebirthing va alla grande, almeno fino al 2000 e alla morte di Candace Newmaker. A quanto pare la terapia alternativa di rinascita consiste nell’avvolgere una bambina di dieci anni nei cuscini e nel farci sedere sopra quattro persone: Candace grida di non riuscire a respirare per ben undici volte, poi muore asfissiata. Nel 2006 un migliaio di medici americani bolla il Rebirthing come pratica truffaldina e/o inefficace – qui l’articolo completo – e nel 2008 gli Usa propongono di renderlo illegale. In Colorado, per dire, lo è già.

In Italia, però, scopro che sono ancora molte le persone che lo praticano. Avvio su Google la ricerca del centro più vicino e mi imbatto un sito pieno di testimonianze: leggo di gente che durante le sedute ha avuto apparizioni e rivelazioni. Uno s’è sentito sollevare dal lettino, un’altra ha rivissuto l’esperienza dell’utero materno, un’altra ancora si è addirittura ricordata di quando da piccola ha avuto un rapporto sessuale con un’entità sovrannaturale. Tutto grazie a questa rebirther di acclaratissima fama. Clicco per saperne di più e nella descrizione del suo profilo scopro che ha una laurea al Dams in Scienze storiche e orientalistiche  che è andata in Colombia a provare l’ayahuasca – e non è mai tornata – e che poi in India ha appreso quelle antiche tecniche di guarigione che permettono agli abitanti del terzo mondo di avere un’aspettativa di vita di ben 18 anni. Si è poi dedicata alla psicologia transpersonale per raggiungere “stati ampliati di coscienza”– non so se con l’aiuto di sostanze psicotrope o meno – e finito il vagabondaggio in stile Naruto è tornata in Italia, si è autoproclamata “dottoressa” e si è dedicata a salvare il mondo, un rebirthing alla volta. Chiamo e richiedo una seduta di prova.

«Mmm. Questa è una settimana molto piena», risponde la voce di una vecchia. «Non so se riesco a trovare un buco.»

«Non importa, la richiamo.»

«Nonono aspetti, tra due ore va bene?»

Sul campanello del condominio c’è scritto appunto “dottoressa”. Suono, risponde. Mi dice che il portiere purtroppo non può venirmi incontro perché è impazzito e che quindi devo trovare lo studio da me.

«Come impazzito?», domando.

«Scenda le scale del seminterrato, faccia tutto il corridoio, la seconda porta a sinistra.»

Mi guardo le spalle, temendo un agguato, e raggiungo l’ingresso. Trovo una donna di circa settant’anni, capelli tinti con l’henné, come i tatuaggi che ha sulle mani, il viso arcigno delle sessantottine partite per cambiare il mondo e arrivate a non riuscire a cambiare canale. Lo studio è un garage pieno di teli etnici arancio-blerde di quelli che ti vendono in spiaggia, tappeti, mobiletti in rattan e bambù coperti di Buddhanate di plastica, piante finte, fontanelle cinesi, libri coi titoli in font Papyrus.

«Non mi chiede quanti soldi le ho portato?», azzardo.

«Non le farei mai una domanda del genere.»

«Ma Leonard Orr l’ha fatta a una sua adepta.»

«Chi?»

«Leonard Orr. Il fondatore del Rebirthing.»

«Ah, certo, certo. Avrà avuto i suoi buoni motivi.»

C’è quell’odore d’incenso e piedi tipico delle stanze universitarie anni ’90, quando lei tra canne e Peroni bofonchiava cazzate indicibili e tu annuivi perché volevi orgiarla con l’amica bisex. Al centro dell’etni-garage c’è una scrivania chiaramente sottratta a una scuola pubblica e due sedie coi cuscini rifoderati, forse grattati da qualche discarica. La rebirther mi fa cenno di sedere, poi mi si sistema di fronte.

«Vuole farmi delle domande, prima di iniziare?», e mi guarda.

«Sì, cos’è successo al portiere?»

«Iniziamo. Mi dica perché è qui.»

«Ho letto la storia di Orr e sono rimasto affascinato dalle sue teorie.»

«Un grande uomo.»

«Lei avrà letto tutti i suoi libri, immagino.»

«Certo.»

«Le è piaciuto “La metamorfosi”?»

«Certo, certo. Ma mi racconti di lei.»

Pensavo fosse uno di quei posti dove parlano solo loro e se provi a dire qualcosa ti interrompono. Qui invece fanno domande e io non ho una storia pronta. Dico di essere un marinaio che all’improvviso ha iniziato a soffrire il mal di mare e che questo ha compromesso la mia vita lavorativa.

«Da quando sono iniziati gli attacchi?»

«Non lo so. Forse da quando ho respirato le scie chimiche.»

Piccola pausa, poi lei mormora: «Non è il solo».

«MA ALLORA SONO REALI!»

Annuisce con aria solenne.

Mi ascolta farneticare le cazzate che mi hanno propinato per una vita. Sono di Mestre, dopotutto, e per ignoranza e improvvisazione noi non siamo secondi a nessuno. Potrei tenere su ‘sto circo di banalità e frasi fatte per settimane e infatti per un’ora tiro in ballo energie, fantasmi, slot machines, mutui per le ferie, cocaina e tanta voglia di vincere. Lei ascolta rispondendo colpo su colpo, cazzata su cazzata, senza mai scomporsi.

«Alla fine, chi si accontenta gode», dico.

«Ognuno ha i suoi gusti», risponde.

«Non è bello ciò che è bello, ma è bello ciò che piace.»

«È tutto un magna magna.»

Cristo, è brava davvero.

Un’ora dopo mi chiede di togliere scarpe, cintura e orologio. Poi mi fa stendere su un lettino, mi copre con un telo scuro dalla fantasia new age, inserisce nello stereo un CD masterizzato contenente un loop di musiche tibetane e mi dice di respirare a tempo con lei. Data la velocità in meno di due minuti entro in iperventilazione, mentre mani e i piedi iniziano a formicolare. Faccio presente la cosa e la dottoressa mi informa che si tratta del prana, l’energia vitale del mio essere che rimossi i blocchi quotidiani si sta sprigionando. Mi spiega che al mondo esistono uomini che non mangiano da anni e si nutrono solo di prana.

Mi tiene gli occhi chiusi con una mano e con l’altra mi tocca il petto e la fronte, nei punti che definisce i miei chakra. Mi chiede di liberarmi, di confessare il trauma che mi ha cambiato la vita. Insiste, mentre i cori e i campanellini ci danno giù pesi e il suo tocco diventa convinto e i monaci cantano, la testa gira, l’incenso, il prana, lei che grida «Lìberati!», tutto va in crescendo e io non so cosa dire, finché in un vortice d’emozioni e paure e angosce e sensazioni sbotto: «Miranda tumbala». Non so perché mi sia venuto in mente Ramaya di Afric Simone, ma non esiste situazione mistica che non si possa risolvere citando dei suoi versi a caso. Non si discute: qualunque cosa ti dica qualcuno, se rispondi “Ehi jamboji, bara barà” si bloccherà.

La rebirther, finalmente, sembra appagata. La sua respirazione rallenta. Cambia musica, dice che i miei chakra sono finalmente aperti e mi ordina di mettermi a sedere. Appena lo faccio la stanza gira. A quel punto mi chiede se voglio sottopormi al ciclo di dieci sedute per soli mille euro.

«Un attimo che sono ancora sballato dal prana», dico io.

«No, è importante che decida adesso. Durante la seduta ha pronunciato il nome di una donna: Miranda. Dovremmo scoprire di più su di lei.»

Ho capito. Il rebirthing è psichiatria omeopatica. Se vai dallo psicologo ammetti di avere un problema. Se accetti di prendere medicine vere, significa che ammetti di essere malato. Confessarti qui dentro invece ti fa sentire felice, rinvigorito, accettato e accolto. Non sei malato. Non hai colpe, né responsabilità. Non devi metterti in discussione, né ammettere di non sapere un cazzo di niente. Puoi tenerti gli aforismi di Vasco, i tatuaggi tribali, le sparate giustizialiste e una minorenne imbavagliata nel portabagagli.

«Bè, ci penso e le telefono», dico, rivestendomi.

«La seduta di prova sono comunque cento euro», precisa.

«Aveva detto che era gratuita.»

«Non ricordo.»

«Ho solo il bancomat», dico, mostrando il portafogli vuoto.

«Ma io non ho il pos!»

«Ah, che scelta bizzarra. Beh, le consegno tutto la prossima volta. Altrimenti posso pagarla in prana, haha.»

«Haha.»

Riemergo da quel seminterrato, esco alla luce del sole. Infilo le cuffie e a carponi mi trascino nella mia nuova vita.

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