Tutti considerano la filosofia inutile invece è la base di tutti i processi di innovazione aziendale - THE VISION

Da diversi anni la filosofia sta vivendo un declino nella considerazione da parte della società, sempre più confinata nel campo delle speculazioni astratte in contrapposizione a quelle che vengono definite le “discipline utili”. Questo succede nelle scuole, ormai concepite come corsi di avviamento al mondo del lavoro, e nelle università, dove la facoltà di filosofia viene vista da molti come l’anticamera del servire panini in una catena di fast food. Questa concezione, figlia dei pregiudizi di un’era usa e getta refrattaria alla complessità del pensiero, è molto lontana dal ruolo che la filosofia ha avuto nella storia dell’umanità di memoria e fondamento dell’idea stessa di civiltà. Alla domanda “a cosa serve la filosofia?” ha già risposto Aristotele nella Metafisica: “La filosofia non serve a nulla, dirai; ma proprio perché essa è priva di legame di servitù è il sapere più nobile”. 

La credenza che una laurea in filosofia sia qualcosa di pressoché inutile è stata sfatata da una nuova prospettiva aziendale che all’estero ha già preso piede da diversi anni (ma che in Italia ancora in tanti faticano a comprendere). I principali colossi del mercato tecnologico globale hanno infatti deciso di affidare a laureati in filosofia importanti ruoli di comando all’interno dell’organigramma aziendale. Google in particolare ha fatto da apripista creando la posizione di Chief Philosophy Officer (CPO). Il Cpo si occupa di apportare innovazioni all’interno dell’azienda attraverso le metodologie delle discipline filosofiche. Rimettere al centro un certo tipo di pensiero e di approccio è fondamentale anche quando si lavora in ambiti apparentemente distanti da quelli umanistici. Un concetto che già in Italia si era impegnato a portare avanti – vedendone le possibilità imprenditoriali – Adriano Olivetti con il suo “umanesimo aziendale”, eredità che oggi sembra essere stata raccolta oltre che da alcune grandi multinazionali da Brunello Cucinelli.

Adriano Olivetti

Il pensiero e la pratica filosofica aiutano i grandi manager a trovare risposte che esulano dal semplice computo e raccolta dei dati e seguendo questa scia sono nate associazioni come l’American Philophical Practitioners Association, presieduta da Lou Marinoff del City College di New York, che ha deciso di investire nella formazione di circa 400 filosofi da inserire nell’organigramma delle principali aziende statunitensi. Anche in Italia ultimamente c’è la tendenza ad affidarsi ai laureati in filosofia, specialmente nel settore delle Risorse umane, in quanto è necessario avere competenze più avanzate per la scelta di affidare il giusto ruolo a un determinato individuo. Un filosofo – così come uno psicologo – è dunque avvantaggiato nella comprensione di un soggetto e delle relazioni strutturali dei flussi di lavoro, potendo fornire alle aziende la corretta impostazione nella scelta del personale e nei compiti da affidare. Per arrivare a questo processo è però necessaria una formazione specifica o comunque una predisposizione di un certo tipo, e la scuola e l’università potrebbero già mostrare questo lato più pratico e profondamente utile nel contemporaneo di queste discipline.

La pandemia, e le enormi domande che ha sollevato, ha poi mostrato e dimostrato ancora una volta quanto la filosofia debba essere una pratica fondamentale per interrogarsi e darsi risposte, non solo individuali, ma anche collettive. In un’intervista rilasciata nel 2020 a La Nacion, la filosofa statunitense Martha Nussbaum ha dichiarato: “C’è un senso di urgenza, e la filosofia è urgente: se non prestiamo attenzione alle domande su che cosa sia una vita buona e che cosa significa una società più giusta, è molto probabile che risponderemo a queste domande in fretta, in un modo indegno della nostra capacità di riflessione”.

Per Umberto Galimberti “La filosofia non è un sapere, ma un atteggiamento. L’atteggiamento di chi non smette di fare domande e di porre in questione tutte le risposte che sembrano definitive”. Interrogarsi sugli aspetti del mondo è una delle caratteristiche principali dei bambini e tra le dinamiche più pure e spontanee della conoscenza. Non a caso per Platone “La filosofia non si origina altro che dalla meraviglia”, altra caratteristica tipicamente associata ai bambini. Sfruttando questa predisposizione, la filosofia dovrebbe assumere un ruolo più rilevante anche nelle scuole, accompagnare gli studenti sin dai loro primi passi scolastici aiutandoli nella crescita. 

Nel panorama scolastico italiano ci sono delle materie che vengono messe in discussione, perché considerate inutili, come il latino e il greco, e altre progressivamente private di considerazione e ore di insegnamento settimanale come la musica e la geografia. La filosofia rientra nel primo gruppo con una preoccupante tendenza che la spinge verso il secondo. Per contrastare i pregiudizi e ridarle lustro, già nel 2019 i professori liceali Marco Ferrari e Gian Paolo Terravecchia decisero di promuovere la creazione del Manifesto per la filosofia, sottoscritto da docenti universitari, della scuola secondaria superiore e da altri professionisti. L’obiettivo del documento era quello di combattere il processo di marginalizzazione che la filosofia sta subendo nel mondo scolastico, chiedendo “che sia adeguatamente riconosciuta nell’esame di Stato, che sia inserita in tutti i curricula scolastici, riguardando anche gli istituti tecnici, e che sia valorizzata nella formazione universitaria e nelle pratiche formative professionali del mondo del lavoro”. All’estero c’è chi si è spinto oltre, realizzando progetti legati alla filosofia anche per i bambini.

Umberto Galimberti

In 48 scuole elementari inglesi è stata introdotta la filosofia come materia di insegnamento con un esperimento che, secondo il rapporto pubblicato nel 2015 dalla Education Endowment Foundation, ha aiutato in modo sensibile i bambini anche nell’apprendimento della matematica e nella facilità di lettura e scrittura, oltre che nelle relazioni e nel rispetto delle idee altrui. Nella repubblica d’Irlanda, nel 2016, la filosofia è stata inserita come corso opzionale nelle scuole a partire dai dodici anni d’età, con una discussione in corso per inserirla anche nelle scuole elementari. La filosofia aiuta i bambini a sviluppare la capacità di porsi domande e cercare le più adeguate risposte e soluzioni per ogni contesto, oltre a stimolare la loro immaginazione e creatività. In Italia le carenze dei programmi ministeriali sono compensate da progetti come Filosofiacoibambini, nato nel 2008 per diffondere un metodo di approccio filosofico all’istruzione, creando una rete capillare che oggi è presente anche in diverse periferie e quartieri con problematiche sociali e di integrazione in molte regioni italiane

Le difficoltà incontrate dalla filosofia non si fermano al sistema formativo, come dimostrano i dati sull’inserimento lavorativo per i laureati in questa disciplina. Secondo Almalaurea soltanto il 40% di chi ha conseguito la laurea in lettere e filosofia ha dichiarato di essere occupato, ma tra questi il 57,1% continua a svolgere il lavoro trovato prima di iscriversi all’università. Inoltre solo il 15,7% degli occupati sostiene che la sua laurea sia utile per svolgere il proprio lavoro, che nel 55,5% è part-time. Non va meglio per i compensi: la paga netta media per i laureati in filosofia si aggira intorno ai 707 euro al mese. Una situazione molto diversa rispetto ad esempio al Regno Unito, dove i dottori in filosofia, secondo una ricerca di Forbes, trovano un impiego entro sei mesi dalla laurea nel 65,9% dei casi.

Il mondo del lavoro dovrebbe essere capace di valorizzare le reali competenze dei laureati in filosofia, che non si limitano a nozioni utili per una carriera accademica, ma si adattano a un’ampia gamma di posizioni professionali. Negli ultimi anni sempre più grandi aziende si sono affidate ai laureati in filosofia per gestire il loro “capitale umano”, come dimostra il percorso di studi di dirigenti come Claudio Colzani (Ceo di Barilla), Stewart Butterfield (Ceo di Slack), Sergio MarchionneReid Hoffman (fondatore di LinkedIn). Grazie alle loro qualità logiche, etiche e flessibili che permettono di prendere la decisione corretta in qualsiasi situazione, chi studia filosofia sarà sempre più richiesto nel futuro, considerando che l’automazione e l’impiego massiccio della robotica renderanno centrali le caratteristiche che separano l’uomo dall’intelligenza artificiale: creatività, ricerca della giusta risposta e della giusta domanda, capacità di adattare il proprio pensiero al contesto saranno i punti di forza che lo studio della filosofia garantisce più di ogni altra disciplina.

Le distinzioni che facciamo oggi, relegando la filosofia vista al ruolo di subordinata agli altri campi del sapere non esistevano nell’antichità. Per esempio, Talete o Pitagora non potevano trovare un’unica collocazione, essendo sia filosofi che matematici. Questo perché il pensiero filosofico era l’origine di ramificazioni della conoscenza complementari una all’altra. Nel corso dei secoli l’evoluzione in campo scientifico, sociale e tecnologico ha attinto alle basi della filosofia per intervenire su aspetti diversi della civiltà. Lo ha dimostrato la centralità nel pensiero politico dell’opera di filosofi come Hobbes e Locke che con le loro opere hanno definito la moderna visione del governo di uno Stato. Montesquieu ha ispirato la divisione dei poteri e l’indipendenza della magistratura, ed è grazie a Rousseau se la spinta verso la sovranità del popolo ha accelerato il processo politico che ha visto la nascita delle democrazie occidentali.

Jean-Jacques Rousseau

Bisogna lottare contro i pregiudizi che accompagnano oggi la filosofia e restituirle il suo ruolo di casa del libero pensiero e dunque di casa dell’uomo. Senza la filosofia ogni altra disciplina diventa debole o fine a se stessa. Svalutare nelle scuole italiane il suo valore, ridicolizzarlo nelle sedi universitarie e sminuirlo nel mondo del lavoro non è altro che il sintomo di una società condannata a una costante regressione. Le battute sui laureati in filosofia che lavorano in un fast food sono il segnale di un declino, ancora più evidente ora che sappiamo che in un futuro prossimo i panini saranno preparati e consegnati dalle macchine, mentre a dirigere l’azienda sarà molto probabilmente un laureato in filosofia.

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