La filosofia può rendere pensabile l’impensabile

A metà degli anni Novanta, Joseph Overton, ricercatore del think tank statunitense Mackinac Center for Public Policy, propose l’idea di una “finestra” di pratiche considerate socialmente accettabili in un dato contesto, conosciuta oggi come la “teoria della finestra delle possibilità politiche di Overton”. Il compito dei think tank, secondo Overton, non doveva essere quello di appoggiare determinate politiche, ma quello di spostare questa finestra delle possibilità, in modo che soluzioni precedentemente considerate impensabili o scioccanti per la sensibilità dei contemporanei diventassero parte del dibattito pubblico.

Overton pensava che fosse inutile insistere su politiche che l’opinione pubblica avrebbe ritenuto inaccettabili perché nessun politico, o quasi, le avrebbe appoggiate. Al contrario, riteneva fosse meglio sforzarsi per spostare il dibattito in modo che simili soluzioni cominciassero ad apparire meno radicali, in modo da rendere più probabile l’eventualità che qualche politico le facesse proprie. Ad esempio, sensibilizzare il pubblico sui temi del cambiamento climatico può essere più efficace nel prepararlo ad accettare future limitazioni sull’uso dei motori diesel rispetto a mobilitarsi direttamente per un divieto dei veicoli inquinanti. 

Overton parlava nello specifico delle attività dei think tankers, ma i anche filosofi e teorici dell’etica applicata potrebbero prendere in considerazione la sua teoria della finestra. Per sua natura, l’etica applicata si occupa di temi controversi, sensibili sul piano politico. Allo stesso tempo, è compito del filosofo dedicarsi all’”igiene concettuale” o, come descritta dalla filosofa britannica Mary Midgley, all’”idraulica filosofica”: chiarire e ottimizzare, individuare le affermazioni ingiustificate e indicare i possibili punti di incontro.

Mary Madgley

Proprio per questo, i filosofi sono spesso contenti di applicare le loro competenze a soggetti nuovi. Questa tendenza potrebbe generare frustrazione tra coloro che si occupano di una determinata materia, e alcune volte è anche un sentimento giustificato: i filosofi possono essere naïf nel loro modo di contribuire al dibattito in aree complesse di cui non hanno la familiarità necessaria, che richiede tempo e dedizione. È anche vero però che una prospettiva esterna può essere utile. Se da un lato raramente l’apporto filosofico è del tutto corretto, dall’altro c’è da dire che lo standard è troppo alto quando si tratta di temi che generano un dibattito acceso e molto divisivo, come ad esempio nel caso dell’etica applicata. Per questo, dai filosofi dovremmo aspettarci che offrano un elemento di contrasto rispetto al senso comune, alle norme prestabilite e al pregiudizio dottrinale.

Gli eticisti, quantomeno nell’ambito accademico, sono incoraggiati a essere scettici nei confronti dell’intuizione e dell’idea che i valori possano semplicemente essere dedotti dai fatti. I filosofi hanno poi una certa familiarità con gli esperimenti del pensiero: descrizioni ipotetiche e artificiose della realtà che possono essere utili a chiarire alcune intuizioni, così come le implicazioni di un’asserzione filosofica. Questa loro caratteristica ci aiuta a capire come mai spesso i filosofi sposino pubblicamente posizioni che possono sembrare contro-intuitive, fuori dal pensiero mainstream, e che persino loro non appoggiano a livello personale.

Questo atteggiamento può servire a spostare, e forse allargare, la finestra di Overton. È una cosa buona? A volte i filosofi davvero sposano teorie che sono molto al di fuori rispetto al concetto di “rispettabilità”; conclusioni che possono essere anche strumentalizzare da intolleranti, razzisti, sessisti o fondamentalisti per supportare le loro istanze. È comprensibile che chiunque si senta minacciato da questo genere di idee non voglia nemmeno che gli argomenti che possono anche lontanamente supportarle compaiano nel dibattito pubblico; vorrebbero che fossero semplicemente tagliati fuori dalla discussione, ignorati.

Tuttavia, la libertà di testare i limiti dell’argomentazione e dell’intuizione è fondamentale per la pratica filosofica. Ci sono abbastanza esempi di ortodossie che nella storia sono state superate – il diritto di voto per le donne, l’abolizione della schiavitù, la decriminalizzazione delle relazioni omosessuali – per dire che la forza e la pervasività di una convinzione non ne indicano né la bontà, né la sua immutabilità. 

Può essere tedioso ridiscutere continuamente il ruolo della donna nel mercato del lavoro, l’aborto, la capacità degli animali di provare dolore, ma mettere a tacere la discussione può avere conseguenze molto peggiori. Chiunque voglia fare un tentativo genuino di risolvere dilemmi etici controversi deve essere consapevole che la comprensione di un tema arriva anche attraverso le analisi sbagliate e il loro superamento. La maggior parte delle teorie scientifiche (o forse tutte) non descrivono o predicono alla perfezione i meccanismi di funzionamento del mondo. Tuttavia, in quanto sforzi collettivi, possono servire a identificare gli errori e avvicinarsi gradualmente alla “verità”. D’altro canto, le verità etiche sono più difficili da raggiungere, è richiesta una metodologia diversa per arrivare a un’approssimazione sufficiente, ma parte di questo modello necessita comunque di molto spazio per l’errore.

È una sfortuna, ma è vero che le idee sbagliate a volte sono semplicemente indebolite da un ragionamento fallace, e anche che, a volte, persino coloro che sposano visioni del mondo false e offensive possono dire qualcosa di vero. Prendiamo in considerazione l’idea del “è nato/a in questo modo” come argomento a supporto della teoria errata che esista una base genetica che indica l’ammissibilità dei rapporti omosessuali. Anche se questo assunto può convincere qualcuno, può essere problematico se arriva a concludere che l’omosessualità non è geneticamente determinata. I dibattiti inerenti alla “guerra tra culture” nei campus statunitensi hanno attirato molte critiche ad hominem, pensate per screditare la posizione degli autori puntando sul fatto che essi rappresentavano una certa fascia demografica (maschi bianchi di classe media) o che condividevano alcune visioni con personaggi pessimi, e quindi non erano degni di contribuire al dibattito. Il compito della filosofia è proprio quello di identificare questo genere di scorrettezza intellettuale e mantenere il dibattito sul tema, e a volte questo richiede anche difendere idee o personaggi malvagi.

Trovarsi in questo processo può essere intimidatorio; difendere una posizione impopolare può renderti un buon target per critiche puntuali e ponderate, ma anche per attacchi generalizzanti e personali. Le posizioni controverse su temi largamente contestati attirano molta più attenzione delle riflessioni filosofiche astratte su tematiche di nicchia. Questo significa che, in effetti, alle prime si richiede di essere molto più rigorose delle ultime, affinché possano prevedere e scansare eventuali fraintendimenti e decontestualizzazioni – tutto questo mentre si contribuisce a un’area interdisciplinare che richiede la comprensione non solo del meccanismo del pensiero filosofico, ma anche, ad esempio, nozioni di medicina, legge, scienze naturali e sociali, politica e molte altre materie. Può essere molto oneroso.

Non voglio però che questo articolo passi per un’apologia delle provocazioni sensazionalistiche e avventate che puntano solo a dare adito a controversie, siano esse pronunciate da filosofi o meno. Dobbiamo tenere presente la funzione sociale dell’etica applicata mentre tentiamo di allargare la finestra di Overton per spingere il dibattito pubblico o politico verso una deliberazione ragionata o un rispettoso dissenso. Questo processo può dare spazio a idee che molti trovano offensive o semplicemente sbagliate, così come a teorie sensate e ragionevoli. È comprensibile che coloro che sono personalmente coinvolti in un dato dibattito vogliano restringere la finestra per spingerlo nella direzione di quelle idee che trovano innocue, lasciando fuori quelle minacciose. I filosofi però hanno un dovere professionale in quanto idraulici concettuali, che è quello di mantenere tutto il sistema in uno stato di buon funzionamento.  Per questo sta a loro innalzare gli standard disciplinari del rigore accademico e dell’onestà intellettuale, essenziali per la riflessione etica, confidando nel fatto che questi sforzi, alla fine, ci porteranno gradualmente nella giusta direzione.

Questo articolo è stato tradotto da Aeon.

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