Per i medici cinesi, in Italia stiamo ripetendo gli stessi errori commessi in Cina

Fino a oggi abbiamo pensato che isolare i pazienti positivi alla COVID-19 che presentano sintomi lievi, o nessun sintomo, fosse una buona idea. Secondo alcuni medici provenienti da Wuhan, che hanno visitato il nostro Paese per suggerire miglioramenti alle strategia di contrasto alla pandemia delle autorità italiane, non sarebbe così. Dai loro studi sul caso cinese, infatti, è emerso che l’80% dei focolai nel Paese ha avuto origine da pazienti messi in isolamento domiciliare. Anche gli asintomatici e coloro che non presentano sintomi gravi, come è stato detto più volte, sono contagiosi. Dunque, rimanendo a casa, hanno buone probabilità di infettare gli altri membri della famiglia. Inoltre, non essendo controllati, hanno la possibilità di uscire nonostante le direttive e in queste circostanze, recandosi per esempio in farmacia o a fare la spesa, accrescono il rischio di contagio delle persone con cui entrano in contatto.

Per questo motivo, la soluzione migliore, secondo gli esperti cinesi, sarebbe quella di creare strutture apposite, allestite ad esempio in edifici statali o privati temporaneamente requisiti, in cui trasferire i pazienti positivi e tenerli monitorati. In questo modo i posti liberi negli ospedali potrebbero restare riservati a coloro che ne hanno davvero bisogno, e allo stesso tempo si avrebbe un maggiore controllo sui focolai. Questo metodo è stato utilizzato in Cina dopo che gli esperti avevano appurato i rischi dell’isolamento domiciliare, e pare aver funzionato.

Restano tuttavia molti dubbi sull’applicazione di una simile misura in un Paese come l’Italia, che certamente non ha gli strumenti coercitivi di Pechino. Inoltre, poiché al momento vengono testate principalmente le persone che presentano una sintomatologia violenta, sembra ad oggi difficile individuare quelle persone asintomatiche o con sintomi lievi che andrebbero poste in quarantena.

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