L’arte salverà il mondo solo quando la politica avrà fatto il suo dovere

“Manifestare”, nell’accezione comune del termine, significa prendere una posizione pubblica chiara su un determinato argomento. Si scende in strada o in piazza per dimostrare collettivamente dissenso, malcontento oppure sostegno a un’istanza. Al contrario l’arte, quella contemporanea nello specifico, nasce il più delle volte dalla rappresentazione di concetti astratti interpretati in chiave individuale. Quando si manifesta, si tende a essere inclusivi, mentre rappresentare qualcosa o qualcuno è un atto esclusivo, di una persona sola che parla anche per gli altri.

Manifesta è il nome della biennale d’arte itinerante che un mese fa ha aperto i palazzi di Palermo a quell’élite internazionale che si muove periodicamente tra Kassel, Venezia, New York, Berlino e così via. Nata nel 1996 a Rotterdam per volere della storica dell’arte Hedwig Fijen, che la dirige tutt’oggi, è una mostra biennale che invita gli artisti a produrre progetti site-specific, che coinvolgono quindi il territorio e i suoi abitanti. L’élite dell’arte di cui sopra, a prescindere dalla città in cui si trova, è facilmente riconoscibile dall’abbigliamento discreto ma chic, epurato da qualsiasi logo – fatta eccezione di quello del museo di turno sulla tote bag in cotone.

Oratorio di San Lorenzo
Orto botanico di Palermo
Oratorio della Madonna del Rifugio dei Peccatori

Agli operatori del settore, ovvero curatori, artisti e galleristi, Manifesta 12 è piaciuta relativamente. Effettivamente, oltre ad alcuni artisti noti e stimati, la mostra non presenta nomi particolarmente influenti; l’approccio curatoriale, in termini artistici, non segue sicuramente i trend o il mercato. Ai collezionisti, ai curatori e agli artisti interessa soprattutto il bello, ed è stata infatti la bellezza dei palazzi palermitani, maestosi e decadenti, a lasciare tutti a bocca aperta. Manifesta 12 si sviluppa soprattutto nel centro di Palermo, in edifici spesso di proprietà dei collezionisti stessi, come nel caso di Palazzo Butera, la reggia dei Gattopardi, acquistato nel 2016 dal noto collezionista Massimo Valsecchi per 12 milioni di euro – ottenuti vendendo un solo dipinto di Richter.

Palazzo Butera

I tre temi principali di Manifesta 12 sono le piante, il rapporto centro-periferia ma soprattutto le dinamiche di potere nell’attuale regime di flussi globali – tra cui, trattandosi della Sicilia, spiccano ovviamente i flussi migratori dal Nord Africa. Il tema dell’immigrazione è stato sviluppato con uno sguardo attento a una città nelle cui vene scorre il sangue di fenici, greci, arabi, normanni, spagnoli, fino al recente arrivo di africani, mediorientali e asiatici. Durante il Festino di Santa Rosalia, la patrona della città, e la relativa processione, lo scorso 15 luglio il carro si è fermato come di consueto ai Quattro Canti, una piazza ottagonale delimitata da quattro palazzi barocchi. Su due di queste facciate, l’artista italiana Matilde Cassani ha installato due stendardi, uno dei quali raffigura Santa Rosalia con le braccia della divinità induista Shiva. Guardando meglio il carro adornato di fiori, noto che è trainato da alcuni indiani: a Palermo c’è infatti una forte comunità Tamil che, negli anni, ha sviluppato un sincretismo religioso tale da finire per venerare una nuova divinità nata dall’unione delle due figure, Shiva e Santa Rosalia, appunto.

I Quattro Canti con l’installazione e la performance dell’artista Matilde Cassani

La sera della processione, in un’altra storica città portuale come Venezia, dove è in corso la Biennale di Architettura, si stava svolgendo la Festa del Redentore, venerato, come Santa Rosalia, per aver liberato la città dalla peste. In un famoso libro del 2001 intitolato Junkspace, l’architetto Rem Koolhaas – il cui studio OMA ha curato anche la Biennale di Architettura di Venezia nel 2014 – teorizza un mondo in cui musei e biennali sono l’apoteosi di tutto ciò che è bigotto, definendole istituzioni che mirano a “trasformare su vasta scala lo spazio cattivo in spazio buono”, ricomponendo le opere d’arte “in nome delle opportunità del momento”. E mentre a Venezia il popolo dell’arte raramente si mischia ai veneziani, che ormai vivono quasi tutti a Mestre, i palermitani scendevano in strada insieme al sindaco per una processione religiosa indossando delle magliette rosse in ricordo dei migranti morti in mare. Da questa iniziativa è immediatamente nato uno scontro a distanza tra Salvini e il sindaco di Palermo, Leoluca Orlando, al suo quinto mandato, il quale ha accusato il vicepremier di essere ossessionato dai migranti e di agevolare le mafie.

Performance di Jelili Atiku a Manifesta 12

È stato lo stesso sindaco a invitare la fondatrice di Manifesta Hedwig Fijen a Palermo e a stanziare ben 3.405.000 di euro comunali per la biennale itinerante. Il budget complessivo del progetto è di 7 milioni, di cui la metà provenienti da sponsor privati. Il principale sponsor dell’operazione è Sisal – la società leader nel settore del gioco d’azzardo in Italia con oltre 45mila punti vendita. Ma com’è possibile che una biennale così progressista e internazionale accetti fondi da quella che è stata definita da John Maynard Keynes una tassa sulla povertà e sulla vulnerabilità degli esseri umani?

Possibile che nel 2018, oltre ai cospicui fondi stanziati dal comune, Manifesta in Italia non sia riuscita a trovare di meglio? È dall’inizio dell’anno che molte testate, soprattutto locali, denunciano la strana incidenza del gioco d’azzardo in Sicilia: mentre nel resto d’Italia la tendenza alla ludopatia diminuisce tra i giovani, in Sicilia è invece in aumento. Già nel 2014 si parlava di un progetto di prevenzione per i giovani locali, ma il problema sono soprattutto gli adulti, su cui non esistono dati attendibili in merito “Perché la Regione ha scelto di non investire in questo settore i contributi che avrebbero reso possibile completare lo studio e non lasciarlo limitato soltanto agli studenti fra i 15 e i 19 anni”.

Leoluca Orlando

Il recente “decredo dignità” ha imposto il divieto di pubblicità del gioco d’azzardo, andando a incidere ulteriormente nella limitazione dell’influenza della mafia in questo ambito. Per quanto riguarda Sisal, l’azienda ha già trovato una stategia di marketing alternavita. Sul sito si legge che: “Condividendo pienamente lo spirito di Manifesta, indirizzato alla coesistenza e alla positiva contaminazione fra arti e dinamiche sociali, il Gruppo Sisal ha ideato e realizzato Sisal Art Place: un concept ambientato nello splendido Palazzo Drago (…) al centro di una Palermo che sta vivendo un importante rinascimento culturale e sociale”. Oltre al denaro investito in Manifesta quindi, il centro di Palermo avrà anche uno spazio deputato all’arte contemporanea per gentile concessione di Sisal. Ma i palermitani che si indebitano per giocare alle slot, ai gratta e vinci e alle varie lotterie non vivono in centro, vivono in periferia e probabilmente hanno altre priorità rispetto all’arte contemporanea.

Nel quartiere ZEN, nell’ambito di Manifesta, c’è un progetto di un noto agronomo e paesaggista francese, Gilles Clément, autore del saggio da cui prende il nome l’intera mostra, Il Giardino Planetario. Living del Corriere lo celebra con un articolo che inizia così: “Macchine bruciate e rifiuti, spaccio di droga e case occupate: ai più lo Zen (Zona Espansione Nord) di Palermo è conosciuto per questo, un luogo dimenticato da tutti e abbandonato a se stesso. Tra i casermoni scrostati di edilizia popolare, il degrado è sotto la luce del sole, la cronaca nera dietro l’angolo”. E poi, dopo un solo paragrafo, continua “L’iniziativa voluta dal paesaggista francese si inserisce nel programma di Manifesta 12, la biennale ‘nomade’ di arte contemporanea che dal 16 giugno al 4 novembre porterà una ventata di freschezza internazionale dai palazzi barocchi del centro fin dentro lo ZEN.” L’iniziativa Becoming Garden vorrebbe che gli abitanti del quartiere si prendessero cura di questo spazio. Il problema vero è che allo ZEN, i ragazzini, con il giardinetto, non ci fanno niente. Quindi giocano d’azzardo.

Il workshop di Gilles Clément e Coloco allo ZEN

Il comune ha stanziato 3 milioni e mezzo di euro per la mostra di un architetto che ha teorizzato il Junkspace e a Palermo, come a Napoli, in centro come in periferia, la spazzatura per strada è dovunque. E si vede. E puzza. Il sindaco accusa Salvini di essere l’artefice della “narrazione di una crisi migratoria inesistente”, e poi investe in una Biennale il cui tema principale è la crisi migratoria, con tanto di manifestazione pro-migranti durante la festa religiosa principale della città. Questo per dire a Salvini che, nella favola degli immigrati che sono la causa di tutti i nostri mali, lui sta con i buoni. Eppure bisognava uscire dalla narrazione di Salvini come da quella del binomio Sicilia uguale mafia. Una problematica reale che ha finito per rendere un quartiere degradato come Scampia, a Napoli, un luogo glamour, perfetto sfondo macchiettistico per campagne pubblicitarie di marchi americani e serie televisive. Lo ZEN però non è Scampia, le serie televisive e i video di Liberato non ce li hanno mai girati, e i sogni, per i ragazzini, sono i soldi che possono vincere con il gioco. Che ironicamente vengono spesi dalla Sisal in Manifesta affinché il sindaco possa fare la lotta mediatica a Salvini. Ok, questa Biennale potrebbe essere un modo per aumentare il turismo e quindi l’indotto. E di turisti, soprattutto stranieri, effettivamente ce n’erano.

Come scrive Khoolaas, in tutti i Junkspace c’è sempre un quartiere chiamato ipocrisia, che in questo caso è il centro con i suoi bei palazzi e la sua bella biennale. Poi c’è un quartiere primitivo, soggetto a basiche manipolazioni di uno Stato a malapena addestrato a dissimulare la vacuità di certe operazioni. Ma d’altronde, dal 1949, anno dell’Unità d’Italia, la Sicilia è una regione a statuto speciale, quindi può fare quello che le pare. La Sicilia ha petrolio, gas e cultura da vendere, eppure alla popolazione non torna indietro niente ad eccezione della biennale d’arte nomade itinerante.

Ma la politica quindi cos’è diventata? Una favola. Il Sindaco di Palermo risponde all’ossessione di Salvini per i migranti con una Biennale che celebra la città come porto aperto verso l’Africa, Sisal contribuisce a un’operazione cosmetica partecipando a una biennale chic tra i palazzi più belli del centro, con i soldi di giovani e adulti che invece, per dirla come il fondatore dello studio che ha curato Manifesta, abitano il lato oscuro del Junkspace. Tanto loro non contano nulla.

Se dovessi investire 3 milioni e mezzo di euro del mio Comune in una Biennale d’arte contemporanea curata dallo studio di architettura che ha teorizzato lo spazio-spazzatura, personalmente, mi accerterei quantomeno di non avere la munnizza ovunque, ma soprattutto come main sponsor.

 

Tutte le immagini per gentile concessione di Manifesta 12

 

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