La pandemia non può essere l’opportunità per essere meschini

All’indomani della crisi economica del 2008, cominciò a circolare una vulgata, di quelle motivazionali e stucchevoli fino al vomito, soprattutto perché utilizzate a sproposito in qualsiasi occasione. “Sappiate che crisi in cinese vuole dire opportunità”. E tutti a ripeterlo per incitarci a ripartire, a non disperare che la luce in fondo al tunnel arriverà. La luce poi è arrivata per fortuna, mentre la vulgata si rivelava una bufala ben condita. Questa è la perfetta metafora di quanto accade oggi, purtroppo nuovamente, a causa della crisi sanitaria della COVID-19.

Dopo i balconi, i flash mob e gli hashtag, oggi ci troviamo al punto in cui l’economia reale comincia a manifestare tutti gli enormi disastri che la pandemia sta generando. Uno dei settori che da oggi in poi sarà sempre più sotto stress è senza dubbio l’editoria, e con lei l’informazione. C’è un brusco calo degli investimenti pubblicitari, colonna per il sostentamento della stragrande maggioranza dei giornali italiani. Se ne è accorto fra gli altri Urbano Cairo, cui però forse non era giunta notizia della bufala riguardante il connubio terminologico cinese crisi/opportunità.

Così, nella serata di sabato 28 marzo il Presidente di Cairo Communication – proprietaria di La7 – nonché Ceo di Rcs e quindi editore tra l’altro del Corriere della Sera e della Gazzetta dello Sport, ha mandato un videomessaggio ai venditori di pubblicità della sua azienda per motivarli a cavalcare la Grande Opportunità commerciale rappresentata dalla crisi legata all’epidemia da Coronavirus, che può consentirgli di conseguire importanti risultati economici quest’anno.

Una curiosa coincidenza ha voluto che questo video diventasse pubblico stesso giorno in cui il Comitato di Redazione del Corriere della Sera aveva pubblicato proprio sul principale quotidiano nazionale un comunicato di protesta contro l’annuncio dell’azienda di voler distribuire un dividendo ai soci piuttosto che aiutare le difficoltà del giornale:

“Abbiamo appreso con sorpresa che, nonostante la drammatica situazione in cui versa il Paese e la conseguente crisi economica che ci attende, il nostro editore ha deciso di proporre anche per quest’anno la distribuzione di un dividendo, per un esborso complessivo di oltre 15 milioni di euro. Riteniamo legittima la remunerazione del capitale di rischio, ma ci sono momenti in cui è necessario saperci rinunciare per il bene dell’azienda”. A quanto pare, invece, l’idea di Cairo è quella di staccare i dividendi e massimizzare i profitti da pubblicità: insomma, tombola. 

Urbano Cairo

Domenica il presidente di Rcs è tornato sull’argomento: “Mi dispiace, non ho tempo per ‘vergognarmi’ come molti chiedono”, ha scritto, “Non vendo mascherine al triplo del prezzo, non fabbrico finta amuchina, faccio l’editore di giornali e tv di qualità, che assicurano al Paese la giusta e libera informazione in un momento difficile come questo. Per farlo – incredibile segreto – ho bisogno della pubblicità. Non ho chiuso un programma televisivo, né uno solo dei miei giornali. Sento su di me la responsabilità quotidiana di migliaia di posti di lavoro”. Ecco, era proprio a quella responsabilità che faceva appello anche il Cdr quando scriveva che “Risulta inoltre incomprensibile dover constatare che l’annunciata distribuzione dei dividendi arrivi proprio mentre siamo alle battute finali di una trattativa con l’azienda che ha chiesto il prepensionamento di 50 colleghi. E negli stessi giorni in cui l’azienda avvia un massiccio piano smaltimento ferie per una redazione che, con grande fatica, sta riuscendo ogni giorno a garantire un’informazione di qualità su carta e web”.

Invece,visto che non ha tempo per vergognarsi, Cairo ha visto un’opportunità e ha deciso di coglierla. Anzi, ha scelto di coglierla e di farlo come preferiva: facendo soldi, incassando il più possibile, senza pensare adesso a gratificare quei giornalisti e quei lavoratori che stanno garantendo l’informazione dei lettori.

Ma la scelta e le parole dell’editore di uno dei principali gruppi editoriali del Paese rivelano tutta la miopia di un mondo dell’informazione in cui questa sembra non essere più lo scopo principale. Perché è proprio il tentativo di massimizzare qualsiasi ricavo a interferire con una corretta e attenta informazione. Come detto già in altre occasioni, è proprio questo il motivo per cui oggi i giornali, e i grandi quotidiani più di tutti, sono ormai schiavi del contenuto virale, di canini e gattini, delle fidanzate di calciatori e politici, dell’ultima sceneggiata di qualche improbabile opinionista nello studio della D’Urso, o dell’ennesimo sproloquio di Salvini. E a uscirne mortificata a causa di questo meccanismo è proprio la qualità dell’informazione. Ed è altrettanto significativo che, da editore, Cairo non si sia posto il problema di come un atteggiamento come quello mostrato nel video motivazionale rivolto ai suoi venditori metta in difficoltà tutti giornalisti autorevoli presenti nella sua “scuderia”, da Diego Bianchi a Corrado Formigli, da Lilli Gruber fino a Enrico Mentana — c’è da dire che nessuno di questi ha fino ad oggi preso posizione a riguardo.

Si diceva degli sproloqui di Matteo Salvini non a caso, perché la politica italiana sta cogliendo tutte le opportunità che questa emergenza sta creando, prima fra tutte quelle della visibilità: le dirette Facebook che tanti mi piace portano alle pagine dei leader, spazi di visibilità televisiva ritrovati dove poter parlare di qualsiasi cosa. Tutto ben guidato dalla fatidica arma dei sondaggi. 

Uno dei tanti cortocircuiti che la ricerca della viralità – e quindi di attirare più pubblicità – ha generato nel mondo dell’informazione è proprio il proliferare di sondaggi, di ogni genere e forma. Quello più in voga, e che riesce quasi sempre a garantire una certa “viralità”, è proprio il sondaggio sul gradimento dei partiti e dei politici. Quotidianamente siamo inondati di variazioni di percentuali di prospettive di voto di un campione di possibili elettori, che hanno come unico effetto quello di alimentare il clima di eterna campagna elettorale. Clima che almeno in una situazione di pandemia globale ci si poteva aspettare venisse accantonato. Siamo davvero convinti che sia una notizia necessaria o anche solo utile per un cittadino in questo momento sapere quanto è cresciuto o diminuito il gradimento di un certo leader o di un determinato partito? No, serve decisamente di più al leader o al partito di cui sopra. Eppure, o proprio per questo, in piena emergenza coronavirus, mentre dovremmo tutti ragionare esclusivamente su come porre fine al contagio, garantire e preservare la salute di tutti, pazienti e operatori sanitari per primi, e pensare a come poter ripartire quando tutto sarà finito, ci ritroviamo ancora con i titoloni dell’ultimo sondaggio commissionato (o pensate forse siano gratis?) all’istituto XY che ci fornisce la curva del gradimento del politico Alfa e Omega. E così sono proprio quelle variazioni percentuali che spingono poi i vari Rocco Casalino o Luca Morisi a modulare la comunicazione dei loro assistiti, da destra a sinistra: si spiega così la mossa di Matteo Renzi, che nell’ultima settimana si è lanciato in un appello alla ripartenza che è suonato a dir poco inadatto.

Certo, cercare di imitare Salvini è complesso, anche perché il leader della Lega riesce sempre ad alzare l’asticella. Dopo una settimana di assestamento al periodo di solidarietà e di senso della comunità che sembravano aver invaso il Paese, Salvini ha perfettamente capito come muoversi e quali corde andare a toccare: la religione, l’antieuropeismo (tornato guarda caso di gran moda, come dimostrano proprio i suddetti sondaggi) e le bufale in generale, che con quelle non si sbaglia mai. La Fede in particolare sembra essere oggi il tema principale su cui battere. D’altronde, in un periodo in cui, anche grazie ai media, la paura domina la quotidianità degli italiani – un periodo in cui Mario Giordano, che nonostante sia iscritto all’Ordine dei Giornalisti e abbia quindi l’impegno a informare in modo corretto, confessa di non credere più molto nella scienza perché nelle ultime settimane “ha detto tutto e il contrario di tutto”–, l’Italia è tornata ad affidarsi all’Altissimo. Personalmente ritengo questo un segno dei tempi bui che stiamo attraversando, ma non c’è dubbio che questa ritorno di fiamma crei delle enormi opportunità per chi vuole attrarre consenso. E allora giù di foto con il rosario di Medjugorje, uno dei gadget che preferisce insieme ai modellini di ruspe, e adesso anche i gruppi di preghiera in diretta tv.

Se agli attacchi ripetuti e totalmente privi di raziocinio contro l’Unione europea ci eravamo quasi abituati – anche se congratularsi con Orbán per aver instaurato quello che è a tutti gli effetti in regime autoritario dovrebbe preoccupare tutti, e molto, perché evidenzia quanto scarso sia il suo attaccamento alla democrazia –, riguardo la possibilità di cavalcare le paure dei cittadini per scopi elettorali eravamo invece leggermente impreparati, o forse più sensibili in un momento come questo. Così ci siamo ritrovati con un tweet di Matteo Salvini (ancora non rimosso) in cui si legge: “INCREDIBILE!!! Da Tgr Leonardo (Rai Tre) del 16.11.2015 servizio su un supervirus polmonare Coronavirus creato dai cinesi con pipistrelli e topi, pericolosissimo per l’uomo (con annesse preoccupazioni)”. Ci sono voluti fiumi e fiumi di parole di giornalisti, quelli attenti, virologi, epidemiologi ed esperti per spiegare che quel servizio di cinque anni prima, riproposto decontestualizzato, non c’entrava nulla con la COVID-19. E non sono neanche bastati, perché dopo aver appurato che la pandemia che stiamo affrontando non è stata sviluppata in un laboratorio lui, con la solita attenzione, precisione e onestà, ha detto che “ok ma non sono tranquillo lo stesso”. Modo perfetto per titillare la paura dell’elettorato e spingerlo a votarlo. Che poi, a pensarci bene e usando la stessa “forma mentis” salviniana il cui unico effetto è quello di fomentare pregiudizi, un osservatore naif riferendosi ai famosi 49 milioni che la Lega è stata condannata a risarcire potrebbe dire “magari con i tagli alla sanità non c’entra, ma non sono tranquillo”. 

Ciò che sta emergendo sempre più chiaramente da questa crisi sanitaria è che ognuno vede e sfrutta le opportunità che preferisce, e l’esempio del servizio del tg3 Leonardo casca a fagiolo. Venerdì 27 marzo, mi giunge la segnalazione che il Codacons ha effettuato un esposto per bloccare le campagne di raccolta fondi per gli ospedali attivate da privati e ospedali stessi sulla piattaforma GoFundMe. Il vulnus sarebbero le commissioni che la piattaforma tratteneva dalle donazioni – anche se più utenti hanno sottolineato come queste venissero segnalate durante la donazione, con la possibilità di scegliere se e quanto lasciare. Nel comunicato sul sito, nel mirino del Codacons c’è soprattutto la campagna fondi promossa da Chiara Ferragni e Fedez che ha concorso alla realizzazione di due reparti di terapia intensiva del tutto nuovi all’interno del San Raffaele di Milano. Va dato anche atto ai due influencers di aver dato il là a tutta una serie di iniziative simili nate proprio sulla piattaforma e che hanno visto come beneficiari moltissimi ospedali italiani. Eppure, questa opportunità pare non essere gradita dal coordinamento delle associazioni a tutela dei diritti di utenti e consumatori. 

A rendere del tutto paradossale questa situazione, in homepage del sito del Codacons trovo un banner quantomeno curioso: esortava gli utenti a donare “per supportare il Codacons nella battaglia a fianco dei cittadini contro il coronavirus”. Ah bene, anche il Codacons ha attivato una raccolta fondi in aiuto di qualche ospedale, penso. E invece no. Il richiamo al virus come ammesso anche dall’associazione stessa era ambiguo: avrebbe infatti potuto creare un equivoco sulle finalità della raccolta e cioè che fosse destinata a supportare misure di contenimento del virus, mentre avrebbe finanziato le attività della Associazione in questo periodo dell’emergenza sanitaria.

Tutto legittimo, sia chiaro, peccato che la comunicazione adottata, come fatto notare da moltissimi utenti (gli stessi che l’associazione dovrebbe tutelare) era potenzialmente ingannevole. Faceva infatti nascere il sospetto che si stesse usando l’emergenza per fini che nulla hanno a che fare con il suo contenimento. Dopo le polemiche, invece di scusarsi per l’incomprensione, il Codacons e in particolare il suo presidente, l’avvocato Carlo Rienzi, ha deciso di mettere in piedi una guerra contro Fedez che non è difficile giudicare come del tutto priva di senso e con toni e argomentazioni inerenti la sfera privata, accusando anche il rapper di sfruttare il figlio per fini commerciali (per approfondimenti rimando alla risposta del presidente Rienzi).

Ma sull’homepage del Codacons c’era dell’altro, un altro banner subito sopra quello per le donazioni altrettanto grave e sul quale a oggi non è ancora giunta alcuna spiegazione da parte dell’associazione: “Emergenza Coronavirus, ecco l’incredibile video del 2015 Tg3 Leonardo”. Cliccando si arrivava alla pagina del comunicato rilasciato dal Codacons, il 25 marzo: “CODACONS SCOVA INCREDIBILE SERVIZIO DEL 2015 DI TG3 LEONARDO CHE SPIEGA DEL SUPERVIRUS FABBRICATO IN CINA E RITIENE DOVEROSO METTERLO A DISPOSIZIONE DELL’OPINIONE PUBBLICA. MENTRE DOMANI IL SERVIZIO SARÁ TRASMESSO ALLA PROCURA DELLA REPUBBLICA”.

Apprendo così che non solo è stato il Codacons a mettere in giro il video suggerendo sin dall’inizio che fosse collegato alla pandemia che stiamo vivendo, ma che dopo due giorni in cui il suo contenuto era stato spiegato e specificato con ogni mezzo, il comunicato era ancora online senza che vi fosse alcun aggiornamento con i chiarimenti in merito – è ancora incredibilmente così – e per di più è messo ben in risalto da un banner in homepage. Così, se uno dei tanti utenti e consumatori che le associazioni “tutela” va ancora oggi sul loro sito potrebbe ancora imbattersi in quella “incredibile scoperta”, senza magari sapere che nulla ha a che fare con la COVID-19.

Guarda caso, ancora domenica 29 marzo, Alessandra Mussolini a Live Non è la D’Urso ha continuato a sostenere in diretta tv su Canale 5 la tesi che il coronavirus sia “scappato” da un laboratorio “segreto” di Wuhan dove già nel 2015 si facevano studi su virus di quel tipo. La sua fonte è proprio quel servizio del TGR Leonardo “riscoperto” dal Coordinamento delle Associazioni per la difesa dell’ambiente e la tutela dei diritti di utenti e consumatori, il Codacons.

Ecco spiegato come gli effetti della divulgazione di notizie sensazionalistiche, decontestualizzate e strumentalizzate siano molto più profondi e duraturi anche della possibile smentita. Tanto più quando questa smentita non viene riportata. In sostanza, si continua e si è continuato a diffondere un’informazione del tutto errata, allacciandosi a un allarme immotivato scatenato dal Codacons. D’altronde, è anche questa un’opportunità. Ma, come si dice, la malizia sta negli occhi di chi guarda. Perché alla fine è tutto un discorso di prospettive: anche la peggiore crisi dal secondo dopoguerra può essere foriera di enormi possibilità: sta a ognuno scegliere poi quali cogliere. Basta ricordarsi che “crisi” in cinese non vuole affatto dire “opportunità”.

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