Nei talk show italiani le idee filoputiniane sono così presenti che sembra di vedere programmi russi - THE VISION

In un sondaggio realizzato dall’ECFR (European Council of Foreign Relations) è stato chiesto ai cittadini europei – compresi quelli britannici – un parere sulla guerra in Ucraina. Le domande poste erano dirette, come ad esempio: “Chi tra Russia e Ucraina/UE/USA è il responsabile della guerra in corso?”; oppure: “Chi tra Russia e Ucraina/UE/USA ostacola maggiormente la pace?”. Leggere i risultati è avvilente, perché l’Italia è il Paese europeo che, per distacco, ha ottenuto le percentuali più alte a favore della politica di Putin.

Analizzando nel dettaglio le risposte: sulla responsabilità della guerra la media europea è 73% Russia, 15% Ucraina, Unione Europa e Stati Uniti, il resto non sa o non ha risposto. Quel 15% è dettato prevalentemente dal 27% italiano, considerando che Paesi come Gran Bretagna o Finlandia si fermano addirittura al 5%. Il Paese più vicino all’Italia nel dare le colpe all’Ucraina e ai suoi alleati è la Romania, comunque distante, al 21%. Sulla domanda legata agli ostacoli per la pace, la forbice si allarga ulteriormente: con il 35% degli italiani che colpevolizza Ucraina e alleati e con la Romania al secondo posto con il 24%. Anche sull’invio delle armi l’Italia è all’ultimo posto: il 63% si è dichiarato contrario e soltanto il 14% favorevole. Per un attimo sono rimasto incredulo leggendo questi dati, non riuscivo a capire il motivo per cui fosse così ampia la presenza di sostenitori di Putin in Italia rispetto agli altri Stati europei. Ho pensato a fenomeni culturali, politici, a ingerenze esterne, ma qualcosa continuava a sfuggirmi. Facciamo parte tutti dello stesso continente, eppure in Italia la percezione è totalmente diversa. La risposta mi è venuta soltanto quando ho acceso la tv.

Vladimir Putin

Come da mesi a questa parte, ho trovato il professor Alessandro Orsini nel programma Carta Bianca di Bianca Berlinguer. Pettinatissimo, elegante e con i riflettori puntati addosso come nemmeno nel salotto di un talk show patinato, Orsini ha affermato: “La mia percezione è che Putin goda di ampio consenso in patria, perché le sconfitte stanno esasperando il sentimento nazionalista russo”. Ascoltando queste parole ho pensato di aver sbagliato trasmissione e di aver messo uno sketch nonsense dei Monty Python. Dopo aver annunciato la mobilitazione militare, circa un milione di cittadini ha abbandonato la Russia. I più fortunati in aereo, prima che finissero i voli e si trovassero biglietti solo al mercato nero per migliaia di dollari; gli altri in coda in macchina verso i confini con la Georgia o con la Finlandia. Il Paese di Sanna Marin è stato costretto a chiudere i confini ai russi a causa del flusso incontrollato di ingressi. Nel frattempo migliaia di cittadini sono scesi in piazza nelle principali città russe a protestare contro la mobilitazione militare. Risultato: manganellate, arresti e manifestanti portati chissà dove.

Nella stessa puntata, il professore nell’orbita de Il Fatto Quotidiano, e quindi della galassia grillina che in passato ha avuto diversi legami con Russia Unita, ha dichiarato: “L’esercito dell’Ucraina che sfonda verso Kherson è una notizia disastrosa per tutti, siamo sulla strada che porta alla terza guerra mondiale”. Nell’universo della logica, un popolo invaso che riconquista dei territori barbaramente sottratti con violenza e distruzione dall’invasore è sempre una buona notizia. Ma in quello di Orsini probabilmente no, forse perché va a cozzare con tutte le sue fallimentari previsioni che da quasi otto mesi vengono disattese. A marzo sentenziava che “l’Ucraina [fosse] ormai persa” e “la Russia [avesse] già vinto”; oggi invece dichiara che è troppo presto per dire chi stia vincendo la guerra. Al contempo insiste a Carta Bianca dicendo di essere “sicuro che Putin voglia la trattativa, lo dicono anche Bolsonaro ed Erdogan”. Oltre ad aver citato due personaggi poco avvezzi ai diritti e alla democrazia, c’è da chiedersi quali siano le basi per trattare secondo Putin. Qui ci viene in aiuto un’altra figura onnipresente in televisione e sui social: lo statista mancato Alessandro Di Battista, nel mentre presente su un altro canale, ospite a Di Martedì.

Alessandro Orsini

Di Battista, anche lui alla corte di Travaglio al Fatto, mette insieme i suoi pensieri citando quelli di Elon Musk, ovvero un alfiere del capitalismo che difficilmente vincerà il Nobel per la pace. La proposta di Di Battista-Musk è così articolata: riconoscere la Crimea russa, perché lo è stata dal 1783 fino a un “errore di Krusciov”; cessate il fuoco immediato della Russia e soluzione negoziale per il Donbass. La Crimea, però, è stata annessa da Putin nel 2014 con un referendum farsa simile a quelli realizzati la scorsa settimana nelle quattro regioni passate nelle sue mani, con i cittadini portati a “votare” da soldati russi che gli puntavano il mitra addosso. Chiara dimostrazione di democrazia. Se è per questo la Sicilia è stata araba, spagnola, normanna o greca più tempo di quanto non sia stata italiana, ma non vedo Pedro Sanchez su un carro armato pronto a bombardarla per farla tornare iberica. Il cessate il fuoco è un’utopia che dura da febbraio, visto che Putin non ha mai fermato la sua carneficina. Per quanto riguarda le regioni del Donbass, anche escludendo i referendum farsa resta la giustificazione putiniana: “Eh, ma lì è pieno di russofoni”. Un triste rimando ai Sudeti e all’espansionismo di Hitler, o alle povere minoranze tedesche in Polonia. A questo punto anche l’Austria sarebbe autorizzata a prendersi il Südtirol, seguendo il ragionamento di Di Battista e Musk. Per fortuna, oggi, almeno in Occidente, le cose funzionano diversamente.

Alessandro Di Battista

Lo zapping selvaggio mi ha portato in questi giorni a trovare Marco Travaglio ovunque, anche lui accusatore della Nato e impegnato a chiedere la neutralità dell’Ucraina, disconoscendo evidentemente il significato di autodeterminazione dei popoli. Ovviamente è sempre stato contrario all’invio di armi in Ucraina, citando impropriamente l’articolo 11 della nostra Costituzione. Porta avanti questa battaglia da febbraio. Non si è reso conto che se avessimo seguito la sua strategia, quindi evitare di aiutare militarmente Zelensky, oggi l’Ucraina non esisterebbe più.

Marco Travaglio

Viene da chiedersi il motivo per cui la televisione italiana sia infarcita di ospiti con idee così ambigue. Lecite, per carità, ma sembra quasi che ci sia un disegno dietro la presenza costante di certi personaggi su tutte le reti. In passato potevamo pensare al classico gioco dello share: si invitano ospiti facinorosi e si manda tutto in caciara, tenendo incollati gli spettatori allo schermo. Qui, però, il confine tra convenienza televisiva e propaganda è sottilissimo. Tutti questi soggetti sono direttamente o indirettamente collegati al Movimento Cinque Stelle e lo stesso Giuseppe Conte porta avanti la narrazione dell’inutilità delle armi inviate agli ucraini. M5S che, ricordiamolo, è stato più volte segnalato dai servizi segreti internazionali come “vicino a Mosca” insieme alla Lega, e ben prima che i due partiti si alleassero per fare un governo insieme. Ricordiamo i viaggi di Di Battista a Mosca alle convention di Russia Unita, Grillo che ospitava RussiaToday e Sputnik Italia sul suo blog, documenti del Cremlino che citavano grillini e leghisti come cavalli di Troia per colpire l’Unione Europea dall’interno per conto di Mosca. Sembra che certi legami non si siano ancora dissolti ed è intollerabile che le televisioni, compresa quella pubblica, siano ancorati al concetto di par condicio, ospitando anche opinionisti vicini alle idee di Putin, e invocando il pluralismo dell’informazione come giustificazione per dare spazio a commentatori non imparziali.

Giuseppe Conte

La verità è che gli italiani sono più putiniani degli altri europei perché i media non hanno saputo o voluto arginare il martellamento della propaganda anti-Nato. Non ci sono accuse dirette, nessuno sta dicendo che Orsini o Di Battista siano pagati dal Cremlino; semplicemente le loro continue apparizioni in televisione hanno forgiato un pensiero collettivo legato all’inversione dei ruoli. A volte, di fronte a certi programmi, se non riconoscessi la mia lingua penserei di aver messo un canale della televisione russa. E non è che gli inglesi siano più colti, astuti o meno influenzabili degli italiani: è solo un fatto di esposizione mediatica. In Gran Bretagna, in Francia o in Spagna queste cose non succedono.

Alla fine, come reazione ho spento la tv; tentando di disintossicarmi, ho aperto Facebook e ho trovato le stesse idee ribattute con un’eco non di certo minore rispetto a quella mediatica. Questa mistificazione coinvolge persino i ruoli di aggrediti e aggressori, e forse è ormai tardi per dissolverla. Il potere dei media, infatti, rende credibile anche la meno assennata delle elucubrazioni sul tema Russia-Ucraina. Un tempo, in Europa, ci ridevano dietro perché eravamo “il Paese di Berlusconi”, oggi forse ci rideranno dietro perché crediamo a ogni fandonia di Putin.

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